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L'emergenza

A Verona ci sono 1.200 migranti nei Cas. Il prefetto: «Ora siamo in difficoltà»

di Paolo Mozzo
Cafagna: «Anche 70 arrivi a settimana, situazione sempre più difficile da gestire, necessaria collaborazione da parte di tutti»
Quello che resta sulla spiaggia dopo il naufragio di migranti a Cutro
Quello che resta sulla spiaggia dopo il naufragio di migranti a Cutro
Quello che resta sulla spiaggia dopo il naufragio di migranti a Cutro
Quello che resta sulla spiaggia dopo il naufragio di migranti a Cutro

Il mare sembra provare pietà. Una alla volta restituisce i corpi delle vittime del naufragio, il 26 febbraio a pochi passi dalla costa di Steccato di Cutro, in Calabria. Sono, per ora, 79. Stando alle testimonianze dei sopravvissuti, su quel barcone c'erano almeno 180 persone. Molti sono stati salvati ma mancano all'appello ancora una ventina di vite. Resterà nota come la «strage dei bambini»: 24 dei 33 minorenni morti avevano meno 12 anni. Altri 30 migranti risultano dispersi nel naufragio avvenuto, poco più di 24 ore fa, ad un centinaio di miglia dalle coste libiche.

 

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Il ministero degli Interni intanto fornisce i numeri di una migrazione inarrestabile: 17.592 gli sbarchi in Italia dal primo gennaio al 10 marzo. Nello stesso periodo dei due anni precedenti erano stati 5.976 (2022) e 5.995 (2021). I salvati vengono distribuiti nei Centri di accoglienza speciale (Cas). Verona, provincia inclusa, ne ospita già 1.200.

 

Settanta arrivi alla settimana

«A questo numero siamo arrivati nell'arco di soli due mesi. Negli ultimi tempi abbiamo registrato l'arrivo anche di 70 persone la settimana», conferma il prefetto Donato Cafagna. Il territorio scaligero, insieme con il Padovano è, per numero di abitanti, deputato a subire il maggiore impatto nell'arrivo in Veneto dei flussi migratori.

I rapporti dei Servizi di Sicurezza prefigurano sbarchi in massa, imminenti: 685mila persone dalla Libia, poco meno dalla Tunisia. Se così è non basteranno neppure le norme inasprite dal Governo, con decreto legge, per colpire gli «scafisti», con pene che arrivano ai 30 anni di carcere. «È evidente come ci si trovi di fronte ad una sfida, tra le più impegnative del nostro tempo», osserva Luisa Ceni, assessora al Sociale.

Alcuni posti destinati alle persone senza dimora, spiega, «sono già occupati da richiedenti asilo. Ma questa non è la soluzione. Il fenomeno va governato e, se è vero che Verona ha una fortissima presenza in Parlamento, anche ai nostri rappresentanti va richiesta decisione, un impegno perché ciò avvenga». «Gli amministratori locali», aggiunge, «non possono essere lasciati soli di fronte al problema».

 

Dove collocarli?

Mancano luoghi per collocare, incombe sui residenti la cronica emergenza abitativa. La coperta, in sostanza, si può sfruttare al massimo ma non è elastica.

Il prefetto Cafagna chiarisce: «Stiamo rispondendo, in questo momento, al massimo delle nostre possibilità. Ma è abbastanza chiaro come la situazione stia divenendo sempre più faticosa da gestire con il crescere dei numeri». I confronti istituzionali proseguono, tra i negoziati con i Comuni, le associazioni, la Chiesa veronese e gli albergatori: «È l'attività di ogni giorno, ora per ora». E con i bandi per la ricerca di nuove «sistemazioni».

«Le disponibilità teoriche sono molte. Ma nel concreto trovare posti è sempre più complicato», ammette. Alcuni tra quanti hanno «titolo e diritto» per rimanere in Italia lasciano i Cas, liberano spazi per altri in arrivo. Ma il ritmo si fa incalzante, probabilmente non sostenibile ancora a lungo. «L'appello è stato lanciato già più volte ma vale ripeterlo: su questo fronte serve, oggi, la cooperazione di tutti», rilancia il rappresentante del Governo.

 

I nodi

Le decisioni sulle destinazioni dei migranti sull'intero territorio nazionale, una volta esaurita la fase post-emergenza, spettano al Sai, Sistema di accoglienza e integrazione.«Il Comune ha strutture limitate, serve uno sforzo che coinvolga tutte le amministrazioni della provincia. I centri di accoglienza speciale (Cas) non devono essere considerati "ghetti" ma tappe intermedie verso l'integrazione. E su questo fronte si deve agire tutti insieme», commenta l'assessora Ceni.

Richiama la storia di molti veneti, emigrati per necessità nei primi decenni di un secolo fa. «Rispetto a quei tempi dovremmo avere imparato a governare meglio questi fenomeni. L'Italia, per bisogno di manodopera e tasso di natalità, ha bisogno oggi di questi apporti: ma tutto ciò va gestito, con una visione di prospettiva. Non farlo significherebbe non comprendere o non volere capire l'entità della sfida che abbiamo di fronte».

 

Il ruolo delle amministrazioni locali

Aumentano le presenze di migranti, anche nel Veronese. Le amministrazioni locali si trovano, già ora, spiazzate. Se venissero confermate le previsioni negli arrivi, con numeri che sfiorano il milione ed un picco atteso soprattutto durante l'estate, la situazione potrebbe facilmente sfuggire di mano. L'invito a «cooperare», rilanciato dal prefetto, appare tutt'altro che formale ed istituzionale.Il mare restituisce, con lenta pietà, le vittime delle ultime tragedie «della speranza».

Ma anche per i salvati, sulla scorta di un banale conteggio numerico, il futuro, di transito o definitiva sistemazione in Italia, appare già fin d'ora destinato ad essere la continuazione di un viaggio, già dall'inizio doloroso e travagliato

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