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BOVOLONE

«Ronde, gazebo
sit-in e barricate
contro i migranti»

La sala  del centro sportivo Crosare
La sala del centro sportivo Crosare
La sala  del centro sportivo Crosare
La sala del centro sportivo Crosare

 

Flussi migratori: chiusa la fase della protesta spontanea, si apre quella della lotta organizzata con ronde, gazebo e, quando servirà, barricate. È l’esito della prima assemblea pubblica, trasmessa in diretta streaming, del comitato «Stop clandestini a Bovolone», che martedì sera ha riempito il salone da 300 posti del centro sportivo Crosare di via Ca’ Persa. A darsi appuntamento con il tam tam su internet ma anche con il porta a porta e il classico volantinaggio al mercato, sono stati gli aderenti e i simpatizzanti del gruppo che ha tra i suoi promotori alcuni indipendentisti veneti. Non a caso, l’unica bandiera ammessa alle iniziative è quella della Serenissima. L’evento è stato seguito con discrezione da carabinieri e vigili urbani, che hanno sorvegliato la sala dove si sono radunati anche residenti di altri paesi.

 

Ad impartire la linea, in stretto dialetto veronese, è stato il leader indipendentista Lucio Chiavegato, che ha ribadito un «no secco all’arrivo dei clandestini», chiamati anche «finti profughi», «turisti» e «villeggianti», e un no anche a soluzioni di ripiego «come la gestione a cura del Comune e i lavori socialmente utili, i quali vanno semmai affidati ai nostri». «I veri profughi sono ad Aleppo o ai confini con l’Ucraina, ma qui non arrivano», ha sostenuto Chiavegato indicando come principali Stati di provenienza dei migranti la Nigeria e il Senegal, «dove però non ci sono guerre». I bovolonesi sono stati messi in guardia a «non fare la fine della rana bollita», ossia, detto fuor di metafora, «a stare attenti a non farsi riempire pian piano di stranieri, si finisce con il perdere la propria identità veneta». Poi Chiavegato ha esortato i «leoni da tastiera» a lasciare la postazione davanti al computer «per uscire in strada a difendere il territorio e le donne dall’orda in arrivo».

I partecipanti avevano modo di aderire, lasciando il proprio nome e recapito, a quattro diverse opzioni. Si andava da una semplice adesione al comitato, che dal primo comizio indetto in piazzale Scipioni ha già raccolto oltre ottocento firme, alla disponibilità a partecipare ai gazebo per dei sit-in 24 ore su 24, a San Pierino davanti al «Residence Lino»: così è stato ribattezzato l’edificio che l’ex assessore Lino Bason è disposto a cedere in affitto a una cooperativa. Un’altra opzione è «rendersi reperibili e quindi disposti a lasciare casa e lavoro per correre in caso di allerta a fermare l’arrivo dei profughi con le barricate, qualora servisse». Infine, c’è chi è pronto a fare le ronde organizzate per andare a chiedere a chi bighellona in giro per il paese: «Cosa fai qui e come vivi?».

 

A fine serata, i motivi per lasciare il proprio nome in almeno uno dei quattro tavoli, e qualche euro in uno scatolone per il fondo spese, non sono mancati. A galvanizzare il pubblico, dando forza allo slogan che si leggeva sullo striscione appeso in sala «Stop business clandestini + risorse alle nostre famiglie» è stata la storia di una famiglia di bovolonesi, una coppia di trentenni, Susanna e Francesco, genitori di un ragazzo di 13 anni, i quali, dopo aver perso il lavoro, non riescono a pagare regolarmente l’affitto, vanno avanti con lavoretti precari e da due anni vivono con la caldaia rotta. I due hanno raccontato di essere stati proprio martedì mattina a Verona, prima in tribunale e poi in prefettura. Dal giudice hanno ricevuto notizia di uno sfratto esecutivo nel 2017, mentre in prefettura la donna si è sentita offrire un lavoro a San Pierino a pulire e a cucinare nella cooperativa che gestirà i 50 profughi di cui è annunciato l’arrivo in paese per gennaio. I fondi raccolti sono stati poi devoluti alla famiglia. «Accettate, non è carità», è stato detto alla coppia. Alla fine chi voleva poteva portarsi a casa uno dei tanti striscioni da appendere alla ringhiera della propria abitazione.

Roberto Massagrande

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