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Il caso a Legnago

«Pronto soccorso» privato, arrivano i Nas: «Non hanno alcuna autorizzazione»

L'Ulss 9: «Non ne sapevamo nulla e ci siamo attivati». Sconcerto anche in Regione
La Domus Salutis di Legnago
La Domus Salutis di Legnago
La Domus Salutis di Legnago
La Domus Salutis di Legnago

Già dal nome si può entrare in confusione. La «Domus Salutis» non è il «Mater Salutis», l’ospedale pubblico di Legnago. La «Domus Salutis» è una casa di cura privata il cui business è fornire, si legge nella scheda d’impresa, «servizi sanitari destinabili alla vendita».

Come funziona il «pronto soccorso» della Domus Salutis di Legnago

Ogni visita medica, ogni prestazione specialistica, ogni indagine diagnostica, è tutto a pagamento. Non è convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale e come tale non è autorizzata a poter fare tutto «come se» lo fosse. Non può, ad esempio, dire alla gente - come è scritto nel sito online - «di essere l’alternativa privata al Pronto Soccorso per i codici minori».

Non può dichiarare di essere «il primo Pronto Soccorso privato che nasce dall’esigenza dell’utente-paziente che desidera una risposta rapida e non può attendere ore in un pronto soccorso per patologie minori».

Non può raccontare di essere la soluzione per chi ha «esigenza di rapida valutazione clinica», con tanto di vademecum per accedere ai servizi: «La visita deve essere preceduta da richiesta telefonica per valutazione e appropriatezza», è indicato sempre online, ricordando nuovamente che «tutte le prestazioni eseguite sono in regime libero professionale». 


Scattano i controlli dei Nas

Un «Pronto Soccorso» privato - non convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale come lo sono, ad esempio, quelli di Negrar e di Peschiera - non è legale. E non si può far credere alla gente, facendo leva sulle lunghe attese nelle sale d’aspetto di ogni Ps d’Italia, di poter avere, mettendo mano al portafoglio, lo stesso servizio per i codici bianchi e verdi garantito dalla rete pubblica.

Ecco perchè l’Ulss 9 ha denunciato ai Nas l’esistenza di questo autoreferenziale «Pronto soccorso». «Ci siamo subito attivati, appena letto sul giornale l’esistenza di questo servizio di urgenza-emergenza non autorizzato abbiamo contattato i Nuclei antisofisticazione e Sanità dei Carabinieri», conferma Patrizia Benini, direttore generale dell’Ulss 9, «perchè facciano tutte le verifiche e procedano come prevede la legge, alla luce delle dichiarazioni fuorvianti riportate sul sito della stessa casa di cura.

Deve essere chiaro», continua la dirigente, «che la definizione di Pronto Soccorso implica la necessità di requisiti strutturali bene definiti per essere tale: unità operative complesse, la presenza di terapie intensive e rianimazione, competenze e strumenti ad hoc, un Triage con personale formato. Anche per i codici minori. Lo dice la legge: non può esistere un Pronto Soccorso non inserito in una rete dell’urgenza-emergenza». E aggiunge: «Nessuno in Ulss 9 sapeva dell’esistenza di questa realtà che si presta a curare codici bianchi e verdi senza averne l’autorizzazione», conclude Benini, «con la garanzia di prestazioni ad attesa zero. La segnalazione, oltre che alle forze dell’ordine competenti, è stata ovviamente inviata anche in Regione. Attendiamo ora l’esito delle verifiche. Come Ulss», conclude il dg, «abbiamo delle responsabilità di vigilanza e controllo e questo ruolo ci impone di dire pubblicamente che l’informazione data da questo privato è errata». 


Regione in prima linea

A Venezia anche l’assessore regionale alla sanità Manuela Lanzarin è sconcertata: «Quello della Domus Salutis non può essere un Pronto Soccorso privato perchè non ne ha i requisiti. Non è strutturalmente in grado di farlo e non è convenzionato. Informare le autorità competenti e i cittadini, a tutela della salute pubblica, è un dovere delle istituzioni. Aspettiamo gli sviluppi per capire come procedere». 

Camilla Ferro

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