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verona racconta

Dario Gambarin: «Io il trattore lo utilizzo per le opere di denuncia viste in tutto il mondo»

Il trattorista avvocato, psicoterapeuta e attore
Dario Gambarin, 65 anni, avvocato, psicoterapeuta, pittore, esegue opere di land art a Castagnaro
Dario Gambarin, 65 anni, avvocato, psicoterapeuta, pittore, esegue opere di land art a Castagnaro
Dario Gambarin, 65 anni, avvocato, psicoterapeuta, pittore, esegue opere di land art a Castagnaro
Dario Gambarin, 65 anni, avvocato, psicoterapeuta, pittore, esegue opere di land art a Castagnaro

Mentre gli agricoltori marciano con i trattori sulle città del Vecchio Continente, Dario Gambarin continua a cavalcare nei campi di Castagnaro il suo Massey Ferguson 178, in perfetta solitudine.

La protesta contro la Politica agricola comune dell'Unione europea, quella Pac che per i contadini è diventata un pacco, lui la cominciò fin dal 2019, incidendo con l'aratro nei campi la gigantesca scritta «Save italian agricolture», salviamo l'agricoltura italiana. Siccome si rivolge al mondo, Gambarin scrive nel suolo solo in inglese. «I produce food: respect», produco cibo: rispetto, fece dire alla terra in un'altra occasione. E anche «Save water», salviamo l'acqua.

Si chiama land art ed è visibile solo dal cielo. Opere gigantesche, 100.000 volte più grandi dei quadri che, da pittore espressionista astratto, dipinge con oli, tempere e colori acrilici. L'unico difetto, o forse si tratta del loro pregio, è che spariscono nel giro di poche ore, quando va bene in un paio di settimane, o anche in 5 minuti se arriva un temporale. Ma ne rimane per sempre traccia sui giornali: il suo ritratto agreste di Barack Obama, giudicato dal Corriere della Sera «la miglior opera di land art», gli valse una lettera di ringraziamento dalla Casa Bianca e fu pubblicato dal New York Times, dal San Francisco Chronicle e persino da giornali cinesi, brasiliani e australiani, e finì pure nei notiziari della Cnn e della Bbc.

Di trattori Gambarin ne ha altri tre: un Fiat 180-90 («il primo numero indica i cavalli vapore, lei calcoli che per un modello nuovo con una potenza di 180 servono 180.000 euro»), un Massey Ferguson 285, un John Deere 40-30. Quello più recente ha 40 anni, il più vetusto 60. E li usa tutti, oltre che per dissodare le sue campagne, anche per coltivare questa forma di arte che ha pochi eguali al mondo.

Per l'alluvione in Veneto riprodusse L'urlo di Edvard Munch. Per la finalissima dei Mondiali di calcio 2010 in Sudafrica il volto di Nelson Mandela: «Fu il vincitore morale». Per la morte di Steve Jobs, fondatore della Apple, la mela morsicata con la frase «Stay hungry, stay foolish», restate affamati, restate folli: «Ha cambiato il pianeta e il nostro modo di pensare». Ma anche un colossale Topolino: «Perché? Perché è Topolino. Non c'è altro da aggiungere».

Nato a Castagnaro il 6 agosto 1958 da Pierino Gambarin, agricoltore, e Carla Tramarin detta Ginetta, che abita ancora nel paese della Bassa e farà 92 anni a ottobre, il Michelangelo che ha trovato nel vomere il suo pennello potrebbe fare ben altro che dipingere usando il trattore. Infatti è avvocato civilista e psicoterapeuta, «però oggi non sono più niente: mi sono cancellato dai due ordini professionali».

La laurea in giurisprudenza la conseguì nel 1987 all'Università di Bologna con una tesi in diritto canonico su Bonizone di Sutri, creato vescovo da papa Gregorio VII nel 1075 o 1076, e un'altra in lettere e filosofia quattro anni dopo al Dams, sempre a Bologna, con una tesi sulla psicopatologia dell'arte.

Era attratto dalla Chiesa?

No, da Giacomo Casanova. Avevo letto che si era laureato a 16 anni in diritto canonico. Decisi d'imitarlo.

Parla di studi o di donne?

Convivo felicemente da 26 anni con Romana Schumann, psicologa e psicoterapeuta originaria di Norimberga. Ho pure un diploma in belle arti dell'Accademia Clementina di Bologna. Sono stato per un anno ricercatore all'University of California di Los Angeles, dove ho ottenuto l'abilitazione in psicologia e psicoterapia. E ho frequentato i corsi dello psicologo Jeffrey Zeig alla Milton H. Erickson foundation di Phoenix, in Arizona.

Instancabile e versatile.

Dimenticavo la specializzazione in relazioni industriali e del lavoro, sempre all'Università di Bologna, con il professor Enzo Spaltro, che 40 anni fa inventò Test per Rai 1.

Ha fatto pure l'attore per Pupi Avati.

Particine. Ero il musicista Francesco Piantanida in Noi tre. Il regista mi ha rivoluto in altri due film, Il papà di Giovanna e Una sconfinata giovinezza.

«Dario è una persona straordinaria perché usa l'aratro come strumento della propria creatività, obbedisce soltanto alla propria urgenza creativa», ha scritto Avati.

Un sabato pomeriggio d'estate fregai il trattore a mio padre, che si era concesso due giorni di vacanza al mare, ai Lidi ferraresi. Incisi con l'aratro un enorme volto femminile. La domenica sera, tornando a casa, papà notò la terra smossa. «Chi è entrato nel campo?», s'infuriò. Dovetti confessare. Mi spedì subito a livellarlo. Solo quando vidi il filmato che avevo fatto girare dall'alto al pilota di un Cessna, alzatosi in volo dall'Avioclub di Montagnana, mi resi conto di quello che avevo realizzato. Adesso non serve più l'aereo: bastano i droni per filmare e fotografare le opere.

Che dimensioni hanno?

Fino a 60.000 metri quadrati. «Save italian agricolture» ne misurava 50.000.

Suo padre rimase impressionato dalle immagini?

Per nulla. Era interessato solo a com'erano tenuti i campi del suo vicino.

I terreni che usa oggi per la land art di chi sono?

Di mia madre, miei e delle mie due sorelle più giovani. Circa 27 ettari in tutto, coltivati a grano, soia, mais, orzo. Avevamo anche i kiwi, ma abbiamo dovuto estirparli: non rendevano più nulla. A volte mi ospita sulla sua terra mio cugino Nicola Gambarin.

Ci vuole un fisico bestiale.

Nella cabina del trattore non c'è l'aria condizionata, d'estate si superano i 40 gradi. Ogni volta perdo in sudore 2 chili di peso.

In pratica che fa?

Entro in un campo dopo la mietitura, vado avanti e indietro con il trattore e disegno la mia opera nel terreno, usando il bivomere, un aratro doppio. Quando l'umidità delle zolle rovesciate evapora per effetto del sole, il disegno svanisce.

Quante ore le servono?

Da 2 a 8. Non sono in balia del tempo. Devo pensare.

Pensare a che cosa?

Mica ho un'agenzia che lavora per me. Prima mi serve un'idea, poi la realizzo su carta, infine nel campo. Se è troppo umido, devo astenermi. La terra non vuole. Punto.

S'ispira alle ricorrenze.

Ho celebrato i 120 anni dalla nascita di George Orwell, lo scrittore del Grande Fratello: per fargli i baffi ho dovuto usare erpice rotante ed estirpatore. A 50 anni dalla morte di Pablo Picasso ho riprodotto l'autoritratto che si fece nel 1906, con tanto di firma e data. È finito sul Financial Times.

Ha fatto anche il ritratto di Vladimir Putin.

Non aveva ancora invaso l'Ucraina. Ultimata l'opera, tornai a Bologna. Mi telefonò la corrispondente da Roma della tv di Stato russa. Mi costrinse a tornare a Castagnaro. Arrivò nella Bassa con cineoperatore e interprete. Grande delusione: «Ma io non vedere niente». Cara, è colpa mia se non sei arrivata in elicottero? Per fare gli occhi azzurri di Putin, avevo messo due nylon bianchi rotondi, 12 metri di diametro, che riflettevano il cielo. La invitai a entrare nei solchi del terreno per osservarli da vicino. Si bloccò, inorridita: «Oh, niet, niet! Io non potere calpestare mio presidente».

Quante opere ha fatto?

Credo 110, dal 2005.

Chi le ha insegnato a guidare il trattore?

Cominciai a 5 anni sul Massey Ferguson da 30 cavalli che usavano mio padre e mio zio Romolo. Ne ho trovato uno uguale su un'isola greca, dipinto di azzurro. Ho rivisto la nostra civiltà contadina perduta.

I suoi che dicevano delle sue performance?

Mia madre è semicontenta, anche se avrebbe preferito un figlio come tutti gli altri. Mio padre mi voleva avvocato. Andarmene da Castagnaro fu come evadere da una prigione. Volevo vedere com'era fatto il mondo. Da studente i miei mi passavano il minimo indispensabile per vivere, però a me piacevano le belle auto, i bei vestiti, le belle ragazze, lussi che mi pagavo cantando e suonando nei pianobar in Italia, Francia e Germania. Poi persi la voce. Chiesi a papà, ormai prossimo alla morte, se mi concedeva il permesso di usare la sua terra per le mie opere d'arte. Rispose: «Se ti piace, fallo pure».

E se con il trattore sbaglia una manovra, che fa?

Opera rovinata. Non ho certo la gomma per correggere il terreno. Devo andare a colpo sicuro e non fermarmi mai, sennò perdo le coordinate che ho in testa. Non posso vedere quello che sto facendo. Lavoro con il terzo occhio.

Sarebbe?

La forza infinita dell'immaginazione. È come se cadessi in trance. Nessuno deve interrompermi. Il trattore s'impenna, sembra un cavallo imbizzarrito. Bisogna capirlo, è costruito per andare dritto. Non posso deviare se la terra oppone resistenza. Ho già rotto un paio di aratri. Ma non mi sono mai fermato. Neanche sotto i fulmini.

Perché le opere sono firmate «AD» anziché «DG»?

Non esiste trattore al mondo con un angolo di sterzata che consenta di tracciare la «G» di Gambarin.

Ma non è un delitto rovinare i campi per motivi artistici?

Ma che dice? Non ho mai rovinato le coltivazioni! Intervengo solo sui terreni quando sono brulli, prima della semina. I periodi utili sono a fine giugno, conclusa la mietitura del frumento, e a metà settembre, dopo la raccolta del granturco.

Se prova tanta passione per la terra, perché non è diventato agricoltore?

E chi crede che provveda all'aratura del latifondo di famiglia? Per il resto, ci si affida ai contoterzisti, ormai fanno tutti così. Ma non mi sono mai iscritto alla Coldiretti. Sono figlio di me stesso. Mi sento diverso e penso di dover dare qualcosa di diverso.

Perché ha smesso di fare l'avvocato?

Negli anni Ottanta lavorai a Milano nello studio legale Catenaccio e associati, in corso Magenta. Ma non era la mia città, ci andai solo per l'amore di una donna. Neanche a New York potrei stare.

Non ho capito che cosa ricava dalla land art.

Niente. È solo una grande passione. Mando messaggi. Non imbratto fontane, non tingo di verde i canali di Venezia.

Quindi di che vive?

Gliel'ho detto: dei frutti della terra. E anche dell'arte. Come pittore, sono stato pubblicato da Mondadori e dal catalogo di quotazioni Il Quadrato.

Perché i giovani d'oggi disprezzano la vita nei campi?

Mio nipote Federico Antonioli, laureato in agraria con 110 e lode all'Università di Padova, è in Canada a occuparsi di foreste come ricercatore.

«È dura la terra, è bassa la terra», disse il vescovo Pietro Nonis nell'omelia ai funerali del contadino Antonio Maso, trucidato insieme con la moglie dal figlio sfaticato. Mi riferivo a quella terra lì.

Non si può più fare l'agricoltore. Non c'è margine, non c'è sicurezza. Solo fatica. E troppe regole comunitarie. Mio padre con i suoi campi mantenne tre figli. Con gli stessi campi io faticherei a farne studiare uno solo.

Quindi marcerebbe anche lei con il popolo dei trattori?

Il mio cuore è con loro.

Stefano Lorenzetto

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