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L'appello di una mamma veronese

«Scuola, che farò
adesso con i miei
tre figli autistici?»

di Nicolò Vincenzi
L'appello di una mamma veronese
La famiglia Selmo-Gabaldo con i tre figli
La famiglia Selmo-Gabaldo con i tre figli
APPELLO MAMMA BIMBI AUTISMO

 

La fase due, quella che dovrebbe scattare dal prossimo 4 maggio e che allenterà la quarantena, si avvicina, ma non per tutte le famiglie vorrà dire un ritorno alla normalità. La campanella della scuola fino a settembre non suonerà più alla mattina e per qualcuno questo significherà stravolgere completamente la propria vita. Di nuovo.

La storia di Monia Gabaldo e Gabriele Selmo, villafranchesi, è di quelle che necessitano un’attenzione particolare. I loro tre figli, Derek di 7 anni, e i gemelli Liam e Colin di 5, anche se in maniera diversa, rientrano tutti nello spettro autistico. Gabaldo, ora che la fatidica data del 4 maggio è imminente, lancia un appello a Roma.

 

Rivolgendosi ai politici, senza badare al colore politico, chiede di trovare una soluzione anche per loro: «Comunicate tra di voi, anche fra Paesi diversi: confrontatevi. Non litigate e non delegate», dice. Senza la scuola, che impegnava i tre figli almeno la mattina – Derek, il più grande, frequenta la prima elementare - e i tanti servizi sospesi si trovano in una situazione difficile da gestire.

«Non c’è più la scuola, non ci sono più le terapie e dobbiamo continuare a lavorare. Arriviamo a sera distrutti. Le mie giornate», spiega Gabaldo, 40enne medico genetista e pediatra all’ospedale Carlo Poma di Mantova, «iniziano alle 5 del mattino per preparare i compiti per

Derek». La didattica online, poi, è uno strumento utile, ma che non può, soprattutto in casa Selmo, aiutare più di tanto: «Derek, il più grave dei tre, fa fatica a seguirle. Per lui è come se fossero un film». Monia, infatti, oltre ai giorni che le sono riconosciuti dalla legge per poter assistere i figli, e quelli di cui gode anche il marito, faceva affidamento sulle tante, e necessarie, ore di terapia giornaliere. Ossigeno sì, ma anche tempo utile per poter vivere, almeno in parte, la propria quotidianità. Gabriele poi in queste settimane sta lavorando da casa mentre Monia è in ospedale, ma con i bambini che non possono nemmeno uscire è davvero difficile fare anche una telefonata.

 

E poi? Quando anche il papà dovrà tornare in ufficio, in banca, cosa succederà? In questa storia ci sono tanti punti di domanda e poche risposte: «Abbiamo bisogno di sapere cosa succederà dopo il 4 maggio», dice Gabaldo. «Riprenderanno le terapie? Dove? A casa? Ma quando? Ci saranno ulteriori aiuti?», si chiede. Perché ogni azione, anche quella che sembra la più semplice, deve prima essere spiegata e analizzata: masticata per poter essere capita dai suoi tre bambini speciali.

«Dobbiamo prepararli con delle immagini, delle schede. Dobbiamo aiutarli a capire cosa sta succedendo e perché ci sono così tanti cambiamenti. Il lavoro sulla socialità, soprattutto a quest’età, per il loro futuro è fondamentale», spiega la mamma. La dottoressa Gabaldo, quindi, si rivolge direttamente a Roma: «Allo Stato chiedo chiarezza e programmazione. Siamo frustrati e terrorizzati perché non sappiamo cosa succederà».

 

Oltre ai nonni, che però non vivono a Villafranca, ci sono congedi parentali, aspettative e ferie: armi al fianco di Monia e Gabriele, ma utili per arginare la situazione solo per un periodo, senza contare poi eventuali decurtazioni di stipendi. «E comunque», aggiunge la genetista, «serve tempo per richiederli. Non voglio gravare sul mio reparto all’ospedale che vive già una situazione pesante».

Non si nasconde dietro il problema epidemiologico («Da medico sono la prima a rendermi conto della situazione», dice), ma c’è un mondo, un po’ più nascosto, che non può essere ignorato. «Serve che ci aiutino e serve chiarezza», conclude Gabaldo, «per poter capire cosa fare e per poter continuare a lavorare. Non posso chiedere a una babysitter di sostituirmi come mamma, insegnante e terapista». E intanto il tempo stringe. La battaglia di Gabaldo parte da lontano ed è storia nota: dall’estate scorsa si è spesa per far diventare Villafranca città blu e cioè il più confortevole possibile per chi è affetto da autismo. Il progetto è stato approvato dal consiglio comunale lo scorso dicembre. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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