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Rasi al suolo gli alberi sul Mincio

La riva del Mincio senza alberi dopo l’intervento dell’Agenzia interregionaleLa boscaglia sull’altra parte della riva del fiumeUn albero caduto sull’argine del Mincio
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Trovare una via di mezzo tra il lasciare boscaglie lungo il Mincio e fare tabula rasa di ogni arbusto che si trova sulle rive. Questa la richiesta, che viene da più parti, di una svolta nel modo di gestire la vegetazione fluviale, anche per la presenza a ridosso di Borghetto di una situazione paradossale. Se infatti si percorre la riva che dal ponte visconteo va sulla riva destra del Mincio, lungo i cinque chilometri che separano Valeggio e Monzambano, è evidente la strage di arbusti causata dal recente intervento dell’Aipo (Agenzia interregionale per il fiume Po e i suoi affluenti), ente titolare della sicurezza idraulica. Al contrario, sul lato destro tra Borghetto e Pozzolo s’è creata una boscaglia, con alberi caduti che rendono difficile il passaggio anche ai podisti. Ciò, per i possibili pericoli, ha spinto l’Aipo a vietarne l’accesso, ma la frescura che se ne ricava attraversandola e la bellezza del bosco fan si che molti, dai ciclisti ai proprietari di cani siano spinti a trasgredire. Certo, l’intervento dell’Aipo (costo 100 mila euro) verso Monzambano ha lasciato ammutoliti i tanti che frequentano il Mincio, ammirandone il paesaggio e un habitat che ruota intorno agli arbusti, i quali danno riparo alla fauna e stabilità agli argini, oltre a rallentare l’acqua e conferire un aspetto decisamente più gradevole alle rive. «Non si capisce il senso di un intervento di questo tipo», dichiara Ketty Tebaldi, ambientalista, che il Mincio lo frequenta spesso, «perché lascia una desolazione, distrugge habitat per l’avifauna e salva solo qualche brandello di canneto e poco altro, quando basterebbe una manutenzione ordinaria e selettiva. Invece si preferisce intervenire ogni 20-25 anni e ridurre una riva in questa maniera, mutando il paesaggio e annullando pratiche come la raccolta delle more, fatta da locali e turisti. Un paese turistico dovrebbe spingere per concordare operazioni più mirate». Concetti ribaditi anche da Chiara Martinelli, presidente di Legambiente: «Quella dell’Aipo è una prassi che si ripete in vari luoghi, talora in periodi in cui radere al suolo canneti e arbusti distrugge la fauna relativa. Tocca ai Comuni interloquire con questi enti per trovare strade diverse, facendosi forti anche dell’approvazione di un Piano del verde con apposito regolamento». Il riferimento è pure ai Contratti di Fiume che, seguendo la deliberazione della Giunta del Veneto numero 1938 del 23 dicembre 2015, permettono ai soggetti interessati, dai Comuni alle associazioni, di affrontare i problemi relativi ai corsi d’acqua, dalla difesa idraulica all’inquinamento, dalla rinaturalizzazione al paesaggio. Il fiume infatti non serve solo a spostare volumi d’acqua, ma ad abbassare il calore, a creare corridoi ecologici, oltre a essere fondamentale per il cicloturismo. Proprio perché Borghetto è ormai diventato l’epicentro di tanti spostamenti in bicicletta, non si capisce come mai da più di un anno ci sia un enorme albero caduto che sbarra il sentiero e non sia possibile un intervento leggero che permetta a tutti di passare in sicurezza, senza perdere la magia del verde selvatico. Difficile lo faccia l’Aipo che necessiterebbe di fondi ulteriori. L’ente fa sapere che l’intervento effettuato in direzione di Monzambano era necessario, sia per permettere ai vigili del fuoco di operare in caso di bisogno, sia per rendere visibili segnali di pericolo, come quelli che avvertono del rischio mortale nel canale Diversivo, che erano completamente coperti dalla vegetazione. Secondo loro in questa occasione sono state pure risparmiate alcune piante. •

Alessandro Foroni

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