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Siccità

Funghi, cestini vuoti per tre mesi: «Ma adesso si può recuperare»

Un appassionato sulle nostre montagne
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Un appassionato sulle nostre montagne

Non è stata una stagione facile nemmeno per i cercatori di funghi. Siccità e caldo eccessivo, che si sono fatti sentire anche in quota, fino alla metà di agosto hanno lasciato vuoti i cestini di molti appassionati che sono soliti frequentare la montagna veronese alla ricerca di specie spontanee.

«La pioggia è stata provvidenziale per riscattare un’annata finora piuttosto scadente», sintetizza Renzo Rigatelli, presidente emerito del gruppo micologico «Giuseppe Gelmetti», il cui presidente è Antonio Lavecchia. L’acqua, che nelle ultime settimane ha finalmente bagnato i prati e i boschi, ha risvegliato la natura che ha ripreso ad essere generosa di flora spontanea, commestibile e non. Certo è che, chi era abituato a ritornare a casa con generosi bottini già a partire dalla primavera, quest’anno, è rimasto piuttosto deluso. Nei mesi di maggio, giugno e luglio, di funghi, non se ne sono visti. «Nel periodo in cui potevano crescerne di prelibati», spiega, «non c’era sufficiente umidità per far fiorire i miceli». Specie alcune varietà di spugnole e di «Calocybe gambosa», che normalmente si colgono in primavera, non sono puntate dal terreno.

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Qualche soddisfazione l’esperto, che frequenta abitualmente la Lessinia da cinquant’anni, la sta raccogliendo in questi ultimi giorni. Le sue ricerche nelle zone di Bosco Chiesanuova, Velo e Roverè hanno portato a riempire il cestino dei tanto ambiti porcini: il «Boletus edulis», «Boletus aestivalis» e «Boletus luridus». Buoni e commestibili, come lo sono i finferli e le russole, in particolare la «Russula cyanoxantha» e la «Russula virescens», cioè verdoni, assieme alla «Russula aurea» dal colore giallo-arancio. Altre varietà che spiccano nei prati della montagna scaligera sono i cosiddetti mandriani, il cui nome scientifico è «Agaricus», e le ben più vistose mazze di tamburo, «Macrolepiota procera», apprezzate in cucina. Dall’elevato pregio alimentare sono il «Lactarius deliciosus» e le gambesecche, «Marasmius oreades», particolarmente diffuse nelle nostre zone.

Chi è un appassionato raccoglitore, avrà adesso modo di recuperare il tempo perduto. A non cambiare sono le raccomandazioni alla prudenza, continua Rigatelli. Innanzitutto è meglio non avventurarsi nei boschi da soli. Neppure l’abbigliamento deve essere improvvisato: servono scarponcini, pantaloni lunghi, mantella per ripararsi dalla pioggia, bastone per aiutarsi nelle escursioni. È sconsigliato improvvisarsi micologi e fare incetta, perché c’è il rischio di incappare in qualche varietà velenosa o comunque tossica. «Per qualsiasi dubbio sulla classificazione, è meglio rivolgersi agli esperti», raccomanda: «Una valutazione sbagliata può mettere a rischio la sicurezza di sé e degli altri».

Ogni fungo va raccolto intero e completo della sua radice, che può fornire informazioni sulla specie. Meglio evitare l’uso di borse di plastica o contenitori chiusi, nei quali i prodotti raccolti potrebbero alterarsi e diventare tossici. L’ideale è il tradizionale cestino di vimini che è areato, trasporta il raccolto senza schiacciarlo e lascia cadere le spore. Sperando di avere la soddisfazione di vederlo riempito di diversi funghi

Marta Bicego

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