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Il delitto di Bussolengo

La confessione in lacrime di Edlaine: «L'ho ucciso io» con 18 coltellate. Ora rischia l'ergastolo

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Un selfie di Edlaine Ferreira e Francesco Vetrioli
Un selfie di Edlaine Ferreira e Francesco Vetrioli
Un selfie di Edlaine Ferreira e Francesco Vetrioli
Un selfie di Edlaine Ferreira e Francesco Vetrioli

Rischia l’ergastolo Edlaine Ferreira, la trentaseienne brasiliana accusata di aver ucciso con quattro martellate e diciotto coltellate il marito Francesco Vetrioli, autotrasportatore di 37 anni, che aveva sposato solo tre mesi fa, in aprile, e con il quale viveva a Bussolengo. Ieri la donna, rinchiusa nel carcere di Montorio, è comparsa davanti al gip Paola Vacca per l’udienza di convalida del fermo. Con una maglietta rosa e un paio di leggings, si è presentata davanti al giudice, assistita dall’avvocato Veronica Villani. Ha iniziato a piangere all'inizio dell’udienza e ha proseguito fino alla fine, rimanendosene in silenzio e parlando solo quando interpellata.

Pesanti le accuse mosse nei suoi confronti dal pubblico ministero Carlo Boranga: omicidio volontario aggravato «dall’aver commesso il fatto contro il coniuge, con premeditazione, e di avere profittato di circostanze tali da ostacolare la privata difesa, avendo colpito la vittima mentre dormiva». Inizialmente decisa ad avvalersi della facoltà di non rispondere, quando il giudice le ha paventato il rischio di dover scontare una condanna all’ergastolo, la Ferreira ha deciso di provare a giocarsi almeno la carta delle attenuanti generiche e ha quindi confermato le spontanee dichiarazioni che aveva rilasciato mercoledì davanti ai carabinieri, poche ore dopo l’omicidio. Dichiarazioni in cui la donna confessava l’omicidio del marito Francesco, ma che aveva rilasciato prima che arrivasse il legale: senza il suo consenso ieri, dunque, non sarebbero state utilizzabili. Invece, in occasione della convalida, le ha confermate integralmente.

«Farò ulteriori dichiarazioni quando me la sentirò», sono state le sue uniche parole. «Comunque ammetto di avere ucciso mio marito nelle circostanze descritte». Ovvero di averlo colpito dapprima con il martello e poi di aver utilizzato il coltello, quello che lei stessa ha fatto ritrovare, insieme all’altra arma del delitto, all’interno dell’abitazione di via San Valentino 37. Il giudice Vacca ha quindi convalidato il fermo, ritenendo che sussistano i gravi indizi di colpevolezza, e ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere. «Si ritiene di poter affermare con un grado di probabilità che rasenta la certezza che la prevenuta abbia perpetrato l'omicidio del coniuge, profittando del fatto che egli dormiva profondamente», si legge sull’ordinanza di convalida. «Che la morte del coniuge fosse lo scopo avuto di mira dall’agente è dimostrato dall’uso di due strumenti potenzialmente letali, dal numero di colpi inferti (22, di cui quattro con il martello e 18 con il coltello) e dalle regioni corporee attinte, tutte sede di organi vitali».

A motivare l’esigenza della custodia cautelare in carcere, sia il pericolo di fuga, sia il rischio di reiterazione del reato. La donna, infatti, si trova illegalmente in Italia ed è in attesa di rimpatrio: nei suoi confronti è già stato emesso un decreto di espulsione dalla Prefettura di Parma, che le ha anche ritirato il passaporto lo scorso 9 aprile. Tuttavia Edlaine Ferreira risulta nella «peculiare condizione» di avere un altro passaporto, rilasciato dal Consolato generale del Brasile in Milano (nonostante non ci sia mai stata denuncia di smarrimento del primo). Secondo il giudice Vacca, inoltre, sussiste anche il rischio di reiterazione del reato «con l'uso di armi o mezzi di violenza», in quanto «un soggetto che si determina a risolvere un conflitto sopprimendo l'antagonista potrebbe ricorrere nuovamente a mezzi violenti nei confronti di altri che gli si contrappongono». Il pm non ha ancora affidato l’incarico al medico legale per l’autopsia.

Manuela Trevisani

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