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Scafisti, reato universale «Ma non è la soluzione»

di Paolo Mozzo
Soccorsi Un barcone carico di immigrati giunto nei pressi di Lampedusa e raggiunto dai soccorritori
Soccorsi Un barcone carico di immigrati giunto nei pressi di Lampedusa e raggiunto dai soccorritori
Soccorsi Un barcone carico di immigrati giunto nei pressi di Lampedusa e raggiunto dai soccorritori
Soccorsi Un barcone carico di immigrati giunto nei pressi di Lampedusa e raggiunto dai soccorritori

È materia che scotta. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, annunciando le nuove misure contro i trafficanti di esseri umani, contenute in un decreto legge, prefigura il «reato universale», da perseguirsi «anche se commesso al di fuori dei confini nazionali». Nei fatti: colpire «gli scafisti e chi sta dietro il loro operato». Roberto Flor, docente dal vasto curriculum ed attualmente coordinatore del centro universitario interateneo di Verona e Trento per le Scienze della Sicurezza e delle Criminalità, qualche dubbio lo manifesta. «Si tratta di un uso molto forte del diritto penale, sicuramente non privo di criticità». Il fenomeno migratorio è ormai inarrestabile. La tragedia in mare a Steccato di Cutro, con 79 vittime (molte delle quali minorenni) e una scia di polemiche politiche che non accenna a spegnersi, segna comunque un confine. Può funzionare la linea sottesa a questo decreto? «Sicuramente il “reato universale“ è una fattispecie particolarmente grave, proprio perché prevede la repressione, ovunque e per chiunque lo commetta, sulla base della legge italiana. Ovvero per chi “promuova, finanzi, diriga, effettui o compia altri atti per favorire gli ingressi illegali nel territorio dello Stato“. Ma qui si scontrano l’aspetto criminologico e del diritto positivo». In che senso? «Lo scafista di fatto è solamente l’ultimo anello della catena e probabilmente sarà anche la sola persona ad essere individuata, catturata e sottoposta a processo. Pure essendo spesso, egli stesso, un migrante cui è stato garantito, gratuitamente o dietro un corrispettivo monetario, il viaggio, a patto di condurre la “carretta del mare“. Personalmente sono piuttosto scettico su questo uso del diritto penale». Perché? «Non credo sia lo strumento privilegiato per contrastare un fenomeno di questa portata. Il reato universale, fattispecie che include anche terrorismo e genocidio, dovrebbe essere un’eccezione, non la regola. Si tratta di una deroga a quelle che sono considerate norme generali». Un salto giuridico azzardato? «Ci sono delle criticità, sicuramente. Anche perché tutto ciò avviene dopo l’intervento recente sulle disposizioni urgenti per le operazioni di soccorso in mare, per alcuni l’ennesimo tentativo di impedire ciò che il diritto internazionale impone. Al di là degli slogan, non si stravolge l’operato delle organizzazioni non governative ma oggettivamente si spostano, con i relativi costi, i luoghi di sbarco, spesso lontani dal Mediterraneo centrale. Alla base dei fenomeni migratori possono esservi anche casi di sfruttamento ma resta ineludibile il soccorso delle persone in stato di necessità». Quanto pesa, sul fronte delle migrazioni, la presenza più volte evocata delle «mafie»? «Sicuramente queste sono presenti nello sfruttamento dei lavoratori sul territorio italiano. Ma l’ipotesi di un ruolo anche nel traffico di esseri umani, perché di ciò si tratta, non ha fondamenti così certi, anche se vi sono indagini in corso. In alcuni Stati esistono, semmai, associazioni dedite a questi traffici. Mentre è assai più probabile l’influsso della criminalità organizzata nelle fasi dell’accoglienza, visti i grandi interessi economici che vengono messi in gioco». La convince questo decreto? «Teniamo conto dei campi di raduno in Libia, luoghi da cui partono i migranti ma anche della cooperazione del nostro Governo con la Guardia Costiera di quel Paese, tra i diretti “sospettati“ per crimini contro l’umanità. Anche questo è un aspetto che imporrebbe una riflessione sulle scelte di politica criminale. C’è, ormai da anni diffusa nell’opinione pubblica, la convinzione che questa (la linea dura, ndr) sia la soluzione, mentre probabilmente è solo la “tachipirina“: esistono garanzie costituzionali, limiti di territorialità, costi... Ci si dovrebbe meditare sicuramente ancora un po’. Criticità dunque? «Sulla base di ciò che è accaduto in questi ultimi anni, con vari Governi, una riflessione sarebbe necessaria».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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