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L'elezione a presidente della camera

Fontana, da «butel» del Saval al vertice di Montecitorio: «Diceva: da grande farò il presidente»

L’infanzia in parrocchia, l’ingresso da giovanissimo in politica. Gli amici d’infanzia: «Posizioni ultra cattoliche? Non è medioevale». Tosi: «Nel 2014 vinsi e gli lasciai il posto»
Lorenzo Fontana il giorno della comunione, nella chiesa del Saval, nel 1992, e ieri al momento dell'elezione a presidente della Camera
Lorenzo Fontana il giorno della comunione, nella chiesa del Saval, nel 1992, e ieri al momento dell'elezione a presidente della Camera
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Nato ai bordi di periferia, cresciuto all’ombra di una chiesa a forma di capannone. L’infanzia tra strade bianche diventate di colpo vie di navigatori popolate di case. Svezzato dal padre a pane e Lega. Tifoso gialloblù fino nel midollo; tre lauree (quasi quattro) studioso e umanista per vocazione. Un appassionato. Di calcio, di lettura, di politica. Dopo il noviziato in circoscrizione, è stato ordinato politico in Comune, ha preso il volo in Europa ed è stato consacrato sull’altare della politica alle 12.10 di un mite venerdì di metà ottobre.

Una vita spesa per la politica

Presidente della Camera. Lorenzo Fontana, 42 anni, dal Saval, è da ieri la terza carica dello Stato; prima volta di un veronese. Ci è arrivato per meriti e per buona sorte (il prescelto, Riccardo Molinari, è stato sollevato dall’incarico ancora prima di averlo dal capitano del Carroccio). Ci è arrivato con la benedizione del triumvirato di maggioranza: Meloni, Salvini e Berlusconi. Accettato da Fratelli d’Italia, blindato da Forza Italia, più forte dei mal di pancia leghisti.

Ci è arrivato dopo una vita spesa per la politica. Un bambino allegro, di una famiglia per bene (lo dicono gli amici), diventato ragazzo attraversando i miti anni Ottanta quando al Saval mancava tutto: farmacia, bus, negozi.

L'infanzia al Saval

Le case gialle del Saval sono come la basilica per piazza San Pietro: ci passano un po’ tutti. Da lassù guardano là dove c’era l’erba, i campi coltivati degli anni Settanta diventati zona residenziale e popolare. Gialle, rosse, blu: un mosaico di abitazioni e di gente, le case (ex) popolari del Saval. Lorenzo è cresciuto lì, tra le case gialle e le case blu, a due passi dalla pizzeria che fu di Zeggio Mario, a un tiro di schioppo dalla chiesa capannone che fu di don Zocca Renzo. Fontana ha fatto tutta la trafila del Catechismo e si è avvicinato alla parrocchia, entrando a far parte del Gruppo giovani.

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Ha cominciato a far politica prestissimo, Lorenzo. «Aveva 15 anni», racconta Roberto Mantovanelli, presidente di Acque Veronesi, cresciuto con lui nei Giovani padani. «Appena ne ha compiuto diciotto ha preso subito la tessera». E non l’ha più riposta. «Leghista da sempre, ha nella politica la passione della sua vita». Estroverso, ma sempre dentro i limiti, «onesto e intelligente», come lo definisce l’amico del cuore, Alberto Pavan. «Ricordo le battaglie per l’Indipendenza del Veneto», racconta Mantovanelli, «e i banchetti soprattutto al Saval. Un tema caldo, quello. Se ne parlava a scuola, tra gli amici, ma anche per strada».

Lorenzo tirava via, dritto, sulle sue posizioni: «Cercava di convincere tutti quelli con cui aveva a che fare», ride Mantovanelli. «Come ci divertivamo». La parrocchia, di Santa Maria Maddalena, però, non l’ha mai lasciata: «L’ha frequentata durante tutto il suo percorso scolastico», racconta don Zocca guardando lontano dall’orto botanico di Marzana dove ha avviato l’ennesimo progetto della sua «carriera». «Una ragazzo intelligente, sveglio e soprattutto entusiasta». La benedizione del prete è un viatico: «Che tu possa trasferire a Roma quella vitalità che avevi al Saval». Ambizioso, Lorenzo. Ha sempre avuto le idee chiare. Manda indietro la memoria di vent’anni, un’amica del Gruppo giovani: «Insieme abbiamo frequentato i campi scuola di Rummo e di Brusson. Aveva una fidanzata storica, anche lei del Saval, Cristina: si sono lasciati quando avevano vent’anni».

Il sogno di bambino

 «Già alle medie diceva che voleva diventare presidente della Repubblica», aggiunge l’amica. Lorenzo che guai a toccargli la lettura: «Quando andavo a casa sua trovavo libri ovunque: in sala, in camera, sul tavolo, sul divano: quasi non si passava», dice Mantovanelli. Lorenzo che la sua fede cattolica l’ha sempre messa davanti a tutto: «Ma di certo non è medioevale», racconta Alberto. Eppure si è sposato ai Filippini con rito tridentino, officiato da Vilmar Pavesi, suo referente spirituale e della Lega, frequenta la chiesa di Santa Toscana, ha posizioni giudicate estreme e spesso molto criticate in particolare dalla comunità Lgbt+: sono ancora fresche le polemiche sul Congresso nazionale delle famiglie del 2019 a Verona.

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E molti non gli perdonano le sue posizioni filo Putin e vicine ai tradizionalisti americani. «Ne ho sentite di tutti i colori su di lui. La verità è che Lorenzo è molto concreto, una bella persona. Tante cose che lo riguardano le dicono persone che non lo conoscono a fondo». Lui, Alberto, invece, lo conosce bene. «Avevamo 10 anni quando abbiamo iniziato a frequentarci. Io sono più vecchio di dieci. Ci frequentiamo da allora». Una famiglia «bellissima»: mamma Gianna, il padre Edoardo tecnico radiologo morto otto anni fa. «Una famiglia umile, di grandi valori. Conoscevo bene la sorella, Valentina, e ho frequentato la loro casa. Per questo posso dire serenamente che quella è una famiglia invidiabile».

E lui, Lorenzo, per Alberto «è il classico esempio di chi si è fatto da solo, senza aiuti, studiando e impegnandosi a fondo». Condivide, Mantovanelli, e rilancia: «Non ha mai cercato la ribalta, ha lavorato con serietà, ha studiato e ci ha messo la testa. Ha raggiunto un risultato eccezionale con la sola forza delle idee e della volontà». Lorenzo, per Alberto, è la personificazione fatta politico di due aggettivi: onesto e appassionato.

Storie di amicizia e di tifo per l'Hellas

«Una volta andiamo allo stadio», sorride. (Ovviamente a vedere l’Hellas, ndr). «Lui ha il permesso per parcheggiare vicino agli ingressi. Invece si dirige nei parcheggi più lontani. Lo guardo e gli dico: scusa, ma non possiamo parcheggiare più vicino? Lui mi risponde: quattro passi ci fanno solo bene. Questo è Lorenzo». Lo stadio, inteso come Bentegodi, è uno dei rifugi preferiti di Fontana: «Anche se poteva, non è mai andato in tribuna. Ha sempre preferito stare tra di noi, con i butei, con i suoi amici».

Alberto e Lorenzo. Si sentono ogni giorno. Si vedono quello che il tempo di entrambi lo concede: «A Bruxelles ha la famiglia, quando torna a Verona ci tiene ad andare a casa della mamma che lui adora. Quando possiamo ci scappa un aperitivo o una cena. Ma quando uno ha bisogno, l’altro c’è sempre», racconta Alberto. Come quando è morto il padre di Lorenzo: «Ero in ospedale, accanto a lui, era importante che fossi là». E, come gli amici che si rispettino, anche Alberto e Lorenzo hanno i loro «riti» laici. Per alcuni non è dato sapere («cose nostre»), uno lo fanno da anni e li diverte ancora: «Guardiamo il MotoGp o comunque un Gran Premio da soli e poi ci telefoniamo o ci scriviamo per commentare a vicenda: hai visto che curva? Guarda come va».

L’ex maestro Flavio Tosi

Ma che effetto fa vederlo lassù, nell’olimpo della politica italiana? «Lui è sempre se stesso. Lo era prima, lo sarà anche d’ora in avanti. È una bella persona, vedrete che saprà far bene anche da presidente della Camera». Amico di Lorenzo lo era anche Flavio Tosi. O, meglio: Fontana è una «creatura» di Tosi diventata suo amico prima dello scisma dell’ex sindaco: «È un ragazzo sveglio. È arrivato nella Lega che io ero segretario provinciale. Poi, da sindaco io e consigliere lui, abbiamo fatto tutta la campagna elettorale del 2009. Ho dei bei ricordi», narra Tosi. «Abbiamo girato in lungo e in largo tutto il Veneto per la sua candidatura alle Europee. Praticamente vivevamo insieme tutto il giorno. Fu uno spasso oltre che una cavalcata vittoriosa».

Quella volta, Fontana non fu eletto. Nel 2014 lui e Tosi erano di nuovo fianco a fianco: «Venni eletto», racconta l’ex sindaco. «Vinsi e gli lasciai il posto a Bruxelles». Lorenzo e Flavio. Le loro strade, poi si sono divise. Tosi è andato a cozzare contro Salvini, a Bruxelles Fontana è diventato amico di Salvini. E i due si sono allontanati. Il resto è storia recente. L’ultima cavalcata ha portato l’ex enfant prodige dal Saval allo scranno più alto di Montecitorio. Fuori dalla chiesa capannone del Saval il piccolo Lorenzo diceva agli amici intorno a lui che da grande avrebbe fatto il Presidente della Repubblica: avanti così...

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Roberto Vacchini

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