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L'intervista

Recalcati: «Cicatrici e Tik Tok, la scuola faccia capire che ci sono cose più belle»

Il noto psicoanalista ieri ha tenuto la sua prima lezione di Psicologia dinamica all'università di Verona. La sua riflessione sui disagi dei giovani e sul ruolo degli insegnanti
Massimo Recalcati all'ateneo veronese
Massimo Recalcati all'ateneo veronese
Recalcati all'Università di Verona

«L'esistenza di un disagio giovanile diffuso e accentuato dopo il Covid è un dato di fatto. Ma è un errore pensare all'esistenza di una "generazione Covid". Significherebbe vittimizzare i nostri figli, dare loro l'alibi del trauma provocato dall'esperienza dolorosa della pandemia. Il disagio non va amplificato né sottovalutato, ma intercettato nel modo giusto». Uno spunto lanciato dal noto psicoanalista Massimo Recalcati, che ieri ha tenuto la sua prima lezione di Psicologia dinamica all'università di Verona nell'ambito del corso di laurea in Scienze pedagogiche.

Da anni l'impegno scientifico di Recalcati è teso a rintracciare i fattori dominanti attraverso cui prende forma il malessere soggettivo e durante le sue lezioni veronesi toccherà una tematica di grande interesse, ossia le nuove forme di disagio giovanile che lui stesso definisce «nuove melanconie» nel suo ultimo saggio, caratterizzate dall'incapacità e dalla difficoltà dei ragazzi di dare un senso all'esperienza. Argomento di estrema attualità, dopo l'emersione anche a Verona di un nuovo fenomeno social da tenere sotto osservazione, la «cicatrice francese», una serie di tutorial diffusi su Tik Tok in cui i ragazzini spiegano come autoinfliggersi un livido da esibire come un segno distintivo di orgoglio e di appartenenza.

Cosa significa questa diffusione di un fenomeno del genere?

È la spia di un disagio, magari anche collettivo che va affrontato pure a scuola, senza diventare una cassa di risonanza per i sintomi che ne sono l'espressione.

Qual è il modo giusto per intercettare questo disagio?

Potenziare il lavoro della scuola a tutti i livelli e favorire la possibilità di accesso a percorsi di psicoterapia che non escludano nessuno dal punto di vista economico. Occorre una politica di abbattimento delle tariffe, altrimenti la psicoterapia continuerà a selezionare i pazienti in base al reddito.

Lei cosa farebbe in una classe?

Cercherei di capire cosa posso fare, come insegnante, per rendere più attraente quello che faccio. La vera prevenzione a scuola non si fa parlando delle cattive pratiche, ma spiegando bene la grammatica della lingua, le formule dell'algebra, la poetica di Petrarca... Cioè, animando il sapere e facendo in modo che questo sapere sia più interessante di Tik Tok.

Un'opinione molto lontana da quella di chi invece ritiene utile parlarne proprio per fare prevenzione...

Se spieghiamo nel dettaglio ai ragazzi cosa sono l'anoressia o la tossicomania, rischiamo di favorire l'effetto emulazione. Il pericolo di interventi che a prima vista sembrano corretti, perché distribuiscono informazione, è di accendere una curiosità che può manifestarsi come morbosa.

Sembra sempre più faticoso entrare in comunicazione con gli adolescenti. All'università di Verona lei tiene un corso che prepara i futuri insegnanti: qual è il messaggio che vorrebbe dare loro?

La meta di ogni insegnamento è accendere il desiderio degli allievi, ma per farlo bisogna che un insegnante abbia il proprio desiderio acceso. Lo stesso messaggio lo lancerei agli alunni: la cultura non è un sapere morto contrapposto alla vitalità della vita. La cultura è il luogo dove si dovrebbe trasmettere la potenza della vita, è una forma alta di manifestazione del senso della vita. Invito i giovani a riflettere bene su questo.

Gli studenti del Veneto si mobilitano per lo psicologo di base e protestano contro un sistema che per loro è troppo competitivo e merito-centrico. Le che ne pensa?

Da un lato sento la spinta a sostenere una scuola dove non venga meno il criterio della prova, il rigore dello studio e la fatica dell'apprendimento. Dall'altro lato sono contrario al modello, che purtroppo ancora sopravvive in molte delle nostre realtà scolastiche, che tollera un uso bullista del potere del voto e della numerologia. Sono i due grandi sintomi della nostra scuola..

Laura Perina

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