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Il caso

Studentessa bendata, una mamma difende l'insegnante: «Ho visto come è andata»

Studenti in didattica a distanza
Studenti in didattica a distanza
Studenti in didattica a distanza
Studenti in didattica a distanza

«Un'ottima insegnante, che svolge con passione e dedizione il proprio mestiere, anche oltre le ore di scuola». La persona al centro di queste affermazioni è la docente veronese di tedesco che avrebbe indotto un'alunna di seconda superiore a bendarsi durante un'interrogazione a distanza, per dimostrare che la sua preparazione non fosse dovuta a qualche appunto «nascosto».

La vicenda ha avuto una eco nazionale e ora è al vaglio dell'Ufficio scolastico regionale per il Veneto, che dovrà accertare come siano andate realmente le cose. Se da un lato, infatti, ci sono le parole della studentessa - «mi sono sentita umiliata» - la sua foto con la sciarpa sugli occhi e le segnalazioni di altri episodi analoghi rimbalzate nelle chat di classe e fino al preside, che sta raccogliendo le testimonianze, dall'altro non mancano le attestazioni di stima nei confronti della professoressa, espresse in massima parte dai genitori dei liceali.

Su L'Arena di ieri una mamma ha difeso la docente, spiegando che «si è sempre preoccupata del bene dei nostri ragazzi». Oggi un papà ci scrive, chiedendo di rimanere anonimo: «Personalmente ritengo la cosa al massimo una leggerezza, un peccato veniale, dettato più da una volontà di fare bene il proprio lavoro, piuttosto che di punire o umiliare».

Il genitore, che l'ha definita appunto «un'ottima insegnante», ricorda «l'entusiasmo e la buona volontà con le quali ha organizzato e accompagnato negli anni scorsi i nostri ragazzi nelle settimane di soggiorno-studio in Germania» e chiede «un po' di sana tolleranza da parte di tutti», poiché la pandemia ha messo alla prova «i ragazzi ma anche gli adulti, le istituzioni e la scuola con gli insegnanti», ma «il nemico comune di certo non porta il nome di quella professoressa».

Si fa avanti anche la mamma di una compagna di classe della giovane bendata di fronte al computer, che quel giorno si trovava a casa in smartworking e ha assistito a una parte della scena, dopo essere entrata nella stanza della figlia in Dad. «La professoressa», racconta, «ha chiesto ai ragazzi interrogati (tre, nda) di coprirsi gli occhi, ma non durante, bensì prima che iniziasse la verifica». Dunque non si sarebbe trattato di un metodo repressivo, semmai preventivo, «per non metterli in ansia nel bel mezzo della prova». È diventata virale l'immagine dell'alunna con la sciarpa, «ma anche gli altri si sono coperti gli occhi, nello specifico con una mascherina, probabilmente la prima cosa che avevano a portata di mano», dice la signora. «La docente li ha messi a proprio agio, ha chiesto loro se fossero rilassati e solo quando loro hanno risposto di sì, è partita con le domande».

Perché, allora, l'episodio ha assunto contorni così clamorosi? La mamma non se lo sa spiegare se non con il fatto che «anche se la richiesta è stata avanzata con gentilezza, ci sarà chi sostiene che non sia stato giusto». Ma, aggiunge, «a domanda secca, mia figlia mi ha risposto che un'interrogazione con occhi chiusi è l'unico modo per non ricevere aiuti dall'esterno. Chiaro che se non ci fossero scorrettezze, non servirebbe chiedere agli studenti di non barare. La vicenda va inserita nel contesto di una Dad che non funziona». La signora ha inviato una lettera alla professoressa, sottoscritta da alcuni altri genitori: «La nostra stima nei suoi confronti rimane immutata»

Laura Perina

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