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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Pnrr, i giovani non sanno cos'è: «Aspetta che guardo il cellulare». Ma le idee non mancano

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Giovani e Pnrr, molti non sanno bene cos'è (foto Marchiori)
Giovani e Pnrr, molti non sanno bene cos'è (foto Marchiori)
Giovani e Pnrr, molti non sanno bene cos'è (foto Marchiori)
Giovani e Pnrr, molti non sanno bene cos'è (foto Marchiori)

Le nuove generazioni saranno il fulcro della programmazione post pandemia, ma la maggioranza dei diciotto-ventenni non conosce, nemmeno per sentito dire, il Pnrr che ai giovani dedica, direttamente e indirettamente, numerosi interventi. Nessuno azzecca il significato dell’acronimo («Piano nazionale di ripresa e... Restauro?») e pochi sanno darne una definizione (però «Recovery Plan mi dice qualcosa»), ma quando internet arriva in aiuto dallo smartphone ecco che, invece, molti hanno le idee chiare su come dovrebbero essere investiti i fondi in arrivo dall’Europa.

«La riqualificazione urbana è centrale e passa dalla rigenerazione del tessuto sociale», afferma Emanuele Amadei, studente di Ingegneria, che incontriamo fuori dal Polo Zanotto dell’università. «Qui a Veronetta c’è Palazzo Bocca Trezza, sistemarlo e adibirlo a scopi sociali potrebbe essere un’idea». È d’accordo Alessandra Nalin, iscritta a Beni culturali. «Il quartiere si è svalutato negli anni, ma non è il solo», dice. «Penso a Golosine, dove farei un piano per l’edilizia popolare di qualità e spazi per lo sport». «Sono un attore e penso subito al teatro e alle piccole compagnie che hanno sofferto in questi ultimi due anni. Il teatro comunale Camploy andrebbe rimesso in sesto», fa eco Paolo Cristani, studente di Scienze psicologiche. Sanità, economia e istruzione, «che è alla base di tutto», sono le priorità per Filippo Leso, studente di Fisioterapia. «Ma investirei sui corsi di laurea già esistenti, anziché crearne di nuovi, per non sovrapporre le competenze», sottolinea. Mentre Viviana Ossato e Alice Todoverto, iscritte all’Accademia di Belle Arti, danno la precedenza, «per deformazione professionale», al patrimonio culturale. «L’anno scorso abbiamo fatto dei restauri didattici al Cimitero monumentale», raccontano. «Se si parla di sostegni al patrimonio, i cimiteri d’arte andrebbero presi in considerazione».

Fra gli studenti più giovani c’è la speranza che qualche risorsa venga effettivamente messa sul piatto per far funzionare un po’ meglio il sistema educativo. «Missione 4: istruzione e ricerca. 30,88%. Onesto», dice Giulio Malà, del liceo Maffei, leggendo ad alta voce la ripartizione dei fondi del Pnrr, che ha trovato online. «Soldi per la scuola sembra ce ne siano sempre, chissà perché non portano mai a grandissime innovazioni. Forse è la volta buona», sorride. L’attenzione è rivolta soprattutto ai miglioramenti concreti: «Gli spazi non sono sufficienti e anche un semplice sistema di areazione è diventato fondamentale. Mancano insegnanti e se ne sente la carenza soprattutto in questo periodo», afferma Aurora Savio. E ancora: «Con la Dad abbiamo visto quanto sia importante la tecnologia. Ma la scuola avrebbe bisogno di ripensare il metodo didattico, di puntare di più sull’orientamento e sulle esperienze formative che possano indirizzarci alla scelta post diploma», dice Elisa Guidan. E per Vittoria Del Bello, «è necessario investire sulle politiche attive del lavoro per quei giovani che non studiano e non lavorano».

Laura Perina

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