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Anche nel Veronese

«Manca il personale sanitario». Case di riposo a rischio chiusura

Circa un 30% in meno degli infermieri necessari
Casa di riposo di Arcole, Verona (Diennefoto)
Casa di riposo di Arcole, Verona (Diennefoto)
Casa di riposo di Arcole, Verona (Diennefoto)
Casa di riposo di Arcole, Verona (Diennefoto)

La carenza di infermieri ha già provocato una riduzione di servizi nelle strutture per anziani nel Veronese e rischia di far si che si arrivi anche qui alla chiusura delle case di riposo, come è avvenuto recentemente in provincia di Belluno.

 

A riferire l'esistenza di una situazione di emergenza è Elisabetta Elio, che è vicepresidente di Uneba Veneto, l'associazione delle istituzioni di assistenza sociale, e che parla a nome degli 80 centri servizi per la terza età che, compresi quelli per religiosi, sono attivi nel Veronese.

 

«Si dice che i familiari devono poter abbracciare i loro congiunti ospiti delle case di riposo, ma, se va avanti così, c'è il serio rischio che debbano portarseli a casa, perché non c'è la possibilità di garantire loro un'assistenza infermieristica adeguata», dice Elio. La quale è la direttrice di una delle realtà più grandi del Veronese: la Pia Opera Ciccarelli, che ha la propria sede centrale a San Giovanni Lupatoto e gestisce nove strutture, sparse fra città e provincia.

 

«Nel Veronese, come in tutto il Veneto, manca il 30% degli infermieri, si tratta di più di 170 dei circa 500 previsti, e la situazione peggiorerà ancora, visto che molti hanno partecipato ai concorsi della sanità pubblica e per ora rimangono nei nostri centri solo in forza del distacco temporaneo reso possibile da una recente disposizione regionale», continua la direttrice. Dopo aver spiegato che le carenze si manifestano da anni, a causa del fatto che i corsi universitari sfornano meno laureati di quelli che servirebbero e, probabilmente, anche di una perdita di attrattività delle professioni legate all'assistenza, precisa che ora tutte le strutture sono sul filo del rasoio.

 

«Sono molti i centri servizi del Veronese in cui, proprio a causa di questa situazione, nel riprendere l'attività ordinaria dopo la fase più acuta della pandemia, sono stati lasciati chiusi alcuni nuclei», rivela Elisabetta Elio. Prima di affermare che un aiuto potrebbe venire da una norma regionale che prevede di conferire di mansioni infermieristiche ad operatori socio-sanitari. Una regola contro la quale, però, è stata avviata un'azione a livello nazionale che ha come protagonisti non solo il coordinamento degli Ordini delle professioni infermieristiche, ma anche un gruppo di parlamentari di Italia Viva, hanno presentato un'interpellanza urgente al ministro della Salute Roberto Speranza.

 

Fra i firmatari dell'istanza c'è anche il deputato veronese, nonché sindaco di Garda, Davide Bendinelli. A lui ora Uneba Veneto ha scritto, con l'obiettivo di fargli cambiare idea. «La delibera regionale prevede che vengano dati compiti di supporto ad operatori specializzati, che hanno affrontato un percorso formativo aggiuntivo per questo e che sgravano in parte il lavoro degli infermieri senza sostituirli», spiegano i rappresentanti delle case di riposo.

 

«Certo non è questa la soluzione alla carenza del personale infermieristico, ma resta il fatto che non bisogna privare dell'assistenza gli anziani, in un momento in cui le richieste di inserimento nelle case di riposo, di persone peraltro mediamente molto fragili, è in aumento», aggiungono. Quindi, chiedono a Bendinelli cosa propone «per fronteggiare le criticità che stanno travolgendo il mondo dell'assistenza sociosanitaria e sociale veronese, oltre che veneto».

 

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Luca Fiorin

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