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Il racconto

Dal barcone al caporalato: «Avevo un sogno, ma è finito nello schianto»

Mounim Zohair, 32 anni, uno dei due sopravvissuti all'incidente avvenuto venerdì a San Pietro in Gu racconta la propria odissea
Mounim Zohair, 32 anni, uno dei due sopravvissuti all'incidente avvenuto venerdì
Mounim Zohair, 32 anni, uno dei due sopravvissuti all'incidente avvenuto venerdì
Mounim Zohair, 32 anni, uno dei due sopravvissuti all'incidente avvenuto venerdì
Mounim Zohair, 32 anni, uno dei due sopravvissuti all'incidente avvenuto venerdì

«Sono venuto in Italia per cercare un futuro migliore e spero ancora che possa essere così». Mounim Zohair, il 32enne sopravvissuto all'incidente avvenuto venerdì scorso a San Pietro in Gu (Padova), lungo la statale «Postumia», è un irregolare arrivato in Italia dalla Spagna con un barcone partito dal Marocco.

Seduto su una vecchia poltrona in un appartamento dove vivono numerosi connazionali in via Predicale a Cologna Veneta, Mounim da giorni rivive il drammatico scontro frontale con un camion proveniente dalla corsia opposta, avvenuto a suo dire perché «l’auto aveva i freni consumati. Per fermarci usavamo il freno a mano, venerdì volevamo evitare l’auto che si era fermata davanti a noi».

Nell’impatto con il mezzo pesante hanno perso l’autista Soufiane Assaoui, 23 anni marocchino che viveva a Cologna Veneta, S.O., 27 anni nigeriano residente nel vicentino, Y.C., 26 anni marocchino e I.H., 21 anni marocchino, entrambi di Cologna. Mounim e un altro connazionale A.A, ricoverato in ospedale a Cittadella, sono gli unici superstiti dell’incidente. Il veicolo era una Fiat Multipla fornita da una cooperativa di Cologna in liquidazione per cui lavoravamo in nero e che nel 2019 aveva attirato i controlli della Guardia di Finanza per problemi legati ad evasione e caporalato. In Marocco il trentaduenne, che non è sposato e non ha figli, faceva il muratore. La paga era di 20 euro al giorno, un salario che gli permetteva di sbarcare il lunario ma non di vivere come avrebbe voluto.

«I miei fratelli erano già in Italia, ho deciso che anch’io volevo provare a migliorare le mie condizioni di vita». Un desiderio legittimo quello di Mounin, che si è scontrato però con l’amara realtà italiana. Era partito un anno e mezzo fa dal sud del Marocco con una piccola barca con a bordo accalcate almeno altre 30 persone e per due giorni è rimasto in mare. La rotta era quella dell’oceano Atlantico e prevedeva di passare dalle isole Canarie, stando attenti a non imbattersi nelle navi della marina militare della Spagna, per approdare quindi vicino a Gibilterra. «Avevo paura che la barca si ribaltasse ma fortunatamente siamo riusciti ad arrivare sulla terraferma», confida Mounim, «e da lì mi sono messo in viaggio ed ho raggiunto i miei fratelli in Italia».

Privo di permesso di soggiorno, in Italia ad attenderlo non c’era un lavoro, ma la speranza di trovarlo. Si è imbattuto però in connazionali senza scrupoli. Sfruttato nei campi con una paga di sei euro all’ora quando andava bene, senza pause, giorni di riposo garantiti e privo di qualsiasi tipo di tutela. Mounim, come sta emergendo dopo l’incidente di venerdì scorso, è infatti una delle tante vittime del caporalato, una piaga da combattere e che in Italia, se denunciata da chi la subisce, può anche portare ad ottenere il permesso di soggiorno. Lo prevede l’articolo 22 del decreto legislativo 109 del luglio 2012 secondo cui «lo straniero che presenta denuncia e coopera nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro, l’articolo 22, comma 12-quater, riconosce un permesso di soggiorno».

Tale permesso di sei mesi, rinnovabili «è rilasciato dal questore, su proposta o con il parere favorevole del procuratore della Repubblica, nelle sole ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo». Mounim, che nel frattempo si è rivolto ad una società di consulenza specializzata in risarcimenti, dovrà ora decidere se denunciare il suo datore di lavoro e sperare che così una disgrazia possa trasformarsi per lui in un’occasione di riscatto. ««Appena starò meglio deciderò cosa fare», conclude il 32enne.

Francesco Scuderi

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