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bovolone

Paziente picchia il suo medico: «Aggredito e gettato in strada. Così non si può andare avanti»

Il professionista si è rifugiato in casa da un vicino ma non è bastato
Il luogo dell'aggressione al medico a Bovolone
Il luogo dell'aggressione al medico a Bovolone
Il luogo dell'aggressione al medico a Bovolone
Il luogo dell'aggressione al medico a Bovolone

«Aiutateci, vi prego, aiutateci, abbiamo bisogno di protezione, siamo indifesi, non si può più lavorare con la paura costante di essere minacciati, offesi, aggrediti. Non è normale essere picchiati dai nostri pazienti, questa è un’emergenza da fermare subito, prima che ci scappi il morto. Fate qualcosa, diventate la nostra voce, scrivete quello che ci succede, serve una presa di coscienza collettiva, bisogna che la società e la politica siano in prima linea, al nostro fianco, per fermare questa deriva».

E ancora: «Io sono qui, per terra, in mezzo alla strada, forse ho la gamba rotta, non riesco a rimettermi in piedi, mi fa male il ginocchio, tremo, non sto bene, mi stanno soccorrendo i colleghi del 118, ma vi prego, la gente deve sapere cosa succede nei nostri ambulatori e quanto, ogni giorno, rischiamo».

L'urlo disperato dei medici

L’appello del dottor Berhane Tesfai, 69 anni, medico di famiglia a Bovolone, è un urlo disperato. Racconta, con il trambusto di sottofondo di ambulanza e carabinieri, di aver vissuto attimi tremendi, «in balia di un paziente esagitato, fuori di sé, una vera furia insieme alla moglie che era con lui».

Ieri nel tardo pomeriggio l’ha raggiunto in ambulatorio in via Don Carlo Gnocchi e, dopo un confronto «che ha subito preso i torni sbagliati, fuori dalle righe», è passato «dalle urla alle mani, fino a ridurmi così, inerme, ferito in mezzo alla strada».

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L'allarme dell'Ulss 9 

Solo pochi giorni fa l’Ulss9 aveva rilanciato l’allarme sull’emergenza aggressioni ai medici. Alla base della reazione dell’uomo, «uno straniero sposato ad una italiana, miei mutuati da 4-5 mesi», racconta il dottor Tesfai, «il fatto che, già dal mattino, volevano essere ricevuti, lamentandosi al telefono perché non mi rendevo disponibile subito. Ho spiegato loro che avevo altri appuntamenti e che, facendo i salti mortali, li avrei ricevuti verso sera. Non c’era nessuna urgenza: volevano portarmi gli esiti di esami ematologici. Così è stato, li ho accolti e appena entrati hanno iniziato a lamentarsi, offendendomi, usando improperi e criticando il mio modo di lavorare. Urlavano, erano minacciosi. Ho semplicemente risposto che “se non vi vado bene, potete scegliere un altro collega“. E da lì in poi, la reazione è stata ancora più violenta».

Aggredito, rincorso e gettato a terra

Visto che si metteva male e che in studio non c’era nessun altro che potesse difenderlo, il medico ha deciso di uscire e di andare a chiedere aiuto ai vicini. «Sono entrato in casa di un anziano che ha la porta accanto alla mia», continua Tesfai, «ma i due imbufaliti mi hanno raggiunto anche lì, sono riusciti a farsi aprire e a strattonarmi all’esterno. Nel parapiglia lui mi ha buttato per terra, ho sbattuto malamente una gamba e non sono più riuscito ad alzarmi. La gente che abita nella via ha visto tutto, ha chiamato i carabinieri e il Suem».

Tesfai parla al telefono, «incapace di alzarmi», di essere portato al Pronto soccorso di Legnago. Gli infermieri lo stanno medicando, i militari lo stanno sentendo insieme ai testimoni. «Spero di non avere nulla di rotto», sospira, «perchè domani ho tanti pazienti da visitare. Devo essere in ambulatorio al mio posto, già non ci sono medici, se poi i pochi in servizio li pestano e li mettono fuori uso, è arrivato il momento di fare qualcosa, c’è il dovere di tutti di intervenire. Vi prego, aiutateci, siamo indifesi, impauriti, trattati come criminali. Non si può andare avanti così». •.

Camilla Ferro

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