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Bollicine Gialloblù

Le due sfide di Marco Baroni, «el cabezon»

di Luca Mantovani
Marco Baroni
Marco Baroni
Marco Baroni
Marco Baroni

Diego Armando Maradona lo chiamava affettuosamente “El cabezon”.

Non tanto per la circonferenza della sua calotta cranica ma per l'abilità nel gioco aereo.

 

Il passato di Baroni al Napoli e al Verona

Insuperabile al centro della difesa, molto efficace anche in area avversaria, come successe il 29 aprile del 1990. Si gioca al San Paolo contro la Lazio. Punizione del Pibe de Oro dalla tre quarti, Marco Baroni stacca più alto di tutti, anticipa Gregucci e firma l’uno a zero per il Napoli. Quel gol restò negli annali, regalò ai partenopei la vittoria e la matematica certezza del secondo tricolore.

Pedina insostituibile di quella squadra che firmò un’impresa storica – insieme a campioni come Maradona e Careca, Alemao e Ferrara – Baroni sbarcò qualche anno dopo a Verona, sponda Hellas, voluto da mister Attilio Perotti per ripartire dalla B. Difensore di razza, punto di riferimento nello spogliatoio, con sette gol in un anno contribuì in maniera determinante alla promozione. Restò anche in A, indossò la fascia di capitano, chiuse la carriera professionistica due anni dopo quando lasciò Verona per la Rondinella, squadra toscana a due passi da casa sua, dove tirò gli ultimi due calci al pallone, appese le scarpe al chiodo e iniziò la sua carriera da allenatore.

 

Con Malesani

Tornò in riva all’Adige qualche anno dopo, vice di Alberto Malesani, in una delle stagioni più complicate per la società gialloblù, quella seguente alla rocambolesca retrocessione del 2002 dopo la sconfitta di Piacenza. Un “cuscinetto” tra il tecnico, il presidente Pastorello – sempre più contestato dalla tifoseria – la squadra e la città.

Quella squadra che era stata “smontata” nella campagna estiva di acquisti e soprattutto svendite raggiunse una salvezza molto sofferta, alla fine se andò Malesani e partì anche Baroni che iniziò la sua carriera da tecnico.

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Le ultime stagioni di Baroni

Sessant'anni fra poco più di un mese, toscano atipico, poche parole e tanti fatti, il nuovo allenatore del Verona ha regalato ai suoi estimatori stagioni altalenanti anche se, negli ultimi anni, ha firmato due promozioni storiche dalla B alla A – su tutte quella del Benevento nel 2019 poi quella del Lecce nel 2022 – e soprattutto la salvezza dei giallorossi salentini nell’ultimo campionato con una squadra fatta di tanti giovani, molte scommesse e un paio di veterani.

Un mix di leggerezza, razionalità tattica e aggressività a tutto campo che ha consentito ai pugliesi di mettere insieme punti importanti soprattutto nella prima fase del torneo. Chiusa la parentesi a Lecce riparte dall’Hellas che deve cancellare con un colpo di spugna tutti i patemi che ha dovuto affrontare nell’ultima stagione. La salvezza arrivata a Reggio Emilia nello spareggio con lo Spezia non può nascondere le difficoltà manifestate dalla squadra fino a novembre, prima della sosta per Mondiali, quando erano arrivate dieci sconfitte consecutive e cinque punti in quindici gare. Sean Sogliano, il principale autore del “miracolo sportivo” che ha tenuto il Verona in A, ora ha pieni poteri e ha voluto accanto a sé proprio Marco Baroni, molto diverso caratterialmente dal direttore sportivo ma con una filosofia di lavoro che fa di razionalità e determinazione due caratteristiche imprescindibili. Si dice che qualche anno fa, quando arrivò alla Juve, alla guida del settore giovanile, diede subito un’indicazione importante.

“Ogni ragazzo deve giocare almeno il settanta per cento delle partite. Altrimenti vuol dire che abbiamo sbagliato noi quando lo abbiamo selezionato”.

Una piccola rivoluzione che portò tanti giovani bianconeri alla prima squadra e che ancora adesso giocano tra i professionisti. In pochi giorni di lavoro all'Hellas ha già messo in chiaro la sua idea di gioco – dopo tanti anni di difesa a tre si torna a quattro dietro, per esempio – ha tracciato una linea molto chiara sull’importanza della preparazione fisica, sta lavorando sul materiale umano che è stato messo a disposizione della società, senza intervenire sulle possibili mosse di mercato, in entrata e in uscita. Ha gestito senza polemiche l’addio al veleno di capitan Veloso.

“Staccarsi è sempre difficile ma il calcio corre e bisogna guardare avanti”, ha detto al momento della presentazione. Con fermezza. Senza mancare di rispetto al guerriero di tante battaglie. Fin dalla prima amichevole, seppur contro i dilettanti di Primiero, si vede che la squadra ha cambiato rotta e ha un’identità diversa. Ma il calcio d’estate non porta punti e Baroni, fra qualche settimana, dovrà cimentarsi in un campionato molto più competitivo rispetto a quello dello scorso anno, dopo la promozione di Genoa, Cagliari e Frosinone che non hanno certo l’intenzione di vestire i panni delle “vittime sacrificali”. Non sarà facile rimanere in A ma quello che è successo nell’ultima stagione può servire da lezione, non solo a Setti e Sogliano ma anche al tecnico.

Marco Baroni affrontare due nuove sfide, molto intriganti. Fare risultato e riportare entusiasmo tra la gente gialloblù. Venticinque anni fa lasciò un segno nella storia dell’Hellas da giocatore, adesso cercherà di farlo da allenatore. Buon lavoro mister ...

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