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Viaggio tra le gallerie di guerra del Corno Battisti

La spettacolare cengia che porta all'imbocco di una galleria
La spettacolare cengia che porta all'imbocco di una galleria
Corno Battisti (Mafrici)

La salita al Corno Battisti è una camminata nella storia recente dell’Italia, quella legata alla Grande guerra. Siamo in Vallarsa, fra il Carega e il Pasubio, montagne simbolo delle nostre Prealpi, aspre, ripide, selvagge. Tutti i sentieri sono così, poco agevoli, e da questo versante decisamente anche poco battuti.

Chi ha voglia di fare fatica qui trova pane per i suoi denti. Io, con il mio collega Enrico, sono partito da Valmorbia, località oggi semi sconosciuta ai più eppure resa immortale da una poesia di Eugenio Montale, che raccontò in versi la sua esperienza di guerra con il suo reparto ai piedi di quello che geograficamente si chiama Corno di Vallarsa (1.778 m), intitolato poi a Cesare Battisti, l’irredentista trentino che sulla sella che porta in vetta - la Selletta Battisti - venne catturato dagli austriaci insieme all’altro patriota Fabio Filzi, il 10 luglio 1916: due giorni dopo entrambi vennero impiccati a Trento.

Tra storia e poesia

Valmorbia (che si raggiunge salendo da Rovereto per il Pian delle Fugazze) è la montaliana terra dove «le notti chiare erano tutte un’alba», un angolo di Trentino lontano dall’iconografia classica di questa regione alla quale il turismo ha cambiato pelle. Qui si incontra subito la montagna della fatica, del bosco impervio da pulire e tagliare, nella quale domina la dimensione verticale. Lo si capisce subito appena parcheggiata l’auto (area di sosta a Tezze, 750 m).

Il cartello parla chiaro: 3 ore e mezza per il Corno Battisti, che spunta sopra il bosco con le sue pareti calcaree. Prima su ripida strada e poi su sterrata si arriva a un bivio segnalato. Si va a destra (sentiero Cai 122A, a sinistra il 123 che utilizzeremo per la discesa) e dopo un breve tratto piano inizia la durissima salita nella faggeta. Il sentiero, disagevole, a tratti sassoso e coperto di foglie, segue una specie di toboga che in passato veniva utilizzato per portare i tronchi a valle. Meglio fare attenzione ai segni biancorossi ma la direzione è evidente. La salita non molla mai e in poco meno di due ore si sbuca sulla Sella della Trappola (1.434 m.) dove arriva anche il sentiero che sale da Anghebeni (Valle delle Grobbe, punto di partenza alternativo, con discesa da Bocchetta Foxi).

Kit da ferrata, caschetto e pila frontale: ecco le gallerie

Ripreso fiato, si va a sinistra fino a imboccare il sentiero attrezzato Franco Galli, che è opportuno percorrere utilizzando il kit da ferrata, con caschetto e una pila frontale per visitare le gallerie. Il tracciato sale lungo la cresta toccando varie postazioni in grotta, fra le quali il panoramico Cappuccio di Pulcinella, che guarda verso Rovereto: all’orizzonte si stagliano le cime innevate del Carè Alto, dell’Adamello, della Presanella.

Gallerie, traversi e tratti attrezzati si alternano nella salita. Non ci sono particolari difficoltà tecniche, a parte un po’ di esposizione (ma ci sono i cavi). Una prima, lunga scalinata di cemento all’aperto, realizzata dai soldati italiani, ci introduce nell’ambiente del Corno, che è sopra le nostre teste. Si sale un’altra scalinata, stavolta all’interno di una galleria di guerra, poi si percorre una cengia attrezzata che risale fra le rocce fino a raggiungere l’accesso principale al sistema di tunnel di mina inferiore, scavato dai soldati italiani e lungo 700 metri (segnalazioni).

L’obiettivo era quello di far saltare la cima del Corno, occupata dagli austroungarici, che a loro volta erano impegnati nello scavo di gallerie contromina, che occupano la parte superiore del Corno (accesso dalla cima). Questa rete di gallerie ricorda molto la Cengia Martini, scavata nel cuore del Lagazuoi, e dà la misura dell’immane sacrificio dei soldati di entrambi gli eserciti che combatterono quella guerra sotterranea. Una rete che non servì alla conquista della cima, che venne espugnata nel maggio del 1918 dagli italiani.

Ultime fatiche e poi la vista spettacolare

La rete inferiore si percorre seguendo una scalinata nella roccia a destra, che porta alle gallerie superiori e al Posto di Medicazione, aperto sulla parete calcarea del Corno. Un tracciato emozionante che impone l’uso del caschetto e della frontale. Anche se è poco sopra le nostre teste, non è possibile salire in vetta e, evitate alcune deviazioni chiuse per crollo, si deve scendere fino all’imbocco del Pozzo della Carrucola, una lunga scala verticale attrezzata che ci porta all’uscita delle gallerie italiane. Questo punto si può raggiungere anche con un tracciato più aperto, tenendo la sinistra rispetto alla galleria principale che, oltre un boschetto e un nuovo tratto roccioso, ci porta ai piedi della parete terminale del Corno, dove a destra un cartello segnala l’accesso al Pozzo della Carrucola.

Da qui si va a sinistra sul sentiero che risale fino alla cresta da dove, in pochi minuti, si arriva sulla cima del Corno, dove si trova l’accesso alla rete di gallerie sommitali austriache e la cima vera e propria, caratterizzata da altre postazioni e da un punto panoramico. Spettacolare il colpo d’occhio sul versante settentrionale del Carega, con i suoi severi canaloni innevati. Di fronte al Corno c’è la cima dello Zugna mentre alle spalle si nota il lungo crinale che da Bocchetta Foxi sale al monte Roite e, da qui, al Dente Austriaco e a quello Italiano, fino al Palon, la cima del Pasubio. Bello anche il panorama verso la lunga catena che dalle montagne bresciane arriva alle Dolomiti di Brenta.

Un panorama di prim’ordine, che spiega perché questa cima non particolarmente significativa venne contesa per anni dai due eserciti. La posizione strategica sulla Vallarsa ne faceva una posizione dalla quale controllare l’intero settore occidentale del Pasubio.

Nella discesa infinita, i cippi di Battisti e Filzi

Per la discesa si torna al bivio per Valmorbia e, poco oltre, alla Selletta Battisti, dove si trovano i cippi che ricordano il sacrificio di Battisti e di Filzi. Da quel tragico 1916 sono trascorsi oltre cent’anni ma a quanto pare per qualcuno la pacificazione è ancora una parola inaccettabile, visto che su entrambi i cippi è stata scalpellata via la parola «martire», ricalcata di nuovo con un pennarello.

Si va a sinistra percorrendo a lungo il bel sentiero che traversa in quota fra prati e boschi, fino al Valico del Menderle (1.679 m). Si va a sinistra abbassandosi sotto il monte Spil lungo un sentiero ripido, sassoso e coperto di foglie, sul quale è molto facile scivolare. Prestare attenzione.

Una discesa infinita (quasi mille metri di dislivello) che sul sentiero 123 ci riporta al bivio sopra Tezze. Dalla Selletta Battisti calcolare 2 ore e mezza. Un anello faticoso ma appagante, che permette di visitare luoghi nei quali non mancano ancora oggi tracce di quel conflitto: filo spinato, lamiere, ossa, scatolette. Per capire davvero la tragedia devastante della Grande guerra bisogna venire quassù.

 

Claudio Mafrici

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