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Monte Rite, il forte con le Dolomiti intorno

Panorami ed emozioni sul tetto del Museo delle Nuvole
Panorami ed emozioni sul tetto del Museo delle Nuvole
Monte Rite

 Agner, Moiazza, Civetta, Pelmo. E poi Antelao, Sorapiss, le Tofane, il Lagazuoi, la Croda da Lago, ma anche le spettacolari pareti del Bosconero, il Tamer, le Pale di San Sebastiano, lo Spiz di Mezzodì. E come dimenticare il Sassolungo di Cibiana, il Duranno, gli Spalti di Toro? Dolomiti allo stato purissimo, insomma, dalla cima del monte Rite.

Il nome di questa montagna a molti probabilmente non dirà nulla. Eppure è in assoluto una delle cime più panoramiche del Bellunese, e lassù il «re degli Ottomila» Reinhold Messner ha creato il suo Museo delle Nuvole, il Messner Mountain Museum Dolomites (chiuso d’inverno). Basterebbe questo a motivare un’escursione fin lassù, anche con la neve, anzi soprattutto con la neve, perchè d’estate, oltre alla folla quotidiana (siamo pur sempre nel cuore delle Dolomiti), si aggiungono le navette che fanno mangiare la polvere a chi sale a piedi.

Quindi, viva le ciaspole o gli sci con le pelli. Il percorso, peraltro, è sempre battuto e chi sale trova di solito una larga traccia, percorribile anche con buoni scarponi ai piedi (utili i ramponcini per i tratti con neve dura o ghiacciati). Intanto vediamo di localizzarlo, questo monte Rite, che si raggiunge da Cibiana di Cadore, il paese dei murales, deviando dalla strada che da Pieve porta a Cortina d’Ampezzo. In auto si può salire al passo, la Forcella Cibiana (1.536 m), che è normalmente il punto di partenza. D’estate la cima si può traguardare anche in mountain bike, una super classica grazie alla strada militare lunga sette chilometri, realizzata a servizio del grande forte costruito sulla vetta all’inizio del ’900, che è il simbolo del Rite e nel quale è stato ricavato il Messner Museum.

Un «gigante» collocato non a caso lassù, visto dalla cima si domina una vasta zona a cavallo fra la Valle del Boite e la Val di Zoldo, strategica più che mai - almeno in teoria - durante la Grande guerra, vista la vicinanza del confine con l’Austria. La salita richiede circa 2 ore e mezza, il dislivello è di 650 metri. Seguendo la strada non ci sono problemi, anche se non mancano un paio di punti soggetti a valanghe. Al primo tornante si stacca anche il sentiero Cai 479 per il Troi d’Orlando, percorso alternativo per salire al forte e sulla vetta del Rite, che taglia le serpentine della carrareccia militare andando a collegarsi con il tracciato principale a Forcella Deona (attenzione con tanta neve).

Un altro itinerario per la cima, un po’ più lungo, molto usato d’estate e quasi tutto nel bosco, parte poco sotto il passo, scendendo sul versante di Forno di Zoldo, esattamente dai Quattro Tabià (sentiero Cai 494), per la Forcella Val Inferna (1.748 m) e Forcella Deona. Diciamo che, in generale, i sentieri da queste parti sono ben tenuti e battuti anche nei mesi freddi, ma serve comunque grande cautela dopo abbondanti nevicate, anche sulla stradina principale. Aggiungo che, essendo questo essenzialmente un itinerario panoramico-culturale, a mio parere la strada resta il percorso migliore, anche in discesa, quando si riescono ad apprezzare ancora di più gli scenari delle Dolomiti cadorine a cui in salita si volgono le spalle.

Arrivati a Forcella Cibiana si individua subito il tracciato, che dal rifugio Remauro risale il pendio del Rite lungo la bella carreggiabile (il sentiero 479 già citato) realizzata all’inizio del secolo scorso dallo Stato maggiore dell’Esercito. L’origine militare della stradina garantisce pendenze sempre tranquille e solo nell’ultimo tratto la salita si fa un po’ più accentuata. Inoltre, l’esposizione a sud è perfetta nei mesi più freddi, perchè vuol dire sole fino in cima. Il tracciato risale fra larici e abeti fino a quando il panorama inizia ad allargarsi e si comincia a capire perchè questo è uno dei sentieri più frequentati delle Dolomiti.

 

Monte Rite (Mafrici)

 

Intorno ai 2.000 metri di quota si imbocca una galleria nella quale bisogna prestare massima attenzione a causa del ghiaccio, quasi sempre presente fino a primavera, in particolare all’uscita. Si prosegue lungo la carrareccia passando accanto a un primo edificio militare, con lapide che ricorda l’ascesa di Giovanni Paolo II, avvenuta nel 1992; in quegli anni il Papa polacco amava trascorrere le sue vacanze nel Cadore. Il panorama adesso è davvero spettacolare ma a Forcella Deona (2.053 m) diventa grandioso, con la magnetica piramide innevata dell’Antelao a calamitare lo sguardo.

Da qui in avanti si sale con un lungo traversone più ripido fino al forte, nel quale è stato ricavato, oltre al Messner Museum, anche il rifugio Dolomites (d’inverno aperto nei fine settimana). La vetta del Rite è vicinissima: un breve tratto più ripido ci porta ai 2.183 metri della cima, che offre un panorama giustamente celebrato, con praticamente tutte le Dolomiti orientali a chiudere gli orizzonti. La parte sommitale della montagna è di fatto una articolata struttura militare, costruita dall’Esercito italiano, con la lunga caserma collegata al forte vero e proprio, in batteria con quattro cupole girevoli, con una rete di gallerie, pozzi, postazioni, polveriera, magazzini e piazzole di artiglieria.

Realizzato a partire dal 1911, dopo una travagliata gestazione, venne ultimato a guerra già iniziata, nel luglio del 1915, ma non ebbe mai un ruolo significativo, essendo una seconda linea rispetto al fronte principale. Abbandonato e danneggiato dalla guarnigione in ritirata dopo Caporetto, fu occupato dagli Austriaci che lo depredarono. I «recuperanti» alla fine del conflitto completarono l’opera, asportando buona parte delle strutture metalliche. Dopo un lungo oblio il forte del Rite è rinato nel 2002 dopo una imponente ristrutturazione per la creazione del Museo delle Nuvole. Il rientro consigliato, come detto, è sempre dalla stradina. In meno di due ore si è alla macchina.

Claudio Mafrici (claudio.mafrici@larena.it)

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