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bici e monti

Le foreste Casentinesi in mountain bike: uno dei parchi italiani più belli ma meno noti

A spinta nella faggeta: gli strappi non mancano nel Casentino
A spinta nella faggeta: gli strappi non mancano nel Casentino
Le foreste Casentinesi (Mafrici)

In Appennino alla scoperta di uno dei parchi nazionali più belli ma meno noti d’Italia: quello delle Foreste Casentinesi. Un terreno ideale per chi ama la mountain bike visto che presenta una infinità di itinerari non difficili, immersi in una natura rigogliosa e spettacolare.

Due note geografiche: siamo al confine fra Emilia Romagna e Toscana, ma il Parco si sviluppa quasi tutto sul crinale nord-est fra le province di Forlì e Cesena. Per arrivare: autostrada A22 fino a Carpi, poi A1 fino a Bologna e poi A14 fino a Cesena, quindi E45 fino a Bagno di Romagna. Da qui si sale al passo dei Mandrioli (1.173 m) lungo una bella strada caratterizzata da imponenti stratificazioni rocciose; oltre il passo si scende per poco più di un chilometro fino alla località Cancellino, sul versante di Badia Prataglia, dove si parcheggia.

Le Foreste Casentinesi sono una delle più belle aree wilderness d’Italia, con una estensione che sfiora i 37mila ettari, quasi interamente a bosco, faggeta soprattutto. La cima più elevata è il monte Falterona (1.654 m) dove ci sono le sorgenti del fiume Arno. Il Parco è conosciuto anche per due comunità monastiche famose nel mondo, quella millenaria di Camaldoli fondata da San Romualdo, e quella della Verna, legata a San Francesco d’Assisi.

Due mete che da sole valgono assolutamente il viaggio. Attraversare le foreste del Casentino in mountain bike è una esperienza di immersione completa in una natura quasi primordiale, nel silenzio, lungo sentieri tutto sommato poco battuti ma comunque segnalati. Diciamo che la zona meriterebbe almeno tre-quattro giorni, a maggior ragione se si fanno escursioni, perchè 24 ore sono davvero troppo poche considerati i trasferimenti da e per Verona.

Meglio un weekend, dedicando magari il secondo giorno a un giro più turistico. Gli itinerari davvero sono numerosi (basta sfogliare il sito internet del Parco per avere un’idea dell’eccezionalità del posto), e le varianti sono infinite, come le scelte. A disposizione ci sono oltre 600 chilometri di sentieri escursionistici, quasi tutti percorribili anche in bicicletta. Una nota, positiva e negativa insieme, è il fogliame davvero abbondante, che a tratti costringe a faticose ravanate nel bosco, e soprattutto nasconde pietre e ostacoli.

Il saliscendi è comunque la caratteristica di quasi tutti gli percorsi, quindi meglio essere ben allenati, o avere una e-bike. Il punto di partenza classico per i biker è, come accennato, quello dal Cancellino (1.073 m, capolinea dell’antica ferrovia della Lama). Da qui l’immersione nella foresta è immediata e completa. Si imbocca l’evidente forestale sulla destra (nord) e si pedala nel bosco in direzione del passo dei Lupatti fino a imboccare, appena prima del passo, un sentiero che sale a sinistra e si porta sul crinale dove si comincia a faticare, con alcuni strappi che costringono i muscolari anche a scendere dalla mtb.

Sempre sul bel sentiero 00 si arriva prima al passo dei Cerrini (1.229 m), poi in decisa salita al passo della Crocina (1.294 m) dove, sempre sul tracciato doppio zero, ci attende un ultimo tiro fino al Poggio allo Spillo (1.438 m). In bella discesa, anche tecnica, si arriva alla strada dell’Eremo e poi al passo Fangacci (1.228 m, piccolo rifugio). Da qui si prosegue sullo 00, che regala dei tratti davvero bellissimi, fino alla località Prato alla Penna, dove si prende il sentiero n. 74 (attenzione) che ci fa atterrare a all’Eremo di Camaldoli (1.100 m). Una visita è assolutamente d’obbligo (anche se l’area monastica non è accessibile). Un luogo di pace e di spiritualità profonda.

Dall’eremo benedettino si pedala sulla strada asfaltata per qualche chilometro in direzione Lonnano, fino alla località Battilocchio dove si va a destra per La Maremmana (segnaletica Mtb 8). Si pedala in salita, sempre nel bosco per un bel tratto (strappi e saliscendi) fino a quando, di nuovo in discesa, si apre una radura: è l’Aia di Dorino (incrocio di sentieri). Da qui, siamo a circa 1.200 metri di quota, si seguono ancora i cartelli di legno Mtb 8 che, con altri saliscendi ci porta sulla strada asfaltata che da Stia sale al passo della Calla. Un’ultima fatica, e una raffica di curve, e si arriva al valico (ristoro, 1.296 m). Da qui si riprende il sentiero 00 che, con più sali che scendi e parecchi tratti a spinta (per i muscolari), percorre il lunghissimo e faticoso crinale fino alla vetta di Poggio Scali, il «tetto» del giro (1.521 m), dove in genere il panorama è notevole (ma io ho visto poco).

Picchiata sul passo Porcareccio (1.453 m), quindi si prosegue sempre sul crinale prima in discesa (pietre e radici, attenzione) e poi in salita fino al Giogo di Secchieta (1.383 m), quindi ancora discesa fino al Gioghetto (1.239 m). Il sentiero di crinale prosegue alternando ancora discese e salite su terreno non sempre agevole. E visto che, a questo punto, la stanchezza comincia a farsi sentire, una soluzione potrebbe essere quella di raggiungere il vicino Prato alla Penna, dove si incrocia la strada che scende a curve fino a Badia Prataglia (830 m). Da qui si risale, faticosamente (250 metri di dislivello), sempre su asfalto, fino al Cancellino. La terza soluzione è molto più lunga ma, se si ha ancora birra (o una bici elettrica), è sicuramente la più bella.

Dal Gioghetto si scende fino alla località La Lama, perdendo 500 metri di dislivello, con un tratto centrale di discesa un po’ impegnativo. La Lama, a quota 700 metri, era il capolinea della vecchia decauville che all’inizio del ’900 veniva utilizzata per il trasporto del legname fino a Badia Prataglia. Una volta arrivati alla Lama non ci sono alternative: ci attendono quasi 20 chilometri sul vecchio tracciato della ferrovia per tornare al Cancellino! Il percorso è in leggerissima, costante salita e non finisce proprio ma proprio più. Certo, ci si muove in un ambiente davvero suggestivo, ma il rientro è davvero la parte più strong di questo grandioso tour, bellissimo e durissimo. Una giornata spesa bene, ma molto intensa visto che si totalizzano 61 chilometri (al 95 per cento su sentieri, sterrate e single track) e oltre 1.500 metri di dislivello.

Claudio Mafrici

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