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Un «lavaggio» del sangue contro il veleno

L’Amanita Phalloides può dare gravi problemi, anche a distanza di alcune ore dall’ingestione. Il veleno infatti normalmente manifesta i suoi effetti dopo 8-12 ore dall’ingestione dei funghi velenosi ma i sintomi possono comparire anche due giorni dopo il cibo «traditore». I fastidi più comuni sono fortissimi dolori di pancia, localizzati soprattutto allo stomaco, e conati irrefrenabili di vomito. Il problema, secondo gli esperti, sta nel fatto che questi fastidi sono molto intensi, ma a volte tendono a lasciare qualche ora di calma. Nel frattempo però il veleno tende a produrre una serie di tossine, prima tra tutte la falloidina. La sostanza tossica riesce a bloccare i legami delle proteine circolanti nel sangue, danneggiando diversi organi, come il cervello. Ma il suo massimo effetto si esplica sul fegato. Il veleno si diffonde anche nella circolazione epatica e «toglie» i viveri alle sue cellule, che quindi vengono distrutte irreparabilmente, fino a venire progressivamente sostituite da tessuto grasso. Per questo motivo l’avvelenamento porta ad una condizione che viene definita degenerazione grassa del fegato. E, sotto il profilo del funzionamento dell’organo, lo riduce ad una quasi totale insufficienza, perché il «laboratorio» del corpo, dove si svolgono tutte le reazioni chimiche che consentono la vita, è ormai inefficace. Se all’inizio si può tentare di eliminare il veleno con un «lavaggio» del sangue, i rimedi diventano poco utili quando già c’è stato l’abbraccio mortale tra il veleno e le proteine. Infatti, il fungo può provocare una fortissima gastroenterite e emorragie interne diffuse. In più subentra una spiccatissima disidratazione, che conduce a insufficienza renale. E lo stato di choc può risultare mortale.

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