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Il fenomeno meteorologico

Oggi un terzo dei giorni di nebbia rispetto agli anni Sessanta. Cos'è cambiato, come si forma e perché

L'Arena avvolta dalla nebbia
L'Arena avvolta dalla nebbia
L'Arena avvolta dalla nebbia
L'Arena avvolta dalla nebbia

Anche ieri, 29 gennaio, una pesante coltre di nebbia ha ammantato l’intera val Padana dal Piemonte alle coste della Romagna con visibilità localmente inferiore ai 30 metri, veronese compreso.

Nelle zone più vicine al Po il fenomeno ha resistito addirittura per l’intera giornata, limitando molto la risalita delle temperature: fra 2 e 3 gradi appena la massima del giorno già nel vicino mantovano e nella zona più meridionale della nostra provincia verso il Polesine. Solo in città, in val d’Adige e sulle rive del Garda le schiarite hanno permesso qualche grado in più. Discorso a parte per la collina e la montagna, dove la primavera sta prendendo piede con massime fino a 13 gradi.

Sarà così anche oggi, in attesa di una parte centrale e finale della settimana meno gravata da quegli strati nebbiosi che negli ultimi anni hanno abbassato nettamente la guarda. Dati alla mano, negli ultimi vent’anni la nebbia è comparsa infatti molto meno frequentemente rispetto ai decenni precedenti.

 

Come si forma la nebbia

Il fenomeno trova la sua origine nelle nottate autunnali e invernali con cielo sereno, umidità elevata e calma di vento, tutte condizioni meteo tipiche delle aree di alta pressione come quella che ci sta interessando. Per la sua comparsa servono serate e nottate serene poiché solo se il cielo è libero dalle nubi la temperatura ha modo di scendere velocemente. Proprio il rapido raffreddamento dopo il tramonto induce l’umidità prossima al 100% alla sua condensazione in minuscole gocce d’acqua in sospensione. Nasce così la nebbia, che lentamente prende quota dai campi delle aree rurali fino a raggiungere i 200 metri di quota, inghiottendo anche le aree urbane.

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In collina e in montagna la nebbia non si forma perché qui l’umidità è più contenuta. In più, già a 300 metri di quota arriva come in questi giorni l’aria mite, leggera e più secca dell’alta pressione subtropicale. Quella fredda, umida e pesante staziona invece a contatto con il suolo, dove la “dama grigia” ha modo di riformarsi ogni sera. Se poi la temperatura scende al di sotto dei 3 gradi sotto lo zero, le goccioline che compongono la nebbia congelano in minuscoli cristalli di ghiaccio che depositano ovunque. È la galaverna, capace di dare spettacolo come accaduto nelle zone più fredde dell’area padana. 
L’incantesimo della nebbia si spezza solo al sopraggiungere delle perturbazioni o di aria fredda ma secca, settentrionale o continentale. Eventualità, queste, non certamente in vista nei prossimi giorni.

Che i leggendari nebbioni di un tempo siano spariti è risaputo, ma la causa della progressiva diminuzione delle giornate nebbiose non è da addebitare solo agli inverni meno freddi. Ad averne assottigliato la frequenza è anche la diminuita immissione di biossido di zolfo nell’aria, un nucleo di condensazione formidabile per il vapore. Anche per questo, a Verona il numero medio delle giornate nebbiose annuali è sceso a 17 rispetto alle 26 degli anni Sessanta.

Le città più interessate sono tutte nella bassa lombarda: svettano la vicina Mantova con 33 giornate (rispetto alle 48 di cinquant’anni fa) seguita da Cremona e da Pavia. 

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Alessandro Azzoni

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