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Il vincitore a sorpresa degli Internazionali

Maestrelli: «Verona, che emozione. E ora sogno New York»

L'incredulità di Maestrelli dopo la vittoria
L'incredulità di Maestrelli dopo la vittoria
MAESTRELLI VINCE INTERNAZIONALI VERONA

Ha vinto di testa e di talento. Prima volta ad un Challenger. Il giovane Francesco Maestrelli si è preso gli applausi dei 1200 dello Scaligero. Vincitore a sorpresa, dopo un lunghissimo percorso che lo ha esaltato. Gli Internazionali di Verona potrebbero avere scoperto una nuova stella. Lui, intanto, si racconta.


Maestrelli, come ha vissuto la sua prima volta?
Ero abbastanza stranito perché quando sono entrato in campo c’erano 1200 persone che applaudivano, ero un po’ frastornato e bloccato e per questo è stata un’emozione gigante. Forse, però, il fatto di essere lo sfavorito del pronostico e non avere la pressione di dover vincere per forza, probabilmente mi ha alleggerito un pochino, soprattutto all’inizio in cui magari dovevo pagare lo scotto dell’atmosfera.
Chi vuole ringraziare in questo momento?
La mia famiglia nella sua interezza, mi è sempre stata vicino anche quando le cose non andavano per il verso giusto, ha sempre creduto in me e mi ha sempre fatto sentire come un privilegiato, mi sono sentito amato. Non sono solito avere la mia famiglia accanto durante i tornei. A Verona c’era mio papà, in finale c’erano i miei nonni e mia sorella e già di per sé è stato molto emozionante averli lì al mio fianco

Francesco Maestrelli vincitore agli Internazionali di tennis di Verona
Francesco Maestrelli vincitore agli Internazionali di tennis di Verona

 

Il suo obiettivo stagionale quale diventa?
Qualche settimana fa mi ero posto un obiettivo che anche solo ad inizio anno o qualche mese fa era impronosticabile. Se devo esprimere un sogno mi piacerebbe giocarmi le qualificazioni di New York che è da sempre il mio torneo preferito, perché è il primo torneo che quando ero juniores ho avuto la sfortuna di non riuscire giocare per una serie di eventi molto sfortunati. Ritornare lì da senior è veramente il mio sogno nel cassetto, forse irrealizzabile. A livello di ranking non mi sono posto un obiettivo, spero soltanto di gestirmi al meglio possibile, di stare bene, di allenarmi con determinazione e magari riuscire a giocarmi anche le qualificazioni in Australia.


Qual è il suo stile? 
Mi sento di essere un giocatore un po’ atipico. Mi piace colpire tante palle, mi piace prendere ritmo, mi piace anche quando si entra nella lotta e si comincia a correre. Più la situazione si fa movimentata, più bisogna correre e sudare e più mi piace. E quindi sono un giocatore che parte abbastanza da dietro, che cerca di giocare con traiettorie di dritto e un pochino più vicino di rovescio, mi piace toccare tante palle, mi piace il ritmo alto e naturalmente fare la differenza con il servizio.
Tra presente e passato, chi sono i suoi modelli?
A me piace un sacco Medvedev ma capisco che ero più simile a lui prima di quanto lo sia in questo momento. Mi piace abbastanza Garin come gioca, molto bene di rovescio, poco dritto per dritto, molto fisico, non è alto quanto me e non fa del servizio la sua arma principale però mi piace la sua fisicità, la sua regolarità, la sua pesantezza di palla, l’intensità che mette. Non c’è un giocatore che vedo e mi dico “io sono questo“, però a grandi linee, a livello di stile di gioco, forse lui. Tra gli italiani a livello di spirito mi rivedo in Sonego perché ha voglia di lottare e quando si parla di battaglia si esalta, mentre sul piano del gioco non saprei rispondere.
Sinner ed Alcaraz, rappresentano il nuovo che avanza. Possono essere dei riferimenti per lei?
Loro sono stati tanto degli “apri via“. Quando Djokovic, Federer e Nadal spopolavano e vincevano qualsiasi cosa, ci hanno provato delle new entry come Tsitsipas e Zverev ad incanalarsi ma non riuscivano a dominare. Si pensava che il futuro fossero soltanto loro e che non ci fosse qualcosa di veramente precoce ed impressionante quanto Alcaraz e Sinner, che invece hanno dimostrato che la gioventù nuova è pazzesca. Parliamo di un 2003, Alcaraz, che è il numero sei del mondo e che spacca la pallina da una parte all'altra e di un 2001, Sinner, che gioca come se fosse un veterano di trent’anni. Non sono solo dei riferimenti ma anche esempi per come stanno in campo, per quello che mettono in campo, fuori dal campo, in allenamento, fuori dall’allenamento ed in partita.
Dovesse dare un voto al torneo ed a tutto quello che l’ha avvolta, quale sarebbe?
Darei un otto. La cosa che ho notato è che c’era veramente tanta passione in quello che si faceva, c’era la volontà estrema di far uscire il miglior risultato possibile di questo torneo e si è visto. In due anni si è fatto un lavoro pazzesco, hanno realizzato un campo centrale da palcoscenici ben più alti, un’organizzazione che esprime una passione ed una dedizione al lavoro incredibili. Mi hanno fatto sentire a casa, devo ringraziarli anche perché quando ho giocato contro il beniamino di casa Ofner c’è stato un tifo molto educato.
Cosa mette in scaletta nell’agenda dei prossimi due mesi?
Trieste, San Benedetto, credo Cordenons, San Marino, a meno di una piccola pausa per ricaricare le batterie, e poi naturalmente spero New York.

 

Simone Antolini

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