<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
La ricorrenza

Arvedi, un ricordo lungo 15 anni. Piero presidente dei veronesi

Con Cannella. La sera del 12/9/'06 l'Hellas diventa di Arvedi
Con Cannella. La sera del 12/9/'06 l'Hellas diventa di Arvedi
Con Cannella. La sera del 12/9/'06 l'Hellas diventa di Arvedi
Con Cannella. La sera del 12/9/'06 l'Hellas diventa di Arvedi

Quindici anni senza Piero Arvedi. Uno dei personaggi più singolari della storia del Verona. Nobile, irrefrenabile, amante dello sport e grande velista. Cacciatore che mal si sarebbe trovato oggi con il politicamente corretto. Un pensiero che ha poco di nobile e molto di facciata o proibizionismo.

Il Conte, nella sua lunga e movimentata vita, di rinunce ne ha fatte poche. Sempre col piede pigiato sull’acceleratore e maledetta fu l’autostrada che ce lo portò via. L’unica volta, forse, nella quale Arvedi era fermo.

 Telearena e L’Arena, scusate il meritato provincialismo, anticiparono tutti. Era la sera del 12 settembre 2006. «Vegnì qua, ho comprado el Verona». La voce di Piero al telefono dell’amico e fotografo del quotidiano, Francesco Grigolini e poi Luca Mantovani, tutti sempre e solo appresso all’Hellas anche a Marcianise o Pagani. Iniziava il web e quella brutta abitudine di postare senza tastare.

Con Cannella. La sera del 12/9/'06 l'Hellas diventa di Arvedi
Con Cannella. La sera del 12/9/'06 l'Hellas diventa di Arvedi

Ma chi era questo signore anziano che brindava a Cavalcaselle davanti all’obiettivo di Paolo Gasparini? Un “inguaribile sognatore“ insieme a quel Peppe Cannella che fu più sfortunato di quanto si possa pensare, nell’anno della Lega Pro. Nel calcio le etichette non si staccano facilmente ed allora figurarsi cosa si diceva del Conte Piero Arvedi, corteggiato prima dall’uscente Giambattista Pastorello che lasciò ben pochi tesori, in un Verona che dalla A, era finito in Lega Pro. Ficcadenti non si prendeva con Cannella, a torto o ragione, fatto sta che venne esonerato dopo un doloroso ko col Mantova.

Massimo, che era stato da calciatore il geometra del centrocampo di Edy Reja, fu bravo successivamente a condurre in porto l’affare Martinelli, quando al Conte venne “strappato“ il Verona. Leggende o verità, come quella che Piero stringesse una sciarpa dell’Hellas sul letto di morte.

Ma la sua immagine simbolo è quella che appare nella foto all'inizio dell'articolo. Piero innamorato della vita e dei gialloblù. Lui è stato benefattore, ingenuo, incapace di riconoscere l’amore di chi gli era vicino ma pure anima candida. Prese Ventura, che si rilanciò e se Cutolo non avesse imitato il primo Raducioiu, forse quel Verona si sarebbe salvato dopo l’ennesima rimonta. Un po’ come accade l’anno scorso con Bocchetti e Zaffaroni ed oggi con Baroni. Altra categoria, d’accordo, ma stessi patemi d’animo. Lo Spezia disse male a Piero e poi ci fu la Lega Pro con tanti problemi e spese di un certo livello. Il Verona del primo Remondina e poi la sera maledetta tornando da Cesena.

Pietro Arvedi d’Emilei morì a 77 anni il 20 marzo del 2009 all’Ospedale di Borgo Trento, dove era ricoverato in Terapia Intensiva in seguito alle gravi ferite riportate in un incidente stradale sull’Autobrennero il 20 dicembre del 2008, a Mantova, mentre rientrava dalla trasferta del Verona a Cesena. Furono mesi di grandi sofferenze per il Conte.

L’esultanza, la gioia, i racconti nella villa di Cavalcaselle superarono di gran lunga le incertezze e le debolezze dell’uomo. Un positivo che cercò l’eterna giovinezza con il Verona e nemmeno un finto cardinale coi soldi del Monopoli potrà mai intaccare quello che Piero fece per l’Hellas.

Gianluca Tavellin

Suggerimenti