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L'intervista

Marino Bartoletti: «La crisi dell’Hellas? Servirebbe ancora il caterpillar Elkjaer»

Il giornalista sportivo in libreria col suo ultimo romanzo, «La discesa degli Dei». E sul Verona dice: «Le scelte tecniche sono state poco coerenti»
Nella storia professionale di Marino Bartoletti dieci Mondiali e dieci Olimpiadi
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Nella storia professionale di Marino Bartoletti dieci Mondiali e dieci Olimpiadi
Nella storia professionale di Marino Bartoletti dieci Mondiali e dieci Olimpiadi

«Dare la scossa a questo Verona? Credo che ci vorrebbe ancora quello che in Messico nel 1986 chiamavano la “locomotura umana” e cioè il grande attaccante dell’Hellas del 1985. Insomma, un caterpillar come Elkjaer»: il consiglio di mercato fantacalcistico arriva da Marino Bartoletti, competenza e garbo da qualche decennio al servizio del giornalismo sportivo. Uomo di cultura trasversale, firma riconosciuta della carta stampata e autorevole presenza televisiva. Già direttore del Guerin Sportivo e conduttore di Domenica Sportiva, Pressing, Quelli che il calcio... Tanto per citare. Bartoletti, ospite della Feltrinelli per presentare il suo ultimo romanzo, “La discesa degli Dei”, poi sottoposto al fuoco di fila della stretta attualità in salsa veronese: «La crisi dell’Hellas? È chiaro che la squadra ha abituato molto bene le persone che la amano fino a raggiungere traguardi sinceramente inimmaginabili. Ora bisogna capire qual è la sua dimensione», spiega.

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Ovvero?

Galleggiare in A oppure, come tante altre città di buona provincia, scendere e salire. Sembrava molto tranquilla fino a un anno fa e anche quest’anno mi pareva avesse le armi per stare tranquilla.

Però…

Però le cose possono cambiare quando inizi a vendere un po’ troppi buoni giocatori e a non avere le idee chiare sulla conduzione tecnica… Poi mi chiedo anche cosa dia la città in termini imprenditoriali alla squadra. Perché c’è stato un momento in cui il Verona era dei veronesi. Con tutto il rispetto, chiaro, per il suo presidente che certamente è una persona valida. Però evidentemente c’è un tessuto sociale che non sa meritarsi quello che il calcio cerca di dargli.

Quindi il peccato sta in un mercato condotto in modo troppo disinvolto? E in questo momento i rimedi stanno solo nel mercato, ammesso che ci sia ancora margine per venirne fuori?

Intanto a gennaio comincia un secondo campionato per cui può succedere veramente di tutto. Se si è salvata la Salernitana l’anno scorso non si capisce perché adesso non possa farlo anche il Verona. Certamente l’idea scorrendo la rosa è che ci sia qualche altra squadra un po’ più attrezzata. E poi, ripeto, non si è stati coerenti nelle scelte tecniche. Se si fa una scelta bisogna essere più tenaci nel difenderla.

Setti, Marroccu, la squadra: se c’è una sentenza chi è il primo imputato da condannare?

Sono colpevoli le dimensioni del calcio. Una città come Verona e una squadra come il Verona devono soffrire più del dovuto per continuare a galleggiare. Guardate cosa succede a Bologna, persino a Firenze. Certo, c’è Bergamo che dà delle suggestioni di un certo tipo. Che poi a un certo punto il “redde rationem” arriva anche per loro. Il calcio oggi è fatto anche e soprattutto di economia applicata e forse il Verona più di così non può fare. Diversamente a cosa può aspirare? A un limbo? Allora così non ci divertiamo neanche più.

E il cambio Cioffi-Bocchetti dunque non s’aveva da fare? Cioffi andrebbe ripreso?

Forse andava tenuto: nel momento in cui si è preso bisognava essere più coerenti. Un anno fa il Verona giustamente cambiò ma poi fu coerente con la seconda scelta. E allora non sbaglia l’allenatore. Sbaglia chi lo sceglie.

Che giudizio diamo allora su Setti, vista anche l’aperto rottura con la piazza?

A parte che è un mio conterraneo ma a me pare che abbia fatto molto più bene che male. Ripeto: il problema sta sempre nelle dimensioni e delle ambizioni di un territorio come questo. Pensate anche a Bari o a Genova, che probabilmente si troverà l’anno prossimo due squadre in B. Poi ci sono piccoli funghi che ogni tanto crescono. Il Chievo è stato uno di quelli ma allora era tempo di altri miracoli.

Insomma, in questo calcio non c’è più posto per le favole? Dallo scudetto del Verona alla parabola del Chievo, c’è ancora spazio per sognare?

Per le favole c’è sempre posto. Però sono favole, bisogna aspettarsele col contagocce.

Restiamo sul lato tecnico. Chi serve al Verona di oggi? Non è che si è perso anche un po’ lo spirito degli anni passati?

Ci vuole qualcuno che faccia gol. Il Verona si mette nelle condizioni di fare gol e poi non li fa.

Quindi l’equazione è facile: via Simeone, Barak e Caprari i conti non tornano…

Sono solo sottrazioni, non sono somme algebriche.

Due parole sulle scomparsa del Chievo…

Verona aveva regalato al calcio italiano il quinto derby e quello era stato, più che una favola, un vero miracolo. Ma come tutti i miracoli evidentemente non era destinato a durare. Adesso è L’Hellas che deve tenere alta la bandiera della concretezza.

Un giudizio storico su Luca Campedelli?

Ho fatto in tempo ad apprezzarlo moltissimo. Mi è stato molto simpatico. Tutti abbiamo provato simpatia e ammirazione per lui e a tutti dispiace per come è finita.

Ne “La caduta degli Dei” si racconta di grandi personaggi dello sport che si ritrovano in un paradiso ideale: quale dei personaggi dello sport veronese potrebbe trovarci un posticino?

Se me ne deve venire in mente uno dico Ciccio Mascetti. È stato uno dei protagonisti più importanti della storia del Verona. Gli altri li lasciamo sulla terra ancora per tanti anni, a cominciare da quel meraviglioso personaggio che è Osvaldo Bagnoli. Io sono ancora molto orgoglioso di aver ospitato il Verona campione d’Italia quando conducevo la Domenica Sportiva. Anche per l’amicizia proprio con Bagnoli.

Francesco Arioli

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