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TORMENTONE

Riecco Campedelli: il caso Chievo arriva al Consiglio di Stato

Domani, 8 giugno, ennesimo capitolo della guerra a colpi di sentenze iniziata nel 2021: l’avvocato De Bosio chiede che la palla finisca alla Corte Costituzionale E il 4 luglio udienza già fissata in Cassazione. Con l’occhio alla Corte europea.
In pendenza di giudizio. Luca Campedelli, ventinove anni da presidente del ChievoVerona
In pendenza di giudizio. Luca Campedelli, ventinove anni da presidente del ChievoVerona
In pendenza di giudizio. Luca Campedelli, ventinove anni da presidente del ChievoVerona
In pendenza di giudizio. Luca Campedelli, ventinove anni da presidente del ChievoVerona

La battaglia non è ancora chiusa. Verrà discusso domattina nell’udienza pubblica del Consiglio di Stato il ricorso del Chievo, quello vero, in mano ai curatori fallimentari Luca Toninelli e Renzo Panozzo, relativo alla legittimità della legge tributaria emergenziale sollevata dall’avvocato Stefano de Bosio con la richiesta di revoca della precedente sentenza.
 

Obiettivo? Rimandare ogni decisione alla Corte Costituzionale, come chiese de Bosio fin dal primo giorno del suo mandato. 
L’agenda difensiva però non finisce qui. Il 4 luglio è in calendario il ricorso alla Cassazione presieduta da Margherita Cassano. E anche la Corte di Giustizia europea, seppur con tempi parecchio lunghi, è terreno su cui il Chievo s’è già mosso.

Risposte cercansi

La questione che solleva de Bosio in sostanza è se la legge tributaria sia o meno costituzionale. Senza sentirsi imputare com’è stato più volte, a partire dal Tar, la mancata e comunque tardiva impugnazione da parte dei precedenti difensori della società del manuale delle licenze, il regolamento da rispettare per l’iscrizione ai campionati. 

Senza che nessuno si sia mai davvero espresso sulla costituzionalità o meno della legge che ha fatto decadere il Chievo durante la pandemia. Un punto su cui la giustizia insomma non s’è mai davvero pronunciata. 

Come ha fatto presente de Bosio anche al Consiglio di Stato, dopo le lacunose spiegazioni del Tribunale amministrativo regionale. 
Il grande nodo Il Chievo fu escluso dalla Serie B nell’estate del 2021 perché in realtà troppo poco inadempiente verso il fisco prima del covid. 

I club maggiormente inadempienti, senza aver quindi nemmeno iniziato un percorso di regolarizzazione spontanea tributaria pre-covid, s’erano affidate alla proroga delle scadenze esattoriali disposta dal secondo governo Conte prima e dal governo Draghi dopo. Quelle come il Chievo invece non avevano beneficiato che di una mini-proroga parziale (al massimo una rata) da marzo ad agosto 2020 disposta dal governo Conte bis. In più il divieto di nuove cartelle esattoriali aveva impedito ai contribuenti decaduti dalle dilazioni bonarie nel periodo covid, da 8 marzo 2020 a 31 agosto 2021, di accedere alle dilazioni esattoriali.

Pesi e misure

De Bosio continua a battere sul tasto di sempre, aspettando almeno delle risposte concrete «Pur essendo questa discriminazione chiaramente incostituzionale», la denuncia, «la Figc si è accanitamente opposta al rinvio della questione alla Corte Costituzionale. Poi apprendo che per accuse più gravi, vale a dire il mancato pagamento di stipendi, e relative tasse e oneri previdenziali per molti milioni di euro, secondo l’accusa nascosti da accordi sottobanco, vietati dalla Figc, non riflessi in bilancio, la Juventus se la cava pagando 718 mila euro. Preciso: le accuse alla Juventus non sono accertate con sentenza mentre, quanto al Chievo, era il Chievo stesso che aveva iniziato spontaneamente il percorso di regolarizzazione tributaria. Come fanno del resto, ciclicamente, quasi tutte le squadre di calcio, inclusa la Juventus. Come del resto la maggioranza delle imprese italiane in periodo di crisi». 

Alessandro De Pietro

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