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Cadè, un grande allenatore che Verona non dimentica

La morte di Giancarlo Cadè mi fa precipitare in un pozzo di tristezza. Era un allenatore di grande bravura, un gentiluomo, un mio caro amico, giunto ad allenare il Verona per ben quattro volte dal 1964. Attuava la zona-mista, un modulo di gioco che pochi riuscivano a copiare e teneva un regista davanti alla difesa. Era nato a Zanica di Bergamo, in cui viveva. Debuttò da allenatore portando la Reggiana in serie B con un'entusiasmante cavalcata con una sola sconfitta a Lodi col Fanfulla, giunta a promozione conquistata. Uomo di elevata fede, di grande rettitudine, sposato con la bella e affezionata moglie Maria, scomparsa alcuni anni fa. La morte della moglie tolse a Cadè il suo maggior sostegno. Aveva quattro figli: Gian Andrea, nato a Verona, Rosanna e Fabio concertista di piano e Livio. Costretto a smettere di giocare per un grave incidente accadutogli a Mantova, sotto Fabbri, la rottura del bicipite femorale destro, è divenuto il secondo di Fabbri aiutandolo a portare la squadra mantovana dalla C alla A. Era stimato persino da Garonzi, un presidente che aveva poca simpatia per gli allenatori. Garonzi lo accusava di voler sempre aver ragione. Da bergamasco era un cocciuto anche se aveva modi gentili e una grande signorilità. Dopo la stagione con Mondadori presidente e Piccioli allenatore, il Verona tornò in A con Liedholm. Promosso, Garonzi licenziò Liedholm che riteneva pericolosamente filosofico e attaccato alla cabala, stava attento al segno zodiacale, soprattutto all'ora della nascita. Affidò la squadra per la seconda volta a Cadè. Numerosi gli episodi che resero famoso Cadè. Il primo fra tutti la vittoria per 5 a 3 al Bentegodi del 20 maggio 1973 sul Milan di Nereo Rocco e Rivera che perse lo scudetto. Per la grande delusione il presidente Buticchi si sparerà alla tempia e rimarrà cieco. Alla vigilia dell'incontro ad una mia intervista all'hotel Palafitte, tra Peschiera e Desenzano, Rocco mi disse mentre sorseggiava una bottiglia di Barolo: “L'ultima partita del campionato è come l'ultima tappa del Tour, non succede mai nulla.” Il vecchio saggio fu smentito dai fatti. Cadè aveva compiuto uno straordinario salvataggio del Verona nel 1973-74 ma per una telefonata di Garonzi a Clerici, attaccante del Napoli, al Grand Hotel raccontata sul Mattino di Napoli dal giornalista Acampora, il Verona fu deferito per illecito sportivo. In prima istanza fu condannato a 3 punti di penalizzazione. Il presidente della Caf Vigorita invece in appello lo condannerà alla serie B. Cadè mi confessò: “Provo un grande dolore perchè il salvataggio è stato miracoloso”. La squadra restò affidata a Cadè poi Garonzi venne rapito e pagò un miliardo per tornare libero. Il Verona procedeva con passo spedito anche se era al secondo posto. Poi i gialloblù furono sconfitti a Novara e Garonzi mise Mascalaito in panchina. Il Verona tornò in A dopo lo spareggio con il Catanzaro di Di Marzio, avvenuto a Terni, con un gol della dorata pantofola di Mazzanti purtroppo anche lui scomparso colpito da una serie di stordenti disgrazie. Cadè ha guidato in serie A il Mantova, il Pescara, l'Ancona e soprattutto il Bologna alla cui presidenza c'era Giuseppe Brizzi, un tempo capo della tifoseria gialloblù e anche guida per breve tempo del Verona. Il direttore sportivo era Recchia. Cadè in una sola stagione conquistò la serie A ma non fu riconfermato per dissidi con Recchia. Ha allenato anche il Torino portando i granata a vincere la Coppa Italia. Era un tecnico di buonsenso. Il Verona in A doveva incontrare il potente Torino di Pulici, Graziani, Sala, Pecci, allenato da Radice. Cadè invitava i suoi giocatori: “Giochiamo senza ferocia perché se il Toro si arrabbia non abbiamo scampo”. Allenatore a Palermo, fu derubato di tutti le gemme e degli oggetti preziosi di famiglia per un valore di 80 milioni di lire. Favalli direttore sportivo del Palermo chiese aiuto ad alcuni capomafia senza riuscire a trovare la refurtiva. Resta famosa un'accesa lite a Londra con l'arbitro Gonella al termine del torneo anglo italiano. Durò una notte intera con Gonella alterato dall'alcol e Cadè che gli elencava tutti i torti arbitrali subiti dal Verona . Cadè ricordava con dolore il suo esonero dal Verona in B dopo la retrocessione a tavolino (74-75 ). “Secondo me Garonzi stressato dal rapimento prese spunto dalla sconfitta di Novara per esonerarmi”. Il tecnico bergamasco, conquistata la promozione da Mascalaito, commentò: “Io sarei tornato in A senza lo spareggio di Terni”. Arrivò la quarta volta a Verona dopo Veneranda e prima dell'era Bagnoli. C'era un grande caos societario e mancavano i soldi. I miracoli non li sapeva fare. Smise di allenare a 60 anni come le norme della Federcalcio inponevano. Non reclamò, non disse niente. Mi ricordo con commozione l''ultima cena con gli ex gialloblù al tavolo di Nanni e dell'allora assessore Sboarina. Confesso, oggi sono diventato più triste. Ciao, mio grande amico, grazie per avermi divertito con il tuo calcio spettacolare, spumeggiande come una bottiglia di Dom Perignon.

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