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L'intervista

Il ministro Adolfo Urso: «Intel? Vigiliamo e a breve il "Chips Act" per gli investimenti tech in Italia»

di Marco Scorzato
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy in Camera di Commercio a Vicenza ha parlato anche del possibile investimento Intel a Vigasio
Il ministro Urso all'arrivo alla Camera di Commercio di Vicenza (Foto COLORFOTO)
Il ministro Urso all'arrivo alla Camera di Commercio di Vicenza (Foto COLORFOTO)
Il ministro Urso all'arrivo alla Camera di Commercio di Vicenza (Foto COLORFOTO)
Il ministro Urso all'arrivo alla Camera di Commercio di Vicenza (Foto COLORFOTO)

Un modello per l’Italia e non solo. Adolfo Urso, ministro delle imprese e del made in Italy, ha incontrato ieri le categorie economiche vicentine nella sede della Camera di commercio, «la casa delle imprese». Davanti al presidente Giorgio Xoccato, nella sua seconda tappa vicentina da quando è ministro, ha sottolineato che «la filiera corta» tipica dei distretti vicentini e veneti «può diventare modello internazionale in questa fase di riflusso della globalizzazione».

«Sono qui a Vicenza - ha aggiunto il ministro, che ha fatto tappa in città anche su iniziativa del deputato Silvio Giovine, di Fratelli d’Italia - per illustrare i nuovi provvedimenti del governo: sia la delega alla riforma fiscale che incentiverà nuova occupazione e nuovi investimenti, sia la delega sulla riforma degli incentivi. Attualmente ci sono quasi 2000 diversi incentivi, 229 nazionali e 1753 delle regioni. Dobbiamo sfoltire, razionalizzare».

Tra le novità recenti del governo c’è anche il decreto lavoro del primo maggio. Come giudica queste misure?
Il decreto prevede un ulteriore taglio del cuneo fiscale, dopo quello realizzato a dicembre con la manovra. È un aiuto soprattutto per i redditi più bassi e per le famiglie più numerose.

Quali altri provvedimenti avete in serbo?
Tra pochi giorni porterò in Consiglio dei ministri la legge quadro sul made in Italy. Mi fa piacere illustrarla qui, nel cuore produttivo del Paese, una legge che valorizza le filiere di eccellenza della produzione italiana, con la realizzazione di un fondo sovrano che investirà risorse a favore delle imprese del made in Italy.

Come funzionerà il fondo sovrano? Quali imprese ne beneficeranno?
Ne beneficerà l’impresa che produce nei settori tipici del Paese. Il fondo la aiuterà in tutta la filiera produttiva, dall’approvvigionamento delle materie prime al prodotto finale. Peraltro, per le materie prime, abbiamo previsto alcune semplificazioni: ad esempio, nel legno-arredo sappiamo che alcune imprese si riforniscono all’estero perché non si è nelle condizioni di tagliare i nostri boschi. Ma lo possiamo e lo dobbiamo fare, anche per incentivare nuove piantagioni che possono contribuire a ridurre la CO2. Nel tessile, incentiveremo le start up che stanno lavorando su nuovi materiali organici, in sintonia col regolamento Ue sull’Ecodesign.

Quali misure intendete adottare per favorire l’incontro domanda-offerta nel mercato del lavoro? E nel campo della formazione?
Con questa stessa legge nasceranno i licei del made in Italy. Se le regioni collaboreranno nella programmazione sarà possibile già in autunno 2024 iniziare i primi corsi. Verosimilmente potremmo già realizzarne in ciascuno dei principali distretti italiani.

C’è bisogno anche di manodopera straniera per le imprese del made in Italy? Le imprese vicentine la chiedono...
C’è bisogno della manodopera italiana. Per questo siamo intervenuti con diversi provvedimenti che facilitano il lavoro dei nostri cittadini, disincentivando il reddito di cittadinanza e incentivando a tornare o entrare nel mondo del lavoro. In Italia ci sono 3 milioni di giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro. Dobbiamo incentivarli a studiare o a lavorare. In Italia lavora meno di un giovane su cinque tra i 15 i 24 anni, in Germania uno su due nella stessa fascia d’età. Questo è il primo problema. Dobbiamo incentivare l’occupazione, certo anche utilizzando i lavoratori stranieri, non solo stagionali ma anche a tempo definitivo. Per questo abbiamo programmato l’ingresso dei lavoratori stranieri nell’arco dei prossimi cinque anni.

Il clic day, per le imprese, si è rivelato però uno strumento insufficiente per arruolare manodopera straniera...
Se ci saranno altre esigenze del sistema produttivo noi le prenderemo in seria considerazione, perché vogliamo programmare l’ingresso di lavoratori stranieri, sia stabili sia stagionali, secondo le esigenze del nostro sistema produttivo. Per farlo vorremmo premiare nei flussi migratori quei Paesi che contrastano la migrazione clandestina.

La multinazionale americana Intel ha messo in stand-by l’investimento miliardario programmato in Italia, e una sede candidata è Vigasio nel Veronese. Ci aggiorna sullo stato del dossier?
Innanzitutto vi aggiorno sulla grande scommessa dell’economia digitale nel Paese, che riguarda anche Intel ma non solo. Una task force del mio dicastero è stata nei giorni scorsi a Taiwan e in Corea del Sud per presentare le occasioni di investimento in Italia nei settori delle chip, dei semiconduttori e del digitale. Lo ha fatto anche negli Usa e tra pochi giorni sarà in Giappone. Dopo il provvedimento sul made in Italy andrà infatti in Cdm il “Chips Act” italiano.

Di che cosa si tratta?
È il Piano nazionale sulla microelettronica, anticiperà il Chips act europeo e vuole porre il nostro Paese come un luogo in cui investire. In questo c’è anche l’ipotesi di Intel, che stiamo seguendo dal primo giorno, alla luce del fatto che la multinazionale sta ridefinendo i progetti di investimento in Europa. Sta contrattando con la Germania per uno stabilimento diverso da quello italiano: quello italiano è un progetto unico, che riguarda una nuova generazione tecnologica. Stiamo vigilando affinché sia mantenuto questo impegno, ma siamo consapevoli che questa è una scelta della multinazionale di ricollocare i propri investimenti, anche in riferimento alle difficoltà che ha avuto negli ultimi mesi.

Nel programma del suo ministero o del governo ci sono misure volte a favorire la partecipazione femminile nelle imprese?
Nei provvedimenti adottati, come quello del primo maggio, e nella delega fiscale, già si favorisce l’impresa che investe nell’occupazione femminile e giovanile, che è il vero problema del nostro Paese.

 

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