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Porte aperte sui tesori, nuova vita per la Capitolare

di Francesca Saglimbeni
Monsignor Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca Capitolare, durante un incontro con il pubblico
Monsignor Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca Capitolare, durante un incontro con il pubblico
Monsignor Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca Capitolare, durante un incontro con il pubblico
Monsignor Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca Capitolare, durante un incontro con il pubblico

In un anno ha attratto dai 6 ai 7mila visitatori, veronesi e non, interessati a sapere da dove trae origine la lingua italiana, quanti testi vi sono custoditi, come è nato lo Scriptorium Veronensis, chi è stato il primo amanuense. Non solo studiosi - punto fermo di questo millenario luogo di erudizione -, ma anche comuni cittadini, incuriositi tanto dai segreti delle antiche pergamene e dalla genesi del libro moderno, quanto dagli aneddoti legati alle pregiate decorazioni che, oltre a un forziere di tesori letterari, teologici, scientifici, ne fanno uno scrigno di capolavori miniati, testimoni dell’ “ars illuminandi” in auge tra il XIV e XVII secolo. È una vera rinascita quella che, da qualche tempo, sta investendo la Biblioteca Capitolare, dove alle consuete visite guidate su prenotazione, da fine 2017 si sono aggiunte diverse iniziative aperte al pubblico (organizzate con Fondazione Discanto), di crescente eco. «La biblioteca sta tornando a parlare della cultura che vibra nelle sue viscere, in risposta a una sensibilità nuova dei cittadini, che sta pian piano venendo avanti. Sempre più persone stanno infatti prendendo coscienza che, qui, ci sono tesori capaci di schiudersi alla conoscenza e apprezzamento di tutti. Colti e meno colti, adulti e giovani», spiega monsignor Bruno Fasani, prefetto della Capitolare. Molto conta, però, anche il modo di comunicarli. Complici del rinnovato entusiasmo per i manoscritti e testi a stampa conservati nella più antica biblioteca al mondo, infatti, è anche la formula ideata in sinergia con Fondazione Discanto. «Nelle esposizioni temporanee proposte durante i weekend - una cinquantina solo nel 2018 -, anziché stare ore inchiodati alla sedia, i visitatori hanno modo di fare un’esperienza molto più ampia dei testi illustrati», spiega il presidente Andrea Turrina. «A un breve, ma puntuale, inquadramento storico fanno seguito le visite guidate, proposte anche in linguaggi alternativi, come la visita teatralizzata o i laboratori per i bambini. Ogni evento percorre inoltre un filo tematico, ispirato a una festività religiosa (i codici sulla Natività) o ricorrenza laica (i manoscritti sull’Amore), rendendo la narrazione ancora più fruibile e affascinante». Quella di trasformare uno spazio in apparenza fossilizzato in un ambiente dinamico, aulico e insieme popolare, è dunque una carta che ha fatto centro. Così come la squadra di volontari messi a disposizione dalla fondazione, per il servizio di accoglienza e sorveglianza, e il contributo delle giovani Valeria Nicolis e Ilaria Ferrari (formate dall’Hub di Management Culturale di Fondazione Cariverona), le quali, «partendo da semplici studi classici, hanno dimostrato una abilità comunicativa e una competenza tali, da poterle ormai considerare due collaboratrici essenziali», dice Fasani. Altro segno della rifiorita immagine della biblioteca, è l’aumentata richiesta, da parte delle scuole, di accogliere studenti in stage. «Ciò conferma che essa ha cominciato davvero a comunicare con l’esterno. La gente che viene a contatto con questo patrimonio storico, lo percepisce sempre più come proprio - sottolinea il prefetto -, come un bene radicato nel territorio, pertanto collettivo». Uno step tuttavia non semplice, perché «come tutti i mutamenti, c’è sempre qualcuno che storce il naso. Ma è proprio l’abitudine che ci tiene lontani dagli sforzi di rinnovamento». Tra le proposte più gettonate del sodalizio Capitolare-Discanto, emergono la Passeggiata con il Prefetto, l’Ars Illuminandi, l’Evoluzione della lingua dal latino all’italiano, «dove incontriamo i padri della nostra lingua: Dante, Boccaccio, Gidino da Sommacampagna». Mentre a far sgranare gli occhi sono soprattutto l’Indovinello veronese; le Istituzioni di Gaio, prima fonte dei diritto romano, che presto porterà in riva all’Adige un gruppo di magistrati e giuristi francesi; il codice di Ursicino (del 517), prima traccia dell’esistenza della biblioteca e della sua incessante operosità. Un laboratorio sempre in fermento, che a breve ospiterà un’altra pregevole mostra sugli studi “Da Pacifico a Scipione Maffei”, passando in filigrana gli avvenimenti dall’VIII al XVIII secolo. •

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