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OMICIDIO IN VENEZUELA

Ucciso il fratello
dell’ex sindaco
di San Bonifacio

Andrea Polo in Venezuela
Andrea Polo in Venezuela
Andrea Polo in Venezuela
Andrea Polo in Venezuela

Ucciso da un colpo di pistola, che gli ha trafitto il petto. Così è morto Andrea Polo, 63 anni, costruttore edile nato e cresciuto a San Bonifacio, fratello dell’ex sindaco del paese Silvano Polo, da quarant’anni residente in Venezuela. Ammazzato da una mano al momento ancora sconosciuta, mentre stava andando al lavoro, lunedì mattina, nel quartiere Bolìvar a San Cristòbal, una cittadina al confine con la Colombia, dove Polo era molto conosciuto. Lì aveva deciso di piantare le sue radici, fondando una florida impresa di costruzioni. Lì poteva immergersi in quella natura incontaminata e selvaggia, per cui nutriva una grandissima passione.

IL DELITTO. L’omicidio è avvenuto lunedì verso le 9,30. Polo era appena arrivato con la sua moto all’interno del cantiere per la costruzione del complesso residenziale «El Campo» destinato a soli italiani, nel quartiere Bolivàr. Il sessantatreenne ha fatto appena in tempo a togliersi il casco di dosso, che due uomini in sella a una moto gli si sono avvicinati.

Uno è sceso e gli ha sparato un colpo di pistola tra il petto e il torace, da destra a sinistra. Senza che lui avesse il tempo di reagire. Poi l’aggressore è risalito sulla due ruote, dove il complice lo stava aspettando e, insieme, sono fuggiti via, facendo perdere le proprie tracce. Immediatamente gli operai presenti sul cantiere hanno contattato i paramedici della Protezione civile Táchira, che si sono precipitati sul posto. Ma le condizioni dell’imprenditore erano ormai disperate: il proiettile aveva compromesso gli organi vitali. E l’uomo è morto in pochi minuti, prima ancora che lo potessero trasportare in ospedale.

LE INDAGINI. Al cantiere sono arrivate ben presto le forze dell’ordine: i funzionari delle Investigazioni scientifiche hanno eseguito tutti i rilievi sul luogo del delitto e hanno iniziato a sentire alcuni testimoni tra gli operai che si trovavano in quel momento al lavoro. Stando ai primi accertamenti, non si sarebbe trattato di una rapina finita male, come sembrato inizialmente: Polo, infatti, aveva ancora addosso tutti i suoi effetti personali e nulla gli era stato rubato.

La polizia ha poi contattato i familiari e gli amici di Polo, che sono arrivati subito al cantiere e che non riuscivano a credere a ciò che era appena successo. L’uomo lascia tre figli, Monica, Barbara e Oscar, che tutti e tre erano a San Cristòbal il giorno del delitto. Una delle donne, choccata per la morte del padre, avrebbe anche perso conoscenza e sarebbe stata assistita dalla Protezione civile.

Al momento gli aggressori non sono ancora stati individuati: la polizia venezuelana è al lavoro e sta indagando a 360 gradi, ma per ora poco trapela.

Polo era un imprenditore molto conosciuto in città. Qualcuno poteva forse volere la sua morte? Il movente potrebbe essere da ricercarsi nel suo lavoro? Oppure nella sua vita privata? Tutte domande a cui gli inquirenti stanno cercando di dare una risposta per far luce su un omicidio, che rappresenta una grande perdita non solo per la famiglia dell’uomo, ma per la stessa comunità venezuelana.

IL PERSONAGGIO. Andrea Polo era nato a San Bonifacio nell’agosto 1952, secondo di cinque fratelli.

Dopo aver frequentato il collegio dei Salesiani di Este, l’uomo aveva studiato Architettura all’Università di Venezia e, al termine di un anno di militare, nel 1976 era partito alla volta del Venezuela. All’epoca lavorava per una nota società, la Obresca Ghella, specializzata nel settore delle grandi opere. A Caracas ha incontrato sua moglie, si è sposato e ha avuto tre figli: si è innamorato del Venezuela e ha deciso di costruire la sua vita lì. Perché Polo era un grande costruttore, non solo per lavoro.

In quello che era diventato il suo Paese d’adozione ha realizzato grandi progetti infrastrutturali, a cominciare dalla diga che fornisce acqua a tutto lo Stato. E poi gallerie, centri commerciali, complessi residenziali. Era stato tra i fondatori del Centro italo-venezuelano, diventando il rappresentante dei veneti emigrati in Venezuela.

LA NATURA. Adorava la comunità indigena, a cui ogni anno portava cibo e vestiti. Conosceva quel Paese come le sue tasche. E soprattutto amava gli sport estremi e la natura, in tutte le sue forme.

L’alpinismo, il parapendio, la discesa in corda doppia davano ali al suo innato spirito avventuriero. Alcuni dei suoi più grandi hobby erano la cartografia e la ricerca di confluenze delle coordinate di latitudine e longitudine. Le andava a cercare ovunque, nella giungla, nelle foreste, nelle paludi.

In quel Venezuela, dove martedì si sono celebrati i suoi funerali. E la bara è stata avvolta dal tricolore.

Manuela Trevisani

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