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Tre indagati per traffico illegale di rifiuti

Un’aula del tribunale di Venezia dove, il prossimo 20 marzo, si terrà l’udienza a carico dei tre veronesi
Un’aula del tribunale di Venezia dove, il prossimo 20 marzo, si terrà l’udienza a carico dei tre veronesi
Un’aula del tribunale di Venezia dove, il prossimo 20 marzo, si terrà l’udienza a carico dei tre veronesi
Un’aula del tribunale di Venezia dove, il prossimo 20 marzo, si terrà l’udienza a carico dei tre veronesi

Tre veronesi sono indagati per traffico e gestione illegale di rifiuti utilizzati, tra il 2014 e il 2016, per realizzare strade interpoderali – ossia itinerari privati destinati a mettere in collegamento diversi fondi agricoli - in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Il prossimo 20 marzo, in Tribunale a Venezia, di fronte al giudice per l’udienza preliminare, si dovranno presentare G.D.T., 59 anni e S.S. 49 anni, entrambi residenti a Cerea, con L.M., 58 anni, abitante invece a Minerbe. La richiesta di rinvio a giudizio nei loro confronti è stata firmata nei mesi scorsi dal pubblico ministero Giovanni Zorzi della Direzione distrettuale antimafia. I tre indagati sono accusati del reato previsto all’articolo 260, comma 1°, del decreto legislativo 152/2006, abrogato lo scorso anno e sostituito dall’articolo 452 del codice di procedura penale, secondo cui «chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni». Per S.S. e L.M, inoltre, si configura il reato previsto dall’articolo 110 del codice di procedura penale, ovvero «concorso di persone nel reato». Nella richiesta di rinvio a giudizio, il pubblico ministero rileva che G.D.T, quale rappresentante legale di alcune ditte a Cerea, «con più operazioni, e attraverso l’allestimento di mezzi ed attività continuative, riceveva, trasportava e gestiva abusivamente ingenti quantità di rifiuti, in larga parte ceneri pesanti, scorie e rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione». Il materiale impiegato, che è denominato «Concrete Green», dopo diverse lavorazioni, veniva fornito sotto forma di «conglomerato cementizio preconfezionato a basso dosaggio di cemento non strutturale». In realtà, dalle indagini è emerso «il superamento delle concentrazioni limite per cloruro, rame, piombo, nichel, cromo VI e per il valore di domanda chimica di ossigeno». Ma non solo. La Direzione distrettuale antimafia, nel documento, ha evidenziato anche «l’assenza dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) numero 72 del 2010». Il tutto «al fine di ottenere un ingiusto profitto». Il prezzo massimo a cui era venduto il prodotto «Concrete Green» era «di 17 euro al metro cubo, ampiamente inferiore a quello previsto nel prezzario regionale stimabile in circa 247 euro al metro cubo per conglomerati ecologici certificati come dovrebbe essere il concrete green». Nella richiesta di rinvio a giudizio, il pubblico ministero segnala inoltre come questi rifiuti siano stati conferiti in almeno 71 cantieri per un impiego complessivo di 152mila tonnellate nel 2014, 141mila tonnellate nel 2015 e oltre 15mila tonnellate nel 2016. In particolare, per quanto riguarda il Veronese sono emersi i seguenti conferimenti: in via Casette a Terrazzo, dal 30 dicembre 2014 al 5 gennaio 2015, di 2.500 tonnellate; in via Palù, a Minerbe, dal 2 al 18 dicembre 2014, di 4mila tonnellate; in via Ave, nel Comune ad Isola della Scala, dal 15 al 18 febbraio 2015, di 935 tonnellate. Inoltre, sono stati individuati i seguenti conferimenti: 7.732 tonnellate, attraverso almeno 318 viaggi, in località Corbottolo a Trecenta (Rovigo), dal 27 febbraio al 17 marzo 2014; 5.299 tonnellate, in via Serragiolli a Piacenza D’Adige (Padova), dal 14 al 25 febbraio 2014; e 900 tonnellate, dal 25 al 27 febbraio, a Giacciano con Barucchella (Rovigo). Si tratta di terreni che erano di proprietà o comunque nelle disponibilità di L.M. il terzo degli indagati. Quest’ultimo, stando all’accusa, «metteva a disposizione la terra con la scusa di consolidarne la portanza, consentendo e facendo in modo che venissero impiegati ingenti quantitativi di rifiuti». Il compito di S.S, in qualità di procacciatore d’affari della ditta di G.D.T, secondo l’antimafia, era proprio quello «di individuare i cantieri di possibile impiego dei rifiuti, proponendone l’utilizzo, curando la trattativa commerciale e seguendo i lavori di realizzazione delle strade interpoderali». Le persone offese che potranno costituirsi parte civile sono numerose: dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna alle province di Verona, Padova, Rovigo, Mantova, Modena, Ferrare e Bologna oltre ad un centinaio di Comuni. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Francesco Scuderi

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