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Lutto nella cultura veronese

Addio a Maurizio Miele, anima e voce della casa editrice Cierre

Il presidente della casa editrice di Caselle era nato nel 1949. Lascia la moglie Antonietta e la figlia Elisa dopo un anno di malattia

Una voce da Verona, dal Veneto, dal Triveneto. Da quel «Nordest» che, non per niente, fa da titolo alla collana di saggistica di Cierre Edizioni. Una voce, anche, dal passato di questo stesso territorio («Percorsi della memoria» si chiama l’altra collana portante): un «Heimat», una piccola patria con i suoi pregi e le sue contraddizioni, come lo definiva il geografo Eugenio Turri e come ben lo raccontava lo scrittore Dino Coltro. E la voce, alla fine, era la sua: di Maurizio Miele, fondatore nel 1990, nonché presidente, della casa editrice di Caselle di Sommacampagna, «spin off» - come si direbbe oggi - della preesistente Cierre Grafica. Miele, classe 1949, si è spento martedì dopo un anno di malattia. Lascia la moglie Antonietta e la figlia Elisa. E pure i tantissimi amici, colleghi, collaboratori che in quarant’anni lo hanno affiancato nell’avventura editoriale da lui «inventata».

L’intuizione

Chi lo conosceva bene usa proprio questi termini - «invenzione», «colpo di genio» - per descrivere l’intuizione di Miele di dar vita alla costola editoriale della Cierre, che fino a quel momento stampava solo i titoli di altre case editrici. E se diciamo che alla fine la «voce» era sempre la sua, e sua l’impronta dietro ogni progetto e libro in catalogo, è perché, come ancora testimoniano le persone a lui più vicine, «l’impegno della sua vita è stato mantenere la linea editoriale sempre fedele ai valori fondativi della casa editrice», spiega Lucia Turri, socia di Cierre. Un impegno, aggiunge, «vissuto come una missione, un ideale non sacrificabile né alla mera convenienza economica né ad alcun altro compromesso». Miele, una gioventù vicina ad Avanguardia Operaia, un trascorso da sindacalista nella Cisl, arrivò in Cierre nel 1984, con il ruolo di commerciale, «un mese dopo di me», rievoca Stefano Carli, alla guida di Cierre Grafica. «Ricordo il momento in cui disse: "Perché stampare solo i libri degli altri? Fondiamo la nostra casa editrice". Sembrava un azzardo, ma lui aveva già le idee chiare per dare alla nuova creatura un’identità ben definita e riconoscibile». E insieme a figure chiave di Cierre, come Gerardo Gerard, si fece. L’esordio fu con la collana «Itinerari fuori porta», una serie di guide escursionistiche che ambivano a trasformare ogni percorso in un’esperienza formativa, approfondendo aspetti di carattere storico e naturalistico». Miele abitava in città, ma era appassionato di montagna e grande amante del lago di Garda, dove si ritirava appena poteva. «Aveva capito che occorreva spaziare oltre gli itinerari blasonati per dare dignità a territori pregevoli, ma poco o per niente considerati. Fu questo l’inizio del suo racconto del Nordest su cui, poi, aggiunse l’altro filone portante: quello storico e saggistico», aggiunge Marco Girardi, per quarant’anni bibliotecario in Civica e autore per Cierre fin dalle origini. Il catalogo - che oggi conta più di mille titoli - iniziò quindi a popolarsi di nomi fondativi nel panorama culturale del Veneto e Triveneto, come i già citati Turri e Coltro e, caso emblematico, Tina Merlin, «Quella del Vajont» come si intitola la sua biografia, scritta da Adriana Lotto proprio per Cierre. La casa editrice acquistò i diritti sulle opere della giornalista bellunese, e «Sulla pelle viva», cronaca della tragedia del Vajont, è tutt’oggi un «long seller». Di Miele anche l’idea vincente di creare, nel 2000, il ramo distributivo del gruppo, oggi Cierrevecchi, «per diffondere i libri di Cierre ma non solo», precisa Andrea Dilemmi, vice presidente dell’editrice. «Di lui ci mancheranno la grande capacità di analisi e l’intraprendenza con cui è riuscito a dar voce al territorio. Questa è la sua eredità». 

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