Dal settore turistico allo sfruttamento del settore boschivo, dal movimento terra e la fornitura di calcestruzzo alle acquisizioni immobiliari e persino il riciclaggio di automezzi e le truffe all’Inail per ottenere rimborsi per falsi incidenti sul lavoro: non c’era settore commerciale o attività che sfuggisse al controllo della cosca Anello-Fruci di Filadelfia, nel vibonese. Un controllo ferreo spezzato dalla Dda di Catanzaro e dalla Guardia di finanza che con l’operazione chiamata, non a caso, «Imponimento» hanno sottoposto a fermo 75 tra capi, gregari e sostenitori della cosca indagando complessivamente 158 persone e svelando anche le propaggini che la consorteria aveva installato in Svizzera.
E nell'indagine torna il nome di Maria Anello, 59 anni, sorella di Rocco, il capo della cosca di Filadelfia: la donna, residente a San Zeno di Mozzecane, è stata fermata in Svizzera con l'accusa di aver gestito parte degli investimenti del fratello, è stata interrogata e rilasciata.
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L'INDAGINE. Tra gli indagati non mancano i politici, alcuni dei quali anche sottoposti a fermo, come nel caso di Francescantonio Stillitani, di 66 anni, già assessore regionale e già sindaco di Pizzo - che ha lasciato la politica nel 2013 - accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico mafioso, estorsione, violenza privata e danneggiamento. La struttura alberghiera degli Stillitani, è finita sotto sequestro insieme ad altri due resort tra i più grandi della Calabria, 124 terreni, 116 fabbricati, 26 società, 19 ditte individuali, 84 automezzi, 2 moto e diversi rapporti bancari e finanziari per un totale di 169 milioni di euro. Gli interessi della cosca Anello-Fruci - in stretti rapporti con tutte le più potenti cosche del vibonese - spaziavano anche in Svizzera dove, oltre a fare affari, gestiva un fiorente traffico di armi - grazie alla normativa elvetica più permissiva - destinato sia alla vendita che ad armare le cosche per rendersi militarmente più forti nei confronti delle altre.
Le indagini condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria-Gico del Comando provinciale di Catanzaro e dello Scico di Roma - che hanno operato in collaborazione con la polizia e la magistratura elvetica nell’ambito di una Squadra investigativa comune (Joint Investigation Team) costituita presso Eurojust - hanno anche documentato lo svolgimento di summit mafiosi finalizzati a chiarire disguidi e incomprensioni nella gestione degli affari illeciti. Così come è venuto fuori che due imprese - una delle quali sequestrate - riconducibili a due dei fermati, erano riuscite a mettere le mani sui fondi statali stanziati per quelle attività rimaste danneggiate dall’emergenza Covid-19.
Le indagini, che hanno beneficiato, oltre che dei riscontri di numerose attività di intercettazione anche delle dichiarazioni di ben 29 collaboratori di giustizia, hanno anche evidenziato che gli Anello-Fruci potevano contare su una estesa rete di informazione e «tutela» curata da un notevole numero di personaggi utilizzati come informatori tra i quali un finanziere, che è stato fermato. E mentre il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri annuncia che l’operazione è solo «uno step», facendo presagire altri sviluppi, altri colpi alla criminalità organizzata sono stati inferti a Teramo, dove la polizia ha sgominato un’organizzazione della mafia nigeriana con l’esecuzione di 47 fermi, e a Rimini, dove la Guardia di finanza ha portato a termine un’operazione anti-camorra con 8 arresti e sequestri di beni per oltre 30 milioni di euro.