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Buttapietra

È morto Olindo Bussi, ultimo reduce della Acqui

Aveva 103 anni. Nel 1943 visse l’eccidio dalle sponde della Puglia Salvato da una licenza e dalla caduta di Mussolini
Olindo Bussi
Olindo Bussi
Olindo Bussi
Olindo Bussi

L’ultimo dei reduci veronesi della Divisione Acqui se n’è andato. Nel tardo pomeriggio di lunedì Olindo Bussi, che il 13 gennaio aveva festeggiato 103 anni dimostrando una verve che pareva inscalfibile, è morto.

Ha dovuto cedere alla forza della vecchiaia, anche se lui nella sua vita mai era arretrato di un passo. Nemmeno quando, come è accaduto lo scorso 21 settembre in occasione dell’ottantesimo anniversario, partecipava alle cerimonie in ricordo dell’eccidio di Cefalonia e Corfù del settembre del 1943 per opera degli ex alleati tedeschi ai danni dei soldati italiani che, dopo l’8 settembre, si erano rifiutati di arrendersi e consegnare le armi.

Ultimo testimone veronese

«Non mancava mai», ricorda Claudio Toninel, il veronese a capo dell’associazione nazionale dedicata alla Acqui. «Non ha mai voluto utilizzare il servizio di trasporto con la Croce Verde a disposizione dei reduci, preferendo orgogliosamente farsi accompagnare dai figli, prima di salire da solo la gradinata che porta al monumento».

«Con Olindo», continua, «è sparito l’ultimo testimone veronese e uno dei dieci in Italia, di una vicenda della quale ora tocca a noi trasmettere la memoria». «Papà ha avuto una vita davvero piena», racconta il figlio Lucio. «Ha potuto stare a lungo con nostra mamma, che è morta a 92 anni, ed è sempre stato legato alla famiglia. Ironico, giocoso, ma anche molto attento all’attualità e partecipe delle cerimonie civili, ha lavorato molto e poi, una volta in pensione, ha iniziato a fare sculture in legno, che regalava ad amici e conoscenti».

La chiamata alle armi

Nato in una corte rurale di Trevenzuolo, figlio di una famiglia di braccianti, Bussi è occupato fin da piccolo nei campi. Il 5 gennaio 1941, quasi ventenne, è chiamato alle armi e, dopo pochi mesi di Centro addestramento reclute a Merano, è inviato a Corfù. Un’isola di cui nemmeno conosce l’esistenza, per raggiungere la quale ha l’occasione di vedere per la prima volta nella sua vita il mare.

Partenza ritardata

Il 12 luglio 1943 gli viene concessa la prima licenza dopo due anni e mezzo di militare. Una licenza per lui salvifica. Per la caduta del governo Mussolini, avvenuta il 25 luglio, non ha infatti più modo di tornare al suo reparto.

Arrivato al porto di Brindisi il 18 agosto, deve ritardare l’imbarco. Le acque del canale d’Otranto sono presidiate da sommergibili Alleati che silurano i natanti italo-tedeschi. Intanto a Corfù, come nella vicina Cefalonia, si sta per consumare una delle pagine più tragiche della Seconda guerra mondiale, a causa della quale la Acqui vede 1.300 soldati morire in combattimento, oltre 5.000 passati per le armi dai tedeschi e 3.000 naufragati nel successivo viaggio verso la terraferma.

E circa 4.500 sopravvissuti, tutti finiti in prigionia in campi in Germania e Polonia. Olindo Bussi di tutto questo ha solo notizie frammentarie. Rimasto in Italia e assegnato al Nucleo assistenza profughi veste la divisa fino al 15 marzo del 1946, giorno in cui è congedato.

Il silenzio successivo

Per anni non ha voluto conoscere i particolari di quanto era accaduto nelle isole del mar Ionio, tanto che solo decine di anni dopo si è deciso a parlarne con i reduci che conosceva, con alcuni dei quali ha coltivato una lunga amicizia. La lunga esperienza bellica che gli ha portato via gli anni della giovinezza non ha comunque impedito al reduce di ricostruirsi una vita e di formarsi una famiglia molto unita.

Ha vissuto sino alla fine nella stessa casa in cui abitano, con le loro famiglie, i figli Adriano e Lucio. I funerali saranno celebrati sabato alle 10 nella chiesa di Buttapietra. Saranno presenti, in forma ufficiale, rappresentanze del Comune e delle associazioni combattentistiche.

Luca Fiorin

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