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Bosco Chiesanuova

La rinascita di Bocca di Selva, cucina e panettoni fatti a mano

Il rifugio d’inverno è l’ultimo punto raggiungibile in auto, il titolare Matteo Modesti ha scelto di tenere aperto tutti i giorni
Bocca di Selva Matteo Modesti davanti al rifugio che gestisce con la moglie Maira e lo chef Beatrice FOTO PECORA
Bocca di Selva Matteo Modesti davanti al rifugio che gestisce con la moglie Maira e lo chef Beatrice FOTO PECORA
Panettoni solidali a San Bonifacio (Pecora)

Un cambio di vita al sapore di sfida. Ingredienti l’amore per la montagna e la voglia di agire in per farla scoprire e vivere. E se la neve si fa agognare - si è già sciolta la prima spolveratina e non ci sono nuove avvisaglie - c’è almeno quella «consolatoria» di zucchero a velo che si posa sul panettone.

Rifugio Bocca di Selva, a 1.550 metri nel cuore della Lessinia e del Parco naturale. Per festeggiare la riapertura (il rifugio era chiuso dal 1° gennaio 2022) la cucina profuma già degli aromi del dolce natalizio sfornato a più alta quota nel Veronese. Una tiratura limitata di 300 panettoni artigianali «made in Alta Lessinia», per la preparazione, che avviene interamente in loco, e per le materie prime, dalla farina al burro, alle uova, reperiti da piccoli produttori dell’altopiano, citati in etichetta.

Perché il panettone, anziché il veronesissimo pandoro? «Volevamo cucinare più varianti, con i canditi fatti in casa o la cioccolata. Per incontrare i gusti di tutti», risponde il rifugista Matteo Modesti. Lui ha alle spalle «una vita da ristoratore in pieno centro storico». Oggi fa lo stesso mestiere, ma dall’alto dei Lessini. Da luglio, con la moglie Maira, ha ridato vita al rifugio Bocca di Selva.

Neve al rifugio bocca di selva

Una grande stagione

La rinascita che la Lessinia sta vivendo è anche questo: attività che aprono o riaprono, come in questo caso; progetti e investimenti anche grossi, vedi il recupero di Malga San Giorgio; case che vengono comprate. Un apprezzabile fermento, pur bisognoso di essere «governato».

Ed è sull’onda dell’entusiasmo che Modesti ha deciso di scommettere sulla Lessinia: «Originario di Grezzana, diplomato all’ alberghiero di Bosco - un’eccellenza formativa che purtroppo non esiste più - ho sempre percorso la Lessinia in lungo e in largo. Durante l’ennesimo giro, passando davanti al Bocca di Selva chiuso, mia moglie ha lanciato l’idea: perché non lo prendiamo noi? Ed è iniziata l’avventura». «La proprietà del rifugio è quella storica; noi abbiamo acquisito l’attività. Prima di riaprire, la struttura è stata rinnovata».

Ultimo avamposto raggiungibile in auto

Quali le differenze fra il lavorare in centro e in montagna? Modesti sorride: «Tutto è diverso. A cominciare dal cliente, che in città ordina e vuole, giustamente, essere servito; qui desidera calarsi nella vita del rifugio, manca poco che sparecchi». Mentre parla, operai stanno sistemando i cartelli di divieto sulla strada, cento metri più avanti: per tutto l’inverno la viabilità resterà interdetta su quei chilometri di carreggiata che, sperando nella neve, si trasformeranno in pista da fondo.

Ora il Bocca di Selva è l’ultimo avamposto raggiungibile in auto. Alla spicciolata, entrano piccole comitive. Il telefono squilla più volte per prenotare il pranzo. «Come sta andando? Molto bene. Gli avventori ci sono», conferma Modesti, «la Lessinia sta vivendo un grande momento, la domanda è esplosa. Ma bisogna dare risposte pronte. Noi abbiamo scelto di essere aperti tutti i giorni».

Come suggello della nuova storia, per le feste di Natale i frequentatori troveranno in vendita il panettone sfornato, al ritmo lento di dieci pezzi al giorno, dallo chef del rifugio, Rocco Beatrice, pure lui fulminato dalla Lessinia e passato dagli hotel di Selva di Val Gardena al Bocca di Selva: «È una sfida preparare i grandi lievitati in montagna. Ma fare tutto a mano, è una grande soddisfazione».

Lorenza Costantino

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