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Parla l'esperto

«Cani e gatti prede? Capita, e mi aspetterei altri attacchi. Lupi sempre più vicini alle città»

di Lorenza Costantino
Parla l'esperto dopo gli attacchi a Erbezzo. Esclusi pericoli per l'uomo
Un lupo
Un lupo
Un lupo
Un lupo

Due cani sbranati in una settimana. Un terzo salvato dalla proprietaria, che ha scacciato i due lupi giunti nottetempo sotto casa sua. È successo a Erbezzo, fra le contrade Staffor e Dosso. La predazione di cani da parte dei lupi non aveva precedenti a Erbezzo, ricorda il sindaco Lucio Campedelli; tuttavia «in altre parti della Lessinia si erano verificati alcuni casi. Poche unità per Comune».

«Fenomeno minoritario rispetto alle predazioni di capi di bestiame, resta sottotraccia», aggiunge, «perché, per gli animali da compagnia predati, non esiste conteggio ufficiale né rimborso. Ma oltre al danno affettivo, temiamo l’inedita vicinanza degli attacchi all’abitato». 

 

Il parere dell'esperto

Sul caso abbiamo interpellato Luigi Molinari, studioso dei grandi carnivori italiani, in particolare del lupo e dell’orso marsicano, e tecnico faunistico del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, dove i branchi si insediarono trent’anni fa, ben prima che in Lessinia. 
Come si spiegano le incursioni dei carnivori nelle contrade e l’aggressione ai cani?

Risponde Molinari: «Non è un’abitudine generalizzata nella popolazione dei lupi. Capita che, non tutti, ma qualche esemplare individui il cane da compagnia, soprattutto di taglia medio-piccola, come una preda facile. Un pasto che richiede poca fatica, sfidando l’atavica paura dell’uomo e delle sue strutture».
«Il disagio che comunque i lupi provano ad avvicinarsi agli ambiti umani è testimoniato dal fatto che la vittima, di solito, viene trascinata via e divorata a distanza. Anche i gatti possono diventare prede». La causa? «È arduo spiegare perché, da un momento all’altro, si inneschi questo tipo di predazione. A volte», precisa l’esperto, «a praticarla sono lupi in difficoltà, menomati o malati, che non riescono a cacciare animali selvatici o di grossa taglia; ma altre volte sono esemplari del tutto sani».

E prosegue: «In Pianura Padana, per esempio, abbiamo osservato fattori predisponenti alla predazione degli animali da compagnia. Tra questi, la familiarità che i lupi acquisiscono con le attività umane, frequentando i dintorni di stalle e allevamenti per mangiare resti animali, come placente o vitelli morti». 
«I lupi, da predatori adattabili quali sono, imparano in fretta. E se hanno l’occasione di specializzarsi su un nuovo tipo di preda diventano seriali. Nella zona in cui lavoro, nel 2013 c’è stato un branco guidato da un maschio senza una zampa che, per due anni, era arrivato ad attaccare quasi ogni domenica i cani da caccia al cinghiale nei boschi. Perciò», suggerisce, «nei panni degli abitanti di quella zona della Lessinia, mi aspetterei altre incursioni. E avrei cura di far rientrare in casa il mio cane al primo buio. Solitamente il fenomeno finisce com’è iniziato, a causa della morte dei predatori stessi». 

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Pericolo per l'uomo?

Lupi a ridosso delle case significa pericolo per l’uomo? «È un’equazione che non farei», risponde Molinari, «non essendo supportata dalla letteratura scientifica mondiale. Una persona che si aggirasse, anche di notte, nei territori di caccia dei lupi non rischierebbe di più che in altre zone». «Al contempo», sottolinea, «bisogna sapere che il lupo, in espansione in tutta Italia per l’effetto combinato della sua grande adattabilità e della protezione dalla caccia, si avvicinerà sempre di più ai luoghi antropizzati. Non solo in montagna, ma anche nei centri maggiori. È già successo a Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna, dove i lupi si trovano a cinque minuti d’auto dalla città», spiega.

«Per vivere, infatti, non hanno bisogno di enormi foreste, ma solo di un posto dove rifugiarsi di giorno, come un modesto bosco, e di una sufficiente disponibilità di acqua e cibo. In Pianura Padana, dove i bovini vivono stabulati in grandi capannoni, i lupi mangiano nutrie, fagiani, aironi e scarti delle stalle». «Ovviamente, più la disponibilità di cibo è alta, più aumenta il richiamo dei lupi. È necessaria e inevitabile un’evoluzione, da parte nostra, nell’adattarci alla loro presenza, cui eravamo ormai disabituati». 

 

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