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LA CRISI IDRICA

L'Adige ancora sotto il livello di guardia, ora è sotto tutela, e torna la «guerra dell’acqua»

L’Osservatorio del Triveneto ha deciso un monitoraggio continuo
’Adige in città: la portata d’acqua è ridotta
’Adige in città: la portata d’acqua è ridotta
’Adige in città: la portata d’acqua è ridotta
’Adige in città: la portata d’acqua è ridotta

L’Adige, da ieri, è sotto tutela. L’Osservatorio permanente che riunisce tutte le istituzioni e le realtà che hanno a che fare con la gestione dei fiumi nel Triveneto ha infatti deciso di avviare un monitoraggio in continuo delle condizioni del corso d’acqua, prevedendo di riconvocarsi entro una settimana nel caso in cui la situazione delle portate dovesse peggiorare in maniera tale da rendere necessaria l’adozione di misure drastiche.

 

«Sino allo scorso 4 luglio la situazione risultava abbastanza in equilibrio, grazie al fatto che in montagna si verificavano delle piogge, ma negli ultimi giorni c’è stato un grave calo del livello dell’acqua e già ora siamo sotto al limite superato il quale inizia la risalita dell’acqua marina dalla foce», dichiara Andrea Crestani, il direttore di Anbi (Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni) Veneto. L’associazione che riunisce i consorzi di bonifica.

 

Lunedì scorso a Trento, per la precisione a Ponte San Lorenzo, si registrava un deflusso di 180 metri cubi al secondo d’acqua, che diventavano 90 a Boara Pisani, nel Rodigino. Ieri a Trento si contavano invece 140 metri e, soprattutto, a Boara Pisani se ne misuravano 70. Qui si è quindi scesi di 10 metri cubi al secondo sotto il limite di guardia per quanto riguarda il cuneo salino.

 

«Siamo già messi non bene e le previsioni meteorologiche sono addirittura terribili», precisa Crestani. Il quale spiega che per ora non si parla di possibili piogge diffuse ed, addirittura, si prevede per almeno una settimana, se non addirittura per dieci giorni, il perdurare di temperature superiori ai 35 gradi. «Intanto, però, per circa un altro mese i campi avranno bisogno di essere bagnati ed a questo punto, stante la situazione attuale delle risorse, solo scelte straordinarie potranno consentire che lo si possa fare», dice. Attualmente il canale Leb, dal quale dipende l’irrigazione di una vasta porzione delle province di Verona, Vicenza, Padova e Venezia, sta derivando a pieno regime dall’Adige a Belfiore e nella nostra provincia è mediamente disponibile il 75% dell’acqua solitamente richiesta in questo periodo. Se non piove, però, solo degli apporti dalla natura eccezionale possono permettere di salvare la situazione.

 

«È necessario che i trentini rilascino più acqua dai loro bacini, perché altrimenti si rischiano di compromettere tutti i sacrifici fatti sinora», sostiene Crestani. Le cui parole mettono in luce un aspetto della crisi attuale ben noto. Le acque dell’Adige sono contese, cosa che emerge con forza ogni volta che i livelli calano, fra le aziende idrolettriche trentine, gli agricoltori veronesi e rodigini e, se non bastasse, i gestori di alcuni acquedotti delle province di Rovigo e Venezia. Per cercare di risolvere questo braccio di ferro, trentini e veneti hanno qualche settimane fa avviato un tavolo tecnico ed i primi hanno deciso di rilasciare più acqua nei giorni di fine settimana. Secondo chi si occupa di irrigazione, però, tutto questo non basta. «L’osservatorio, al termine di una lunga discussione, ha deciso di non alzare il grado di severità idrica dell’Adige (che attualmente indica una situazione critica, ma non tale da causare danni irreversibili, ndr), ma tutto può cambiare in brevissimo tempo», sottolinea Crestani.

 

D’altronde, nel resto del Nordest è ipotizzata l’adozione di misure decisamente straordinarie. Secondo Anbi, nei bacini del Piave e del Brenta è necessario correre dei rischi ambientali pur di non perdere le produzioni agricole. Anbi ha infatti chiesto che possa essere utilizzato per i prossimi 15 giorni tutto il deflusso minimo vitale presente nei fiumi. «In buona parte del Triveneto la situazione è drammatica: nel delta del Po ci sono 30mila ettari di terreni agricoli senza irrigazione e che in alcune aree del Veneziano c’è acqua solo per il 15% dei campi», spiega Crestani. «E già ora sono quantificabili danni all’agricoltura che sfiorano il miliardo di euro e c’è il rischio che si perda buona parte della produzione». 

Luca Fiorin
luca.fiorin@larena.it

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