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L'analisi

Immobili sequestrati alla mafia: 78 nel Veronese, 54 già destinati al sociale

Gli ultimi dati del progetto «Consulta della legalità», promosso dalla Camera di Commercio di Verona in collaborazione con l’Associazione Avviso Pubblico
Nicola Baldo interviene all’incontro promosso da Camera di Commercio e Avviso Pubblico
Nicola Baldo interviene all’incontro promosso da Camera di Commercio e Avviso Pubblico
Nicola Baldo interviene all’incontro promosso da Camera di Commercio e Avviso Pubblico
Nicola Baldo interviene all’incontro promosso da Camera di Commercio e Avviso Pubblico

Da villa con piscina di un narcotrafficante a ostello per gli amanti della bicicletta.  È la storia del Gabanel Bike Hostel. Immerso nelle colline di Bussolengo, ha aperto un anno fa ed è uno dei 78 immobili e 5 aziende sequestrati finora nel Veronese alla criminalità organizzata.

Un luogo perfetto, quindi, per presentare gli ultimi dati del progetto «Consulta della legalità», promosso dalla Camera di Commercio di Verona in collaborazione con l’Associazione Avviso Pubblico. In particolare per rendere noti i risultati dei quattro gruppi tematici creati per monitorare i settori più a rischio di infiltrazioni mafiose sul nostro territorio: agricoltura, logistica, edilizia e turismo. Simbolico anche il giorno scelto, perché precede l’anniversario della strage di Capaci (oggi per chi legge). 

Metterli all'asta sarebbe rischioso

«I beni immobili finora confiscati nel Veronese», ha spiegato Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico e veronese d’adozione, «sono appunto 78, 54 dei quali già destinati, cioè riutilizzati, come appunto il Gabanel Bike Hostel. Si tratta di terreni, case, appartamenti e garage. Gli altri 24 sono ancora in gestione al l’Anbsc, Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata».

Metterli all’asta sarebbe rischioso. I vecchi proprietari potrebbero ricomprarli usando prestanome. «La priorità è quindi che il bene torni alla collettività», ha sottolineato Marco De Pasquale, collaboratore dell’Osservatorio parlamentare di Avviso Pubblico, anche lui intervenuto all’incontro al quale hanno preso parte Nicola Baldo, componente di Giunta della Camera di Commercio di Verona, Daniele Zivelonghi, coordinatore provinciale di avviso Pubblico e sindaco di Fumane, Anna Grazia Giannuzzi, viceprefetto di Verona, il sindaco di Bussolengo Roberto Brizzi, il comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri Francesco Novi e quello della Guardia di Finanza Vittorio Francavilla, oltre ai rappresenta dei quattro gruppi di lavoro tematici. 

«La grande conquista è stata la legge 109 del 1996», ha continuato De Pasquale. «Prevede che i beni confiscati dallo Stato alla mafia possano essere riutilizzati per scopi sociali. E così quelli veronesi sono diventati sedi istituzionali o operative, sono stati affidati a cooperative, associazioni e forze dell’ordine».

Le aziende sequestrate: alcune erano «lavatrici» di denaro sporco

A Verona sono state sequestrate anche cinque aziende. «Due delle quali sono già state destinate», spiega Romani, che ricorda: «I lavoratori possono anche creare una cooperativa per continuare a farle funzionare, ma prima occorre fare una valutazione, perché tante potevano restare aperte perché “pompate”: erano lavatrici per riciclare il denaro sporco e quindi non sarebbero riuscite a “stare in piedi” da sole».

Baldo, portando i saluti del presidente della Camera di Commercio di Verona Giuseppe Riello, ha ribadito l’importanza dei gruppi di lavoro creati per monitorare i settori economici veronesi più a rischio di infiltrazioni mafiose e ha ricordato quanto accaduto durante il periodo del Covid. «Quando molte aziende entrate in crisi sono state rilevate dalla mattina alla sera con pagamenti in contanti», ha detto, sottolineando la necessità che non solo le forze dell’ordine e i sindaci, ma anche professionisti come notai, avvocati, commercialisti aiutino a contrastare l’attività mafiosa segnalando situazioni dubbie. 

«Una sezione della Dia a Verona»

«Se un’azienda cambia proprietario quattro-cinque volte il notaio non può non accorgersene», ha proseguito. «Se lo segnalasse ci aiuterebbe». Anche Zivelonghi ha parlato della necessità di promuovere la cultura della legalità, superando le barriere politiche, per fare rete. «Solo intervenendo insieme si può diventare efficaci, ricordando che il futuro non è roseo: ci saranno sempre più pensionati e il tessuto sociale cercherà una “via per arrangiarsi” finendo magari nell’illegalità».

Ha quindi parlato delle difficoltà di approfondire situazioni dubbie per un altro problema. «Quando nei nostri Comuni arriva un operatore economico di grandi dimensioni non è facile monitorare la situazione quando c’è poco personale, come accade in tanti Comuni. Confrontarsi è l’unica “rete” che abbiamo». Giannuzzi, infine, ha sottolineato come sia importante che si arrivi all'istituzione di una sezione della Dia a Verona, aggiungendo quanto siano utili i protocolli stilati con le associazioni di categoria e come la Prefettura sia aperta a ulteriori collaborazioni. «La Prefettura sta analizzando più di una decina di posizioni sospette sul tema delle interdittive nel 2023».
 

Chiara Tajoli

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