Il tanto atteso regolamento europeo sulla presenza di Pfas nell’acqua potabile è stato votato, ma non soddisfa nessuno. Ieri, a Strasburgo, il Parlamento europeo ha infatti deciso di stabilire un limite, peraltro ben poco stringente, solo per quanto riguarda le sostanze perfluoro-alchiliche che attualmente non vengono più prodotte in Veneto.
Una scelta che ha fatto insorgere sia chi si batte contro l’inquinamento che i politici. Da tutti costoro, infatti, è stato per prima cosa criticato pesantemente il fatto che non è stata dettata nessuna regola né per i Pfas a catena corta - quelli che da qualche anno escono dall’industria chimica di Trissino, Vicenza, che secondo le istituzioni è all’origine di una grave contaminazione delle falde acquifere - né, men che meno, per i perfluorati di ultima generazione, di cui ogni tanto appare la presenza nel territorio.
La mozione che è stata approvata, che era stata presentata dal Ppe, ha ottenuto una maggioranza decisamente risicata. È infatti passata con 276 voti favorevoli e 271 contrari.
L’emendamento proposto dal Ppe, che ha ottenuto l’approvazione grazie anche al fatto che il gruppo liberale ha modificato la sua posizione iniziale, conferma il limite a 100 nanogrammi/litro, ma solo per i Pfas a catena lunga, come Pfoa e Pfos, e pone come tetto cumulativo 500. Non sono invece passati gli emendamenti proposti dalla leghista vicentina Mara Bizzotto, che prevedeva come limite lo zero, né quello di Movimento Cinque Stelle e sinistra, che ipotizzava delle presenze massime che allo zero erano di poco superiori.