<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Il caso

«Non entri perché sei nero». Proteste contro il locale, che si difende: «È stato uno scambio di persona»

Venerdì all’Opera si esibiva il rapper Villabanks, e molti ragazzi hanno partecipato all’evento
Venerdì all’Opera si esibiva il rapper Villabanks, e molti ragazzi hanno partecipato all’evento
Venerdì all’Opera si esibiva il rapper Villabanks, e molti ragazzi hanno partecipato all’evento
Venerdì all’Opera si esibiva il rapper Villabanks, e molti ragazzi hanno partecipato all’evento

A scatenare i social è stato il post di una mamma. E le reazioni di sdegno, provocate dal suo scritto, sono state tante.
«Ho due figli mulatti. Li ho cresciuti con valori quali onestà, rettitudine, rispetto per tutti. Ora il ragazzo ha quasi 16 anni e la ragazza 14, sono dei bravi ragazzi. Venerdì sera mio figlio è andato per la prima volta ad una festa del liceo in un locale della provincia di Verona, l’Opera di Bussolengo, per vedere Villabanks assieme ad altri amici del nostro paese, che conosce dai tempi dell’asilo. Amici di sempre… bravi ragazzi. Una volta arrivato all’ingresso assieme agli altri ragazzi, il buttafuori gli dice: “tu non entri perché sei nero”, e gli restituisce immediatamente i soldi dell’ingresso di tutti: 700 euro. Lui rimane basito, chiede il motivo, e si sente rispondere che queste sono le disposizioni, perché “spesso i neri fanno casino“. I suoi amici si sono tutti mobilitati in gruppo dicendo che non era giusto, e che nessuno sarebbe entrato senza di lui, perché non aveva nessuna “colpa”. 
Non aveva commesso nulla di “sbagliato”. Hanno chiesto quindi l’intervento del responsabile del locale, e alla fine sono riusciti, dopo un’ora e mezza mostrando il documento di mio figlio che dimostra che è italiano (che peraltro non significa nulla…), a farlo entrare», scrive la mamma.
«Tralasciando il mio dolore a sentirmi dire, da mio figlio: “mamma, non preoccuparti, io ci sono abituato”, voglio fare qualcosa affinché in questa Italia ci si possa muovere perché non esistano discriminazioni per nessuno. Vorrei che qualcuno mi aiutasse… se i social possono servire a divulgare messaggi positivi, e non solo sciocchezze».

Questo il post della signora, ma la controparte, Simone Farina, che gestisce sia il Berfi’s che l’Opera ha un’altra versione. Dopo che gli abbiamo spiegato la faccenda ha subito chiesto informazioni al suo personale.
«All’ingresso venerdì c’era uno degli uomini della nostra sicurezza di colore, quindi se l’intento è di arrivare a dire che c’è stato un episodio di razzismo, la stoppo subito», dice Farina, «basta guardare le immagini dei due locali per vedere che all’interno ci sono anche clienti di colore. Vero invece è che non facciamo più entrare persone, anche di colore, che abbiano fatto casino all’interno. Di queste persone, dopo alcuni episodi ci siamo fatti dare il documento e l’abbiamo fotocopiato, e quindi quando si presentano viene controllata la lista delle persone non ammesse», spiega Farina. Che aggiunge: «Probabilmente il ragazzo in questione assomigliava ad uno di quelli che sono banditi e quindi all’inizio gli è stato detto che non poteva entrare. E che sia andata così lo dimostra il fatto che una volta controllato il documento il giovane e la sua compagnia sono entrati».
Farina non ha dubbi: «Da noi lavorano persone di colore e dell’Est. Per tutelare i nostri clienti non faccio entrare giovani che abbiano rubato, cellulari o collanine, ci sono alcune bande tra i 16 e i 19 anni. E da quando applichiamo questa politica non ci sono stati più episodi simili, nella maggior parte dei casi si tratta di soggetti marocchini. Non è una questione razziale, il loro allontanamento, ma una questione di sicurezza per tutti gli altri giovani che hanno voglia di divertirsi. E spesso ci sentiamo dire da quei soggetti non mi fai entrare perchè sono nero. No, non li facciamo entrare perchè rubano. È diverso».
Anche gli amici del ragazzo inizialmente rifiutato si sono mossi: ieri hanno mandato mail ai gestori del locale, che hanno risposto, scusandosi. I giovani hanno ribadito che il buttafuori era dell’Est e non di colore, hanno sottolineato che non è stata una cosa immediata entrare, bensì ci sono riusciti dopo un’ora e mezza di trattativa.
«Mio figlio, che era rimasto nel parcheggio a camminare per tutto quel tempo mi ha detto che non andrà più in quel locale. E così dicono anche i suoi amici, che sono stati davvero dei grandi», conclude la donna.

Alessandra Vaccari

Suggerimenti