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Influenza aviaria tra i gabbiani «Non c’è stato il salto di specie»

Un gabbiano morto sul lago: decine i casi accertati di aviariaUn agente di polizia municipale raccoglie carcasse di volatili morti nel Basso Garda
Un gabbiano morto sul lago: decine i casi accertati di aviariaUn agente di polizia municipale raccoglie carcasse di volatili morti nel Basso Garda
Un gabbiano morto sul lago: decine i casi accertati di aviariaUn agente di polizia municipale raccoglie carcasse di volatili morti nel Basso Garda
Un gabbiano morto sul lago: decine i casi accertati di aviariaUn agente di polizia municipale raccoglie carcasse di volatili morti nel Basso Garda

Influenza aviaria e gabbiani: l’allerta resta alta ma si intravvede la fine dell’emergenza. I casi di contagio continuano a salire ma l’avanzare della stagione e il mancato trasferimento del virus ad altri animali sembrerebbero poter far presagire un’evoluzione della situazione meno drammatica di quanto ci si attendeva. I numeri A ieri l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie con sede a Legnaro, in provincia di Padova e centro di riferimento a livello sia nazionale che europeo per l’aviaria, registrava 45 casi conclamati di contagio di gabbiani in poco più di tre mesi in Italia. La prima presenza accertata del virus ad alta patogenicità H5N1 in gabbiani risale al 28 novembre 2022 ed è stata registrata in provincia di Bologna. Poi l’influenza ha colpito questa specie di uccelli a gennaio nel Ferrarese ed a febbraio nelle provincie di Rovigo e Modena prima di manifestarsi nella nostra provincia a partire dal lago di Garda. A livello continentale dal settembre del 2022 ci sono stati 2.500 casi di contagio. Germania, Francia e Paesi bassi sono le nazioni che hanno registrato le maggiori presenze del virus. È ancora peggiore la situazione oltreoceano. Nell’America del Nord, soprattutto negli Stati Uniti, ed in quella del Sud, segnatamente in Perù, Cile ed Ecuador, da mesi si verificano mortalità molto elevate. Primato del Veronese Nella nostra provincia, a partire dal 10 febbraio scorso, l’H5N1 è stato isolato nei corpi senza vita di 43 gabbiani. La maggioranza di loro è stata trovata nell’area lacustre, ma ci sono anche casi lungo l’asta dell’Adige. A ieri i pennuti appartenenti a questa specie risultati formalmente infettati risultavano essere in Italia meno di 70. Le carcasse esaminate sono state trovate in Lombardia, nelle provincie di Brescia e Mantova, Emilia Romagna, fra Ferrara, Modena e Parma, e nell’area del Garda appartenente alla provincia di Trento, dove, giusto giovedì, sono stati confermati tre nuovi casi. Va ricordato che la presenza del virus era stata riscontrata a partire dallo scorso ottobre anche in una serie di uccelli selvatici presenti in varie zone del Centro-Nord, dall’alzavola, al germano reale, all’oca selvatica, al fischione, al cigno reale, alla cicogna bianca, alla poiana. È, però, da sottolineare che è da un mese che il virus viene isolato solo in cadaveri di gabbiani tranne per un caso relativo ad un airone cinerino trovato morto nel Bresciano. Le stime Secondo alcune proiezioni, solo nell’area bresciana del lago ci sarebbero state sinora fra i 400 e 500 morti di gabbiani. I dati ufficiali parlano di un’incidenza molto più contenuta, limitata sinora ad una decina di casi, però va detto che sicuramente il fenomeno è più ampio di quello che appare dai report istituzionali. A confermarlo è per primo Calogero Terregino, veterinario a capo del centro di riferimento dello Zooprofilattico delle Venezie. «È chiaro che il fenomeno è più esteso di quanto appare dai numeri relativi agli esiti delle analisi», spiega. Evoluzione del fenomeno «Questa nuova influenza aviaria è arrivata in Italia con le rotte migratorie dei gabbiani, che sono scesi dal Nord Europa, attraverso la Francia», rivela il dottor Terregino. «Come è giunto con le migrazioni, il virus può però andarsene allo stesso modo», aggiunge. Spiegando che entro qualche settimana molti pennuti se ne torneranno a Nord. «È probabile che già entro la fine di questo mese la maggior parte dei gabbiani si sia messa in viaggio verso i paesi posti nell’area più settentrionale del continente», dice il veterinario. Un fatto che potrebbe comportare la fine dell’allarme. "Certo stiamo parlando di ipotesi, per cui è necessario attendere la prova dei fatti prima di fare discorsi più articolati", aggiunge, da vero uomo di scienza, il direttore. Egli, però, rivela anche che nelle ultime settimane la presenza del virus è stata accertata solo in gabbiani. "Le analisi compiute negli ultimi giorni per quanto riguarda cigni e svassi trovati morti hanno dato esito negativo", precisa. Sottolineando che non sinora non si è avuta nessuna notizia di trasferimenti del virus nei mammiferi. Gli allevamenti L’influenza aviaria attuale non sta interessando il mondo dell’avicoltura. Pur appartenendo allo stesso cippo che si era diffuso sino alla fine di dicembre in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, provocando una trentina di focolai di contagio e pesanti danni al settore avicolo, il virus attualmente in circolazione si è sinora manifestato solo nei volatili selvatici. Il Veronese, va ricordato, è una capitale dell’avicoltura italiana, visto che vale da sola il 50% del settore in Veneto, che a sua volta è un terzo di quello nazionale. Nella nostra provincia da settimane, dopo i blocchi dovuti all’ultima epidemia, le attività di allevamento sono riprese nella loro interezza. Attività che stanno continuando regolarmente, anche se con la massima attenzione per quanto riguarda le regole di biosicurezza. •.

Luca Fiorin

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