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maltrattamenti

Donne abusate e minacciate. Sette all’anno nel rifugio segreto nell'Est Veronese

Arrivano con figli minori sempre per persecuzioni attuate da un uomo nel nucleo familiare Il picco nel 2021 dopo il lockdown
Il fenonemo In aumento anche nell’Est veronese i casi di maltrattamento contro le donne
Il fenonemo In aumento anche nell’Est veronese i casi di maltrattamento contro le donne
Il fenonemo In aumento anche nell’Est veronese i casi di maltrattamento contro le donne
Il fenonemo In aumento anche nell’Est veronese i casi di maltrattamento contro le donne

Dove sia lo sanno solo le donne che vi si sono rifugiate e gli operatori che le hanno accolte quando hanno deciso di dire basta alla violenza domestica: è la Casa rifugio a cui dall'ottobre del 2018 hanno dato vita i Comuni dell’Est veronese.

Co-finanziata dallo Stato e della Regione Veneto, mentre ai Comuni di provenienza spettano le rette giornaliere di chi è accolto, la Casa rifugio è gestita dalla Fondazione Don Calabria.

Passa soprattutto dalla segretezza sul luogo dove sorge, la sicurezza per le donne maltrattate ed i loro figli: sette, con 12 minori e un figlio già maggiorenne quelle che tra le sue pareti hanno trovato protezione nel 2022 (in due casi l’accoglienza non si è ancora conclusa). Sovrapponibili i dati di questo 2023 visto che, al 31 ottobre, le donne accolte risultavano sette con nove minori: numeri in linea con quelli degli ultimi anni pur con un picco, nove donne, registrato nel 2021 a valle del lockdown.

Accoglienza

Tre al massimo le donne che possono essere accolte in contemporanea con una capienza che, tenendo conto del numero di figli minori, arriva ad 11 persone. Tutte straniere (tre indiane, una pakistana, una kosovara, una nigeriana ed una albanese) e tutte che hanno sporto denuncia alle Forze dell’ordine, le donne che erano state inserite in Casa rifugio nel 2022, per lo più tra i 20 ed i 40 anni ed in media assieme a due figli minori: proporzionale l’età dei bambini, cinque nella fascia d’età fino ai sei anni, sei in quella tra sette e 13 ed un solo minore in quella che arriva alla maggiore età.

Sono solo alcuni dei dati raccolti e messi a disposizione dai Servizi sociali del Comune di San Bonifacio, Comune capofila della rete antiviolenza. Due delle donne accolte avevano la licenza media, tre un diploma, una la laurea. Solo tre di loro lavoravano, le altre erano disoccupate o inoccupate.

Percorsi

Sono arrivate alla Casa rifugio in due casi attraverso il Centro antiviolenza; tre sono state inserite dai servizi sociali, in un caso su segnalazione dei carabinieri ed in un altro del Pronto soccorso (tre quelle che vi hanno fatto ricorso). Sei di loro erano coniugate ed una sola separata: violenza fisica e psicologica sono le situazioni denunciate da tutte, due hanno denunciato anche violenza sessuale, cinque violenza di carattere economico ed una è stata fatta oggetto di atti persecutori (stalking).

In sette casi su sette l’autore delle violenze era un uomo ed in un caso una donna: coniuge/partner convivente in sei casi, ex in un caso, un familiare convivente in un altro.

Protezione

Due (ognuna assieme ai due figli piccoli) le donne accolte in emergenza, prima cioè della presa in carico, altrettante quelle risultate a rischio. Le donne si sono trattenute nella Casa rifugio in media per due mesi, ma ci sono stati anche casi di permanenza brevissima, sei giorni o assai lunga, 124.

Ciò che è stato fatto, a seconda delle diverse situazioni, è stata la messa in protezione, l’inserimento scolastico dei minori, la regolarizzazione dei documenti, il sostegno psicologico alla donna e l’accompagnamento legale nei procedimenti del processo civile e penale.

Per una donna si è reso necessario il trasferimento ad altra Casa rifugio in area geografica più sicura, per tre si sono create le condizioni per il rientro in famiglia ma c’è anche chi ha abbandonato l’accoglienza: a fronte di progetti personalizzati, una donna ha raggiunto l’autonomia, un’altra quella lavorativa ed un’altra ancora quella abitativa.

Paola Dalli Cani

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