In 35 anni ha all’attivo 1.061 fra maratone e corse ancora più lunghe. La sua distanza ideale sono i cento chilometri e ancora adesso che sta per compiere 74 anni porta a termine tre-quattro marce al mese. Non sotto casa, ma viaggiando in tutto il mondo. Il bello è che tutto questo non lo fa per battere record sportivi, ma per conoscere se stesso. Correre, infatti, ha per lui un valore quasi spirituale.
La famiglia
Il podista senza limiti, né di tempo né di spazio, si chiama Antonio Grotto. È un ex imprenditore, sposato, padre di due figli e nonno di quattro nipotini. Grotto vive tra Thiene, nel Vicentino, Parigi e San Martino Buon Albergo, dove ha sede una delle aziende da lui fondate, la Genero Anna, ancora in mano alla sua famiglia e per la quale è stato premiato dal Comune per le sue performance da record.
Centoquaranta nazioni
«Ho sempre fatto sport, principalmente ciclismo e vela, prima di iniziare per caso a correre mentre mi trovavo in vacanza in Sardegna», racconta Grotto. «Nel giro di tre mesi ho partecipato alla mia prima maratona e poi non mi sono più fermato». Il marciatore spiega che questa attività sportiva gli ha permesso di portare avanti anche il suo grande amore per i viaggi, consentendogli di vedere con occhi diversi da quelli di un normale turista luoghi per elencare i quali servirebbe pagine e pagine di racconti.
«Secondo quanto risulta dai documenti relativi alle gare presenti in Internet, avrei corso in 140 nazioni di tutti i continenti, ma in realtà sono più numerose, visto che di molte marce non si trovano più tracce», precisa l’imprenditore. «Per poter seguire questa mia passione ho trascorso, in giro per il mondo, fra i quattro e i sei mesi all’anno», rivela il podista globetrotter. «Tutto ciò è stato possibile perché ho sempre responsabilizzato i miei collaboratori, facendo in modo che guadagnassero in base a quanto riuscivano a fare e, quindi, riuscendo così a far andare avanti nel migliore dei modi il lavoro», aggiunge. È evidente che serve molto tempo per poter raggiungere luoghi spesso lontani e poi, come spesso fa Grotto, fare giorni di trekking prima di partecipare alla marcia vera e propria, che, in alcuni casi, si svolge in più tappe. Non è immediato, chiaramente, lo spostamento da una parte all’altra del mondo. E lui ha corso, tra i tanti luoghi, in Sudafrica, Namibia, Giappone, Vietnam, Nepal e ancora Russia, Australia, Stati Uniti, Canada e Sudamerica.
Esperienze al limite
«Ho visto davvero buona parte della terra», spiega Grotto, «e in alcuni casi ho vissuto delle esperienze incredibili». Come quella volta, nel deserto di Atacama, in Cile, dove prima che a correre bisognava pensare a garantirsi la sopravvivenza, oppure quando si trovò nel Sahara, a marciare lungo i campi profughi - di una delle tante guerre dimenticate - sparsi fra il Mali, l’Algeria e il Marocco. «A New York ho fatto la maratona con le lacrime agli occhi, perché era il novembre 2001 e c’erano ancora le macerie e la polvere dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre», racconta. «A Venezia», continua, «ho completato una maratona “in ammollo”, perché eravamo nel pieno di un’ondata di acqua alta, ma questi sono solo alcuni dei ricordi che mi vengono in mente», aggiunge con grande serenità il marciatore.
Tecniche degli sciamani
Ha imparato dagli sciamani orientali le tecniche di sopravvivenza e in alcuni casi le ha dovuto applicare. «Scoprendo che basta davvero poco per alimentarsi», sottolinea, mentre gli torna alla mente di aver visto luoghi dimenticati da tutti e che ha potuto conoscere personaggi come il Dalai Lama. Parlando inglese e francese e imparando le cento parole essenziali della lingua di ogni luogo in cui si trovava a passare. «Per me correre, marciare e andare alla scoperta di nuovi luoghi è in fondo una forma di ricerca spirituale», precisa Antonio Grotto. «Sono rimasto letteralmente sconvolto quando in Nepal ho visto le persone nel tempio della Dea bambina, perché non mi capacitavo del fatto che si potesse adorare un essere vivente e da quel momento ho avuto la curiosità di conoscere culti e religioni e sono arrivato a capire meglio me stesso», aggiunge. Per lui l’unico credo è non porsi limiti mentali. «Nella vita nulla è impossibile e io, che sono conscio di aver finora vissuto una favola, ritengo che il futuro sia splendido e che lo sport costituisca la migliore polizza per la salute», dice convinto. Quanto al futuro, afferma: «Non intendo certo fermarmi, ho inviti da tutto il mondo per i prossimi tre anni, perché la corsa più bella è sempre la prossima», conclude sorridendo.