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Sulla sommità della Rocca regna l’incuria

La sommità della Rocca del Garda in stato di incuria
La sommità della Rocca del Garda in stato di incuria
La sommità della Rocca del Garda in stato di incuria
La sommità della Rocca del Garda in stato di incuria

Siamo tornati, a distanza di un mese, sulla sommità della Rocca di Garda per verificare lo stato di salute di un simbolo della Comunità della Riviera degli olivi. Dopo la «denuncia» di totale degrado dei luoghi, come riportato sulla pagina web de L’Arena.it, abbiamo con piacere notato che qualcosa si è mosso. Scomparsi i sacchetti di rifiuti abbandonati dai soliti incivili all’altezza della sella che congiunge la Rocca di Garda con l’eremo di San Giorgio di Bardolino. Scomparso il carrello posizionato abusivamente alle spalle della casa rossa che da Bardolino conduce alla «sella». Pulito, assestato e facilmente transitabile il percorso che porta alle pendice della Rocca. Poco cambia invece sulla sommità, il pianoro della Rocca, anche se si sta finalmente lavorando per tagliare il possente albero caduto a pochi metri da ciò che la tradizione ama segnalare come il trono delle Regina Adelaide. Insomma il biglietto da visita di quello che è un naturale balcone sul Benaco, luogo di grande fascino e storia, è meno deprimente. Rimane lo schiaffo morale per un’area a spiccata vocazione internazionale. Un segnale che va in collisione con le richieste e gli inviti, che si levano a più voci e da più parti, di un cambio di rotta a livello di politica turistica. Non più di massa, ma di qualità: nei servizi e nell’offerta a favore dell’industria del forestiero. Non solo lago, spiaggia, enogastronomia, ma anche proposte culturali, escursioni in bici, passeggiate nell’entroterra alla riscoperta di angoli che mantengono un legame forte con la tradizione del posto. Ebbene se per caso qualche turista, e non mancano, decidesse di lasciare la comoda piscina di un albergo o le spiagge della costa lacustre per fare un «salto» in quella che la tradizione narri sia stata (anno 951) la prigione di Adelaide di Borgogna, - regina d’Italia e futura imperatrice del Sacro Romano Impero Germanico al fianco di Ottone I -, rimarrebbe senza parole. Basito non per la maestosità del luogo ma per lo stato di abbandono dell’area. E pensare che in occasione del millenario della morte di Adelaide (999-1999) la Provincia di Verona, retta da Antonio Borghesi, stipulò un accordo di programma con il Comune di Garda e Bardolino. Settecento milioni di vecchie lire (la metà dalla Provincia) messi in campo dai tre enti per avviare, spalmati in più anni, scavi, ricerche, pubblicazioni e recupero dei sentieri della Rocca. Il tutto con l’obiettivo di valorizzare un luogo grazie ad un’accurata campagna di ricerche archeologiche, rendendo fruibile e sicura la sommità e i luoghi circostanti della Rocca. In due parole confezionare un prodotto culturale-turistico di grande appeal. L’Arena ne diede puntuale riscontro nel settembre del 1999. Sottolineando le varie scoperte ma anche i lavori fatti per sistemare i percorsi che salgono da Garda e Bardolino, la creazione di aree per picnic, protezioni in pietra e legno. Ecco dimenticato tutto questo. Chi arriva oggi sulla sommità della Rocca vecchia si trova davanti una natura selvaggia, abbandonata. Piante cadute, erba altissima, segni di bivacchi e tanta incuria. Un vero peccato anche perché basterebbe volgere lo sguardo sulla sponda bresciana del Garda per ammirare e prendere esempio dalla valorizzazione del Parco della Rocca di Manerba. «Il problema di fondo è che l’area nel complesso ha diversi proprietari. Per ciò che è di nostra competenza mi risulta essere a posto con i lavori», afferma Sacha Allevato, consigliere comunale di Garda con delega all’ecologia. «Risponde a distanza Tiziano Cristofaletti presidente dell’associazione no profit Garba (acronimo di Garda-Baldo) che cura i sentieri (a dir il vero in stato più che accettabile) per le mountain bike nella parte bassa della sommità della Rocca. «Purtroppo non è facile tenere pulita una zona cosi ampia», sottolinea Cristofaletti. «Noi come volontari facciamo il possibile e notiamo che esiste anche la volontà degli enti. Riceviamo ad esempio un contributo dalla Federlaberghi per tenere in ordine i sentieri di mountain bike da loro promossi. Certo che gli atti vandalici sono all’ordine del giorno. La segnaletica sistemata ad inizio stagione è stata danneggiata e il sottobosco avrebbe bisogno di cure da parte dei proprietari privati. Quello che deve crescere è una cultura del rispetto del territorio. Noi comunque non ci arrendiamo», conclude Cristofaletti. •

Stefano Joppi

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