Aggiornamento ore 18.30
Ruben Andreoli «ha dimostrato la totale incapacità di inibire i propri istinti violenti e manifestato contro la madre un inaudito e crudele accanimento, scatenatosi per banali liti domestiche legate al fatto che la vittima si fosse rivolta in modo irrispettoso nei confronti della nuora e avesse gettato via le foto del matrimonio dei due coniugi».
È quanto ricostruito dal gip di Brescia che ha convalidato il fermo e mantenuto in carcere il 45enne che venerdì sera a Sirmione ha ucciso a calci e pugni la madre di 72 anni Nerina Fontana.
«Egli è da ritenersi soggetto altamente pericoloso per l'elevato rischio di ricaduta nel reato avendo dato prova della capacità di uccidere in modo del tutto imprevedibile e senza alcuno scrupolo» scrive il gip. La moglie dell'uomo, di origini ucraine che dal 2010 viveva in casa con il marito e la suocera, ha confermato la natura del litigio spiegando che già da dieci giorni madre e figlio non si parlassero e che Nerina Fontana aveva revocato l'autorizzazione al figlio ad operare sul suo conto corrente.
"Il clima in casa era sempre stato sereno e mio marito non ha mai avuto reazioni violente durante le liti".
Aggiornamento ore 10.30
Si è avvalso della facoltà di non rispondere Ruben Andreoli, il 45 enne che a Sirmione ha preso a calci e pugni la madre Nerina Fontana, 72 anni, uccidendola. L'interrogatorio di convalida del fermo che si è svolto questa mattina, 18 settembre, al Nerio Fischione davanti al Gip non ha fornito dunque chiarimenti sul movente del terribile delitto.
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È stata lei, riferiscono, ad aprire la porta dell’appartamento in cui si era consumato l’orrore. La nuora di Nerina Fontana, 72 anni, massacrata venerdì sera 15 settembre, a Sirmione (Brescia), dal figlio Ruben Andreoli, 45, ha fatto in modo che entrassero in casa un vicino e i carabinieri. E che quindi lo scempio avesse fine.
Uno scempio a cui lei stessa ha assistito, impietrita, senza trovare la forza di provare a fermare quella violenza inaudita. Tanto è stato detto, praticamente tutto, sulla furia con cui il 45enne ha riversato la propria forza contro la madre. Tanto è stato detto, tranne il motivo preciso, almeno da parte dell’indagato, che lavorava come magazziniere in un'azienda di Peschiera, sottoposto poi a fermo e portato nella casa circondariale Nerio Fischione di Brescia la mattina successiva al delitto.
In realtà proprio la nuora della vittima avrebbe accennato alla possibile ragione delle divergenze tra il marito e la suocera. Ci doveva essere, ha spiegato nel corso dell’interrogatorio a cui è stata sottoposta nelle ore successive all’omicidio di Nerina Fontana, un viaggio in Ucraina.
Molto resta da capire su questo viaggio nella nazione da cui proviene la testimone dell’omicidio. Solo una decina di giorni fa ce ne sarebbe stato un altro. Non solo. In prospettiva forse c’era un trasferimento definitivo nella nazione dell’Est europeo.
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Gli accertamenti in corso
Ma è evidente che altri accertamenti dovranno essere svolti in merito a questi aspetti, per tanti motivi. Il primo, secondo quanto hanno riferito tutti i residenti in quella porzione di via XXIV Maggio, va individuato nella totale assenza di tensioni tra madre e figlio. Nessuna traccia di litigi, nessuno che in queste ore ha riferito di discussioni, di voci alzate. Anzi, le testimonianze sono quelle di un figlio premuroso nei confronti della madre.
La nuora nel frattempo ha trovato alloggio in un’abitazione diversa da quella in cui è avvenuto il delitto. Cosa assolutamente comprensibile alla luce di quanto è successo nel salotto e sul balcone dell’abitazione che non è stata posta sotto sequestro poiché la Scientifica dei carabinieri ha svolto tutti gli accertamenti e i rilievi del caso.
L'interrogatorio questa mattina in carcere
Anche se quindi gran parte del caso è stato inquadrato dai carabinieri della compagnia di Desenzano, della stazione di Sirmione, del comando provinciale di Brescia, non mancano gli aspetti da chiarire. Un primo passaggio, per un approfondimento, potrà essere l’interrogatorio di convalida del fermo fissato per stamattina in carcere.
Rappresenterà l’occasione per consentire a Ruben Andreoli, assistito dal proprio legale, di fornire la propria versione dei fatti. «Non ricordo nulla» ha detto in caserma, nelle ore successive al delitto e prima del crollo emotivo, avvenuto quando ha appreso della morte della madre. Anche in caserma era assistito dal legale. Proprio l’avvocato potrebbe scegliere una linea difensiva basata sulla facoltà di non rispondere. Una linea che non si traduce nella non volontà di difendersi, ma in quella di conoscere meglio i fatti. Solo stamattina, infatti, l’avvocato, prima dell’interrogatorio potrà conferire con Andreoli. Ma difficilmente un fatto così grave potrà essere inquadrato in un lasso di tempo destinato ad essere non molto lungo. Tutto quindi potrebbe essere rimandato, così come la richiesta di una consulenza psichiatrica, a tempi meno ravvicinati, ma con una maggiore chiarezza dei fatti.
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