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IL DRAMMA DI DESENZANO

«Mio figlio Luca non doveva morire. In moto era esperto e prudente»

Il sopralluogo del padre sul luogo del terribile incidente nel quale il 19enne ha perso la vita: «Penso a un guasto meccanico, o che si sia trovato davanti un ostacolo»
Luca Gallinelli con il papà Giorgio da cui aveva preso la passione per le moto
Luca Gallinelli con il papà Giorgio da cui aveva preso la passione per le moto
Luca Gallinelli con il papà Giorgio da cui aveva preso la passione per le moto
Luca Gallinelli con il papà Giorgio da cui aveva preso la passione per le moto

«Al momento provo un vuoto interiore che sta inghiottendo la realtà, ma i ricordi restano, li ho scolpiti per sempre nell’animo come il dolce sorriso di Luca». Giorgio Gallinelli trova la forza di parlare del figlio morto sabato in un incidente in moto, «perché è proprio nel ricordo collettivo delle tante persone che gli hanno voluto bene che resterà presente con noi.

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Luca era davvero un bravo ragazzo. Non beveva, non fumava, non andava in discoteca, era una persona che profumava di bucato - afferma Giorgio Gallinelli, ex giornalista di moto e anche pilota di successo che nel 1990 su una Honda ha vinto il campionato sport nella finale Monza -. Questo non doveva accadere proprio a lui che era prudente, che viaggiava sempre con tutte le protezioni come gli abbiamo insegnato, che aveva un controllo perfetto della moto. Doveva accadere a me, che sono stato salvato dalla pista, come valvola di sfogo. Prima infatti ero un incosciente e non mi è mai successo niente».

L'incidente nel quale il 19enne ha perso la vita
L'incidente nel quale il 19enne ha perso la vita

Luca Gallinelli, che lavorava come elettricista per un’azienda di assistenza ai sistemi di sicurezza, aveva una passione sfrenata per i motori. «Tra sei giorni sarebbe potuto salire sulla sua auto che lo attendeva da giorni nel mio garage, una Fiat non certo nuova, ma lui ne era già innamorato - prosegue papà Giorgio -. Aveva anche una minicar, ma lui preferiva usare sempre la sua moto hard. Dalla 125 era passato alla 450 per poi tornare alla 125. Mio figlio era un ragazzo indipendente, non gli abbiamo fatto mancare mai nulla, ma lui voleva lavorare per sentirsi libero».

La traiettoria fa pensare che abbia incontrato un ostacolo sulla sua strada

Il 19enne di Bedizzole è salito in sella all’età di 3 anni. I genitori, entrambi piloti, hanno fondato insieme la Junior Moto School Asd sia a Manerba che in altre 5 città italiane. «Vederlo sul campo così piccino era un’emozione indescrivibile. Lui non vedeva l’ora di provare, in fin dei conti vedeva me, mia moglie e il fratello Marco sulla moto da quando è nato e ha sempre dimostrato di avere grande talento - prosegue Gallinelli -. In questo incidente c’è qualcosa che non mi convince. Io me ne intendo e sono andato a vedere la strada dove è successo. La frenata c’è e la traiettoria fa pensare che Luca abbia incontrato un ostacolo sulla sua strada, anche se la polizia Locale e i testimoni dicono il contrario. Un’altra mia ipotesi è che sia caduta la catena e che quindi la ruota posteriore si sia bloccata all’improvviso. Appena mi sarà permesso andrò a verificare personalmente la moto. Anche se so che non serve, mio figlio non mi sarà mai restituito».

Il presagio: qualche giorno fa, un incubo

Dal dolore, alle ipotesi, arrivano anche alcuni ricordi, quelli che in qualche modo si collegano alla tragedia: «Non potrò mai dimenticare quando gli ho salvato la vita, aveva solo 4 anni. Finì in un Naviglio di Gavardo e sono riuscito a prenderlo dalla corrente che lo portava via solo seguendo il caschetto colorato che indossava. L’idea di aver rischiato di perderlo non mi ha fatto dormire per settimane», ammette affranto. Giorgio ricorda alcuni segni del destino: «Qualche giorno fa ho sognato il mio Luca morto accanto alla sua moto, non l’ho detto sia perché non volevo crederci sia per paura di non essere creduto. Ma sentivo che sarebbe successo qualcosa, ero inquieto, sabato addirittura angosciato - prosegue Giorgio -. Sempre pochi giorni fa Luca era andato contro un marciapiede con la minicar. Non mi sono arrabbiato, gli ho detto che l’importante era che non si fosse fatto nulla, ma una strana sensazione non mi ha più lasciato. Io ho sempre rischiato tanto, porto il nome di un ragazzo morto pochi mesi prima della mia nascita e non mi è mai successo niente. Ma non è giusto, la vita è ingiusta!».

Mentre la famiglia di Luca propende per non far svolgere la funzione religiosa, papà Giorgio pensa anche di non far rientrare la moglie e il figlio Marco nella casa di Bedizzole: «Troppi ricordi. E il mio motto che era "io non perdo mai?" Stavolta invece ho perso tutto». Anche la madre Roberta Ceccotti e il fratello Marco di 24 anni sono affranti. Ora bisognerà attendere il nullaosta alla sepoltura da parte della procura.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Silvia Avigo

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