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Il lago e la siccità

Garda verso il minimo storico, boe per mettere in guardia le barche. «Situazione penosa e preoccupante»

Amministrazioni comunali ed enti a caccia di una strategia comune. E ci sono problemi per la navigazione

Non c’è tempo da perdere. Il Garda solo nel lontano 1987 aveva raggiunto un livello più basso dell’attuale in inverno (28 centimetri sullo zero idrometrico il 3 febbraio di 36 anni fa, contro gli attuali 46) e non basta sperare nell’arrivo di piogge e della neve in montagna. Bisogna correre ai ripari il prima possibile pianificando l’utilizzo dell’oro blu del lago in prospettiva della stagione turistica, del periodo irriguo per le campagne mantovane e ancor prima per l’utilizzo potabile dato che più di un Comune pesca l’acqua del Garda.

 

«Serve agire»

«Abbiamo convocato per martedì 14 febbraio alle ore 11 a Peschiera, nel sottotetto della caserma d’artiglieria di Porta Verona, i presidenti del Consorzio del Mincio e di quello del Garda-Chiese, oltre all’ingegnere Gaetano La Montagna dell’Agenzia interregionale per il Po (Aipo), per definire collegialmente una linea d’azione condivisa in merito alla gestione idraulica del Garda e per pianificare la prossima stagione irrigua per le campagne mantovane», afferma il vice presidente della Comunità del Garda e assessore di Peschiera Filippo Gavazzoni. «Non possiamo assolutamente stare con le mani in mano ma è necessario ragionare su di un piano di futura crisi idrica alla luce anche di quanto abbiamo registrato l’anno scorso. Ognuno deve prendersi le proprie responsabilità e soprattutto bisogna già sapere ora cosa si è disposti a sacrificare», continua il numero due dell’ente interregionale che raggruppa tutti i Comuni del più grande lago d’Italia.

 

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Non più tardi di pochi giorni fa a Lazise, durante un incontro sul collettore, il presidente di Federalberghi Garda Veneto Ivan De Beni aveva posto l’accento sul problema della siccità che sta interessando il Garda e sui possibili riverberi negativi nella comunicazione della meta turistica. «Se il problema persisterà dobbiamo impegnarci a organizzare un fronte d’informazione unica, soprattutto nei confronti della stampa estera, per evitare fughe di notizie false e fake news». Chiaro il riferimento al luglio scorso quando i giornali tedeschi, o la meglio la Bild, titolava: «L’Italia avverte: non tuffatevi nel lago di Garda, c’è troppa poca acqua dentro». Un allarme ridicolo - il lago contiene oltre 50 chilometri cubi di acqua - che aveva però fatto presa su più di un turista, tanto che alcuni operatori della ricezione alberghiera gardesana avevano ricevuto domande, al limite della barzellette, tipo: «C’è l’acqua nelle piscine? L’acqua nelle camere è razionata? Si possono fare più docce al giorno?».

 

Quanta acqua manca dal lago di Garda

A parte i paradossi senza arte né parte rimane allo stato attuale la forte preoccupazione per la situazioni idrica nel lago di Garda. Per capirne la portata basta soffermarsi sui semplici numeri. Mancano all’appello 240 milioni di metri cubi d’acqua rispetto a un anno fa, quando si registrava un +105 centimetri sopra lo zero idrometrico di Peschiera. Ben 60 centimetri in più rispetto agli attuali +45 con un’uscita d’acqua dalla diga di Salionze di 14 metri cubi al secondo. Per trovare un lago ancora più basso, come accennato, occorre andare al 1987 quando si registrò a febbraio il +28 sopra lo zero idrometrico di Peschiera. Il tutto oggi è ben visibile ad occhio nudo con rive «chilometriche» o immagini lunari come la spiaggia Jamaica sotto le grotte di Catullo di Sirmione. Senza dimenticare che si può raggiungere a piedi l’isola dei Conigli a Manerba.

 

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«Non stiamo sprecando un centimetro di acqua. Dalla diga verso il mantovano esce il minimo previsto per legge. E questo non da ora ma da mesi», interviene il segretario generale della Comunità del Garda Pierlucio Ceresa. Dall’alto della sua esperienza più che quarantennale in seno alla Comunità non ha dubbi: «Da quando seguo le vicende del lago non lo ricordo così basso in inverno. Siamo preoccupati per più motivi anche se quello principale è legato all’utilizzo idropotabile. Se scendiamo sotto i +30 sul livello idrometrico c’è la difficoltà da parte dei Comuni delle riviera gardesana, che si avvalgono del Benaco per i loro acquedotti, di captare l’acqua. Insomma va messo al primo posto l’uso idropotabile dell’acqua, ancora prima dell’uso agricolo, come invece stabilisce la Legge Galli che a sua volta ne decreta la priorità rispetto agli usi turistici», si accalora Ceresa.
Sulla stessa lunghezza d’onda Angelo Cresco, presidente dell’Azienda Gardesana Servizi (Ags). «Molti Comuni bevono l’acqua del lago, probabilmente nei prossimi anni anche la città di Brescia utilizzerà quest’acqua per il proprio acquedotto, quindi, stiamo parlando di una risorsa preziosa che non può essere dispersa. Per questo, invitiamo il Governo ad affrontare seriamente il tema delle colture idrovore del Mantovano e dei sistemi idraulici utilizzati per abbeverarle: sono obsoleti disperdono moltissima acqua e, alla luce dei cambiamenti climatici, non sono più sostenibili. Vanno fatti investimenti seri, per non scatenare una guerra dell’acqua tra poveri», sottolinea Cresco. «Il primo obiettivo è modificare la Circolare del Ministero dei Lavori pubblici, datata 1965, che regola i livelli del lago. Una circolare concepita quando l’economia del territorio era al 95 per cento agricola e per il 5 per cento turistica. Oggi, evidentemente, i rapporti si sono invertiti e lo sviluppo turistico, con 27 milioni di presenze turistiche annue, rappresenta la vera ricchezza del Garda e di tutti i territori circostanti», sottolinea Cresco che chiama a raccolta i sindaci. «Abbiamo bisogno di una maggiore presenza dei nostri sindaci perché l’atteggiamento di Aipo, nella gestione dei livelli del lago, è fortemente criticabile. Non vorrei che l’Agenzia continuasse a guardare ai problemi e alle necessità del turismo come Polifemo, con l’occhio che non vede».

 

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Naviganti in pericola: la boa segnala la secca

«L’acqua del Garda è talmente bassa da dover costringere l’amministrazione comunale a prendere alcuni provvedimenti quali mettere una boa di segnalazione nei dintorni del monumento ai Caduti. Altrimenti chi naviga in barca in questo momento potrebbe rischiare di incagliarsi e di finire male». Con queste parole, piene di preoccupazione e anche con un po’ di rassegnazione, il sindaco di Torri, Stefano Nicotra, ha commentato la ordinanza numero 5 del 26 gennaio scorso con cui ha disposto la posa di una boa di segnalazione che, finora, all’ingresso della Baia dei Pini, non c’era mai stata. 
«Ovviamente la secca c’è da sempre in quel punto», ha aggiunto il primo cittadino, «ma finora non c’è mai stato alcun problema di rocce affioranti o di pericolo per le imbarcazioni sia da diporto che da pesca. Con questi livelli del Garda, invece, è tutta un’altra storia e, tra le conseguenze, ci sono anche situazioni e pericoli nuovi come questi», allarga le braccia il sindaco. 
«Considerata la presenza di un’ampia area di secca in adiacenza al monumento ai Caduti del Mare, di fronte al lungolago Vittorio Veneto causata dall’abbassamento del livello idrografico del lago di Garda e considerata la pericolosità, per tutte le imbarcazioni in navigazione e per quelle che devono ormeggiare alla Baia Stanca o alla Baia dei Pini, è stato ritenuto necessario adottare le misure per garantire la pubblica incolumità», si legge nella «ordinanza contingibile urgente», cioè uno dei provvedimenti più urgenti adottabili da parte di una amministrazione comunale. Il sindaco ha dunque ordinato «all’ufficio tecnico comunale e al servizio demanio idrico lacuale e portuale di iniziare le procedure per l’installazione di una boa cardinale segnaletica luminosa nel punto avente le coordinate geografiche WGS84 45° 36’ 52’’ N; 10° 41’ 17’’ E». 

 

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«Penso che la situazione dei livelli del Garda sia non solo penosa ma anche assai preoccupante», ha aggiunto Nicotra che fa parte proprio della Commissione deputata ad occuparsi del livelli del bacino idrico di acqua dolce più grande d’Italia, «perché la scarsità di precipitazioni piovose e nevose ha già messo in ginocchio, da oltre un anno, in particolare tutto il nord Italia. A prescindere dalla boa luminosa, che metteremo alla Baia Stanca all’ingresso sud verso la Baia dei Pini, penso che il problema vada affrontato in maniera strutturale una volta per tutte». 
Nelle settimane scorse, durante la ennesima riunione tra Enti nella quale è stato lanciato, finora inutilmente, l’allarme sui bassi livelli del Garda, era stata ribadita la necessità di modificare la normativa che li regola datata 1965. Il presidente della Azienda Gardesana Servizi, Angelo cresco, che da anni si batte proprio per la regolazione dei livelli del Garda e ora si occupa anche del nuovo collettore per la sponda veronese del Garda, ha lamentato la «sciatteria delle istituzioni nel prendere atto della necessità di agire subito» e aveva definito «archeologica» la legge del 1965. 
Legge che, da più parti, viene invocata come causa dell’aggravamento degli attuali mali del lago, in caso di scarsità di piogge. Infatti, «tale normativa antepone l’interesse agricolo a quello del consumo idrico a fini umani di potabilità dell’acqua, oltre che ai fini turistici, ma non siamo più nel 1965 ed è cambiato il mondo», come è stato detto da più parti. 
Finora nemmeno i tentativi di conciliazione con gli utilizzatori del Mantovano che, con l’acqua del Garda, abbeverano le colture agricole, ha portato ad alcuna soluzione, che appare tutt’altro che vicina.

Stefano Joppi e Gerardo Musuraca

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