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Visita la chiesa e scopre un capolavoro

La pala dell’abbazia di Villanova attribuita al grande artista greco
La pala dell’abbazia di Villanova attribuita al grande artista greco
La pala dell’abbazia di Villanova attribuita al grande artista greco
La pala dell’abbazia di Villanova attribuita al grande artista greco

Non voleva credere ai suoi occhi, Mariella Lobèfaro, quando qualche giorno fa, entrata per una visita nella chiesa dell’Abbazia di Villanova, è passata davanti alla pala che rappresenta Michele Arcangelo che guida un gruppo numeroso di santi verso il Paradiso. Da esperta e studiosa di icone quale è, ha immediatamente capito che non si trattava di un’opera già attribuita alla bottega veneziana dei Vivarini (sec.XV) ma del grande pittore cretese Theodoros Poulakis (1622-1692) famoso soprattutto in Grecia come creatore di icone. La pala è una tempera su tavola, di centimetri 124 per 207, quindi sarebbe una maxi-icona, ma nonostante le dimensioni «la qualità e la perfezione della tecnica pittorica», ha detto, evidenziano immediatamente l’autore, specializzato in icone, ma evidentemente anche in pale d’altare. RARISSIMA QUI. La sorpresa, secondo l’esperta, è che questa è forse l’unica esistente in Italia di Poulakis, tanto che l’abate don Giorgio Derna, subito messo al corrente, ha avvertito l’architetto Irnerio De Marchi, dell’Associazione Ricercatori Storici per accordarsi con la Lobèfaro, che ha l’intenzione di presentare ufficialmente la scoperta: in giugno in Abbazia e successivamente nel famoso Museo Benaki, di Atene, dove sono esposte molte opere di questo artista del ’600. Ma come può essere arrivata a Villanova un’opera dell’artista cretese è un altro enigma, che l’architetto De Marchi ha subito affrontato e quasi certamente risolto. «Stiamo ora cercando», dice, «di dipanare il mistero di come questa pregevole pala sia giunta a Villanova; un indizio è legato alla presenza in abbazia della famiglia veneziana Erizzo, che dal 1771, quando il monastero fu soppresso per volontà della Serenissima, ne acquistò i beni, mantenendo il controllo sulla parrocchia fino alla fine dell'Ottocento. Nicolò-Marcantonio Erizzo (1723-1787), una delle figure più rilevanti della famiglia, era Provveditore della Repubblica in Levante e morì ed è sepolto a Corfù: questo il logico collegamento tra la pala dell'autore greco e l'abbazia di Villanova. L’esperta Lobèfaro è riuscita anche a identificare una delle figure di santi rappresentate nel quadro, quella di San Spiridione, un santo della tradizione ortodossa, patrono di Corfù». IL GUERCINO. Tra le tante opere d’arte presenti nell’Abbazia, riesaminate recentemente dai Ricercatori Storici, emerge per il loro valore artistico anche la pala (olio su tela), raffigurante santa Francesca Romana, finora considerata, erroneamente, solo una copia del dipinto del Guercino, che si trova oggi alla Galleria Sabauda di Torino, mentre questo, dice l’architetto Irnerio De Marchi, « è un secondo originale: La pala deve essere giunta a Villanova proveniente da Santa Maria in Organo, dal cui monastero, allora olivetano, dipendeva l’Abbazia sambonifacese. Santa Francesca Romana è venerata soprattutto nel mondo olivetano. Il dipinto fu commissionato al Guercino nel 1656 dal monastero olivetano di San Michele in Bosco di Bologna e già nel 1657 donato dai monaci a Cristina di Francia e collocata nel Palazzo Reale di Torino; la pala giunse infine nella pinacoteca Sabauda. Rappresenta la santa con un libro aperto in mano e un angelo a fianco. Quello che colpisce della pala di Villanova», sottolinea De Marchi, «è l’ottima qualità e ci si domanda come sarebbe stato possibile fare una copia identica all’originale che si trovava a Torino. È ragionevole pensare che dalla bottega del Guercino siano usciti due identici dipinti e che uno di questi sia adesso a Villanova, quindi anch’esso autentico, non una copia». L’ULTIMA SCOPERTA. Uno degli altri studi dei Ricercatori Storici(Ards) più recenti è senza dubbio l’aver svelato il significato e la storia del misterioso quadro appeso in sala consiliare del municipio, che rappresenta un certo conte Giordano inginocchiato davanti a una tomba e al vecchio castello della Motta. Riferisce Sandra Cassin che Giordano era un pronipote della famosa Cunizza da Romano, ultimo di un ramo dei San Bonifacio, che si estinse con lui nel 1446. Giunge ai giorni nostri grazie al famoso quadro. Nel 1421 egli fece testamento stabilendo di essere sepolto all’interno della chiesa di San Bonifacio, di cui era appena iniziata la costruzione, in una tomba con elegante portico e un grande affresco. Nel 1753, quando si dovettero abbattere i muri della vecchia chiesa per costruire l’attuale duomo, si pose il problema di come salvare almeno l’affresco che era stato realizzato sopra il sepolcro di Giordano. Non essendoci allora ancora le tecniche per trasferire gli affreschi, si decise di riprodurlo su una tela. Nel 1884 il conte Milone donò al Comune di San Bonifacio una copia di quell’antico quadro, con una lussuosa cornice, unitamente alla richiesta di acquistare la Motta per ricostruirvi un castello. Cosa che però il Comune non concesse. Il quadro è così rimasto da allora nella sala consiliare del municipio. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Gianni Bertagnin

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