Gli ultimi, seduti sotto lo scampolo d’ombra tra le erbacce che crescono da mesi attorno ai muretti, se ne sono andati a piedi poco dopo le 8, ieri mattina, verso un lavoro malpagato e in nero in campagna o in qualche allevamento. Degli altri sono rimaste le tracce: sacchetti di rifiuti di cibo da asporto, cumuli di bottiglie e lattine, lamette da barba e vestiti, cartoni stesi a terra, le lenzuola di chi dorme sotto le stelle.
Se ne andranno anche da lì, spostandosi altrove, come fanno da tempo decine di nordafricani senza fissa dimora che da qualche mese avevano scelto come nuovo approdo l’ex distributore Eni, sulla Sr 11, a Villabella, a San Bonifacio, poco distante dalla rotatoria per Soave.
La situazione
La polizia locale ha, infatti, richiamato l’Eni a sistemare l’area chiusa da quasi un anno e utilizzata appunto dai senzatetto che lì hanno trovato non solo un luogo in cui dormire, all’aperto, ma anche acqua per lavarsi - utilizzando le colonnine dell’ex autolavaggio - e luce per caricare i telefoni. Da mesi i cittadini, e anche Maicol Faccin di Forza Nuova che pochi giorni fa annunciava una manifestazione di piazza, segnalavano la situazione anche mostrando video di quanto accadeva nell’area.
Così a luglio la municipale ha indicato a Eni di chiudere con una tettoia la scala che scende all’interrato, dove c’è una presa di corrente e c’era il rischio che venissero occupati i vani sotterranei. La settimana scorsa, dopo nuove rimostranze, ha ricontattato Eni che lunedì ha sigillato i contatori e ieri ha iniziato a sistemare l’area: sono state smontate due tensostrutture e si procederà con la rimozione dei cumuli di rifiuti e il taglio di siepi ed erbacce.
Ieri mattina sono usciti in sopralluogo gli agenti della polizia locale con il comandante Vincenzo Di Carlo e l’associazione nazionale dei carabinieri che ha effettuato le riprese della zona con i droni. Tra settembre e ottobre, infine, subentreranno i nuovi gestori e l’ex stazione tornerà attiva e presidiata.
Problema noto
È l’altra faccia dell’immigrazione, con la quale da tempo fa i conti San Bonifacio. Qui vivono all’addiaccio nordafricani, soprattutto marocchini e tunisini, molti impegnati in lavori nelle campagne o negli allevamenti in nero, sottopagati, vittime di caporalato. Ma c’è anche chi, complice la vicinanza della stazione, delinque. In tre anni l’amministrazione del sindaco sindaco Giampaolo Provoli ha effettuato 36 interventi di sgombero - 16 nel 2023 - e due recenti ordinanze contingibili urgenti ai proprietari di immobili abbandonati affinché facessero liberare gli edifici e ne impedissero gli accessi, anche murando porte e finestre.
Tra le situazioni più note, la casa in via Prova e l’ex hotel Fontanelle. In altri casi si è risolto con l’abbattimento di interi stabilimenti dall’ex fabbrica Perlini all’area Falco nelle quali dimoravano a centinaia gli stranieri richiamando, sempre complice la linea ferroviaria, anche connazionali da Milano. Gli sgomberi sono stati accompagnati da controlli di carabinieri e guardia di finanza, da segnalazioni e allontanamenti.
«Non sono azioni facili e richiedono tempo», spiega il sindaco. «Ma di certo la tolleranza è zero. È una questione igienico-sanitaria. E qui si rispettano le regole: chi vuole vivere così non può farlo e va punito. Sappiamo cosa accade, ma è un fenomeno di difficile gestione perché li cacciamo da qui e si spostano da un’altra parte. Se troviamo donne e minori vanno protetti. Abbiamo caldeggiato la via degli abbattimenti degli edifici. Lavoriamo con polizia, carabinieri ed ex carabinieri con i droni».