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La tragedia del campione irrompe anche a Locara

Vittorio ricorda l’amico Rebellin: «Fratelli di ruote»

di Paola Dalli Cani
Fracasso vive sulla carrozzina da quando è nato e conobbe Davide quando aveva poco più di 20 anni: «Diceva che ero il suo motivatore e mi dedicava i suoi trionfi»
Vittorio Fracasso, amico di gioventù del ciclista Davide Rebellin (Diennefoto)
Vittorio Fracasso, amico di gioventù del ciclista Davide Rebellin (Diennefoto)
Vittorio Fracasso, amico di gioventù del ciclista Davide Rebellin (Diennefoto)
Vittorio Fracasso, amico di gioventù del ciclista Davide Rebellin (Diennefoto)

In due sulla bici di Davide Rebellin: Vittorio Fracasso le uniche ruote che ha conosciuto nei suoi 54 anni di vita sono state quelle del passeggino prima e delle varie sedie a rotelle poi, ausili ai quali è stato costretto a causa di alcune gravi malformazioni alla nascita. Ma sulle due ruote della bici del campionissimo del ciclismo ucciso da un Tir con targa tedesca che è stato individuato proprio ieri, ci è sempre idealmente salito. Perché Davide, quel ciclista conosciuto a poco più di vent’anni in occasione dell’ultima corsa che a Illasi segnò la fine del dilettantismo davanti all’apertura delle porte del professionismo, ogni vittoria l’ha costruita e dedicata a Vittorio.

Il racconto dell'amico

«In famiglia la passione per il ciclismo c’è sempre stata: correva mio papà Luigino, mio fratello Mauro, corre oggi con la Fdb mio nipote Mattia. Impossibile non farsi contagiare e nell’ambiente ci sono finito anche io, da speaker», racconta.

Si sono conosciuti così nei primi anni Novanta: «È stato amore a prima vita: mio papà non mi aveva presentato un grande sportivo, mi aveva regalato un fratello».

Che abitassero ad un tiro di schioppo l’uno dall’altro l’hanno scoperto subito, «e da allora casa mia è stata tappa quotidiana. Siamo cresciuti insieme, così, chiacchierando e affrontando ogni cosa». Locara, la frazione di San Bonifacio dove Vittorio abita con la famiglia, è sul confine vicentino: un giro di pedale, «che Davide l’ultima volta aveva fatto un mese fa. Ero reduce da un ricovero ospedaliero e mi ero poi preso il Covid: è passato, mi ha bussato sulla finestra e siamo rimasti a chiacchierare così, io a letto e lui in corte. Mi ha detto che ci saremo rivisti presto».

Vittorio è un tipo tutto pepe, uno di quelli che due genitori straordinari hanno cresciuto rendendo relativo il concetto del limite: sul muro della sua camera da letto l’enorme foto di Davide quand’era ancora un ragazzino, tante altre, compresa quella al matrimonio di Rebellin, sparse per casa. Ha una tempra non indifferente, «e infatti Davide me l’ha sempre detto che ero il suo motivatore, il suo motore», racconta, ma il groppo alla gola non va giù e le lacrime fanno i dispetti.

L'album dei ricordi

Torna in mente così la maglia rosa conquistata nel 1996 e che Rebellin gli aveva voluto regalare: «L’anno scorso abbiamo subito un incendio, la maglia non c’è più e oggi questa cosa mi fa ancora più male», dice Vittorio. «Davide è stato una persona speciale. Introverso, ma abbiamo passato ore ed ore, mani nelle mani, a parlare di tutto. "Vittorio, ghe la gh’emo fata!". Mi disse così della medaglia olimpica».

Una medaglia festeggiata con una cena in famiglia ma diventata poi un dolore per cui Vittorio gli si è messo al fianco: di dubbi, lui, sull’amico non ne ha mai avuti, caso mai quel che successe dopo Pechino gli ha fatto perdere amore per l’ambiente del ciclismo. Eppure di scorribande in trent’anni ce ne sono state tante: «Pensi che una volta Davide organizzò il mio trasferimento a Laigueglia per una corsa. C’era tutto l’Olimpo del ciclismo ed io per un soffio ho rischiato di finire in diretta Rai: Mario Cipollini aveva visto quanto eravamo legati e voleva sollevarmi col mio passeggino per portarmi in uno studio televisivo, dove c’era Davide, sopra una rampa di scale. Sono riuscito a schivarla per un soffio», ride.

Ora tocca a lui, a Vittorio, raccontare a Mattia cos’era il ciclismo vero, quello della fatica e dell’umiltà, perché la scuola del suo amico e «fratello» Davide non può chiudere con la scomparsa del suo fondatore.

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